I designer sono sempre personaggi un po’ misteriosi. Quelli che si dedicano alla grafica, forse, ancora di più. Se ne stanno dietro le quinte. Ma il loro lavoro, una volta reso pubblico, se efficace, ha un impatto enorme. Viene colto al volo da tutti, senza distinzioni culturali, senza bisogno di interpretazioni complesse e, soprattutto, condiviso, fatto proprio, assorbito immediatamente nell’immaginario collettivo. Insomma, diventa in breve un “passpartout” eccezionalmente efficace, capace di rappresentare con un segno, una semplice allusione grafica, e senza equivoci, un’azienda, un prodotto, un libro, una rivista, ecc.

Si può dire che Salvatore Gregorietti sia uno di questi. Alla sua lunga attività professionale Skira ha dedicato il libro corposo, ricchissimo di immagini, intitolato “Salvatore Gregorietti. Un progetto lungo cinquant’anni” (448 pagine, edizione bilingue, 1715 colori, € 49,00). La presentazione del libro è avvenuta alla Fondazione Feltrinelli, presente lo stesso Gregorietti con il figlio Matteo, e numerosi collaboratori, a cominciare da Alberto Bassi e Fiorella Bulegato che hanno curato la pubblicazione con il contributo di altri 14 autori.
Vale la pena sottolineare la copertina del volume, studiata da Salvatore con il contributo del figlio. L’immagine ha il classico rigore formale del designer, ma i colori di un arcobaleno che escono da una specie di scatola non vanno a comporre il solito arco: si scompigliano come mossi dal vento.
Nel libro si illustra mezzo secolo di progetti grafici che spaziano dalle riviste – “Linus” è del 1965, “Ottagono”, “Casa Vogue” e numerosissime altre – ai lavori editoriali per le più importanti case editrici italiane, tra le quali la Milano Libri, fino alla collaborazione con Benetton (insieme a Oliviero Toscani) con diverse istituzioni e con la Fondazione Feltrinelli. Né mancano progetti di oggetti dal design particolarmente riuscito come le numerose lampade e il famoso contenitore di gelato “Coppa del nonno” della Motta.
Cos’è la grafica a questi livelli? Come ha detto Matteo Gregorietti, figlio di Salvatore, durante la presentazione del libro dedicato al padre si tratta di un’operazione creativa difficile da definire, che tocca livelli di alta qualità e dignità formale, raffinata sintesi tra metodo e passione, “scienza delle soluzioni migliori” ma che si esprime anche a livelli decisamente più umili, quasi al limite della banalità. Forse non aveva torto Munari, quando, a questo proposito. affermò: “Il sogno dell’artista è quello di arrivare al museo, il sogno del designer è quello di entrare nei mercati rionali”.Gregorietti un progetto lungo 50 anni

Ma, naturalmente, non si può generalizzare. Ci sono designer e designer. Salvatore Gregorietti è un vero maestro della grafica e del design. E i suoi lavori hanno davvero segnato un lungo periodo di idee e proposte innovative che hanno aperto nuovi orizzonti, un nuovo modo di intendere la comunicazione aziendale, coniugando la forza persuasiva delle immagini con i contenuti sociali e commerciali (pensiamo alle discusse campagne di Benetton con le foto di Toscani). Senza dimenticare il respiro internazionale nella collaborazione con le grandi multinazionali americane.
Gregorietti ricorda con un certo rimpianto i rapporti di committenza con la “Rinascente” e i lavori di grande successo eseguiti per questa azienda. In realtà, il ruolo e la sensibilità dei committenti resta fondamentale per svolgere un buon lavoro di design.
Gregorietti per la rinascenteMa le cose sono cambiate negli ultimi anni. Ancora il figlio Matteo, segnala le due grandi rivoluzioni che hanno riguardato la comunicazione visiva. Quella degli anni Sessanta, mossa da ideali utopistici, portata allo sviluppo del pensiero critico, animata dalla voglia di sperimentare e dalla passione, e quella degli anni Duemila, con la rivoluzione tecnologica, inizialmente caratterizzata da una grande euforia, nell’illusione che tutto sia virtualmente possibile, fino all’involuzione che sta attraversando in questi ultimi tempi a causa dello scarso spessore culturale che la anima e che sembra condurla irrimediabilmente all’omologazione e alla mediocrità.
Duper