Joe McNallyJoe McNally

L'entusiamo – "L'arte sia intimamente vissuta ed entusiasticamente comunicata", scrive il patron Franco Bandera nella brochure che 'lancia' il nuovo corso della Fondazione artistica intitolata alla sua famiglia. Due avverbi che segnano forse un tempo diverso rispetto all'immediato passato. Soprattutto, nel merito di quell'entusiasticamente, che sembra ribaltare l'atmosfera di mestizia che ha accompagnato negli ultimi anni uno degli spazi espositivi più belli ed 'incredibilmente' sotto utilizzati, soprattutto per l'arte contemporanea, in provincia di Varese.

I dubbi – La mostra che oggi si inaugura dedicata a Joe Mc Nally, porta con sé pregi e difetti che faticano a morire, anche e soprattutto da queste parti: cala quasi all'improvviso senza forse un adeguato rito propiziatorio e prepatorio del terreno su cui impiantare il seme. Non è la prima volta che la Fondazione si apre alla fotografia – la bella retrospettiva di Aldo Tagliaferro a cura di Vittorio Fagone e l'allora direttore Alberto Fiz si svolse nel 2001, la mostra dedicata a Toni Nicolini nel 2005 – ma cambia radicalmente il brodo di cultura fotografica, di lessico, in cui oggi si va a pescare questo protagonista statunitense, vera e propria star mediatica dell'universo della immagine fissa degli ultimi anni.

Un lavoro di McNallyUn lavoro di McNally

La buona volontà – Come tutti gli eventi improvvisi, disassati rispetto agli spazi espositivi ospitanti e forse rispetto alla storia della città,  lascia aperti interrogativi: che si tratti di un fuoco di paglia, di una occasione una tantum, di un colpo di fortuna o di un colpo di testa. Un punto casuale e non l'inizio di una linea coerente e sicura. D'altro canto, l'evento Joe Mc Nally ha ben chiari pregi: intanto la presentazione di una figura di alto lignaggio nel campo del reportage spettacolare e contemporaneo; nonché la presentazione, addirittura in prima mondiale di un lavoro specifico dell'artista, Dance behind the lens, dedicato al tema della danza. La volontà insomma di fare qualcosa e di farla bene, cogliendo l'attimo, e spingere le proprie attuali possibilità al massimo.

Smuovere il silenzio intorno – Ma c'è un altro aspetto che vale la pena rimarcare: la stretta connessione con cui questo progetto si pone con lo spazio civico intorno, a cominciare dal coinvolgimento delle scuole. La lezione di Mc Nally rivolta agli studenti del liceo artistico Candiani, un vero e proprio workshop sul linguaggio fotografico del reportage che farà da viatico ad un lavoro sul campo dei ragazzi. I cui esiti fotografici sulla città di Busto verranno inglobati nella stessa mostra in Fondazione. Una idea che "esalta la relazione di comunicazione e contemporaneità come fattore di analisi, ricerca e promozione culturale e sociale" è detto dagli organizzatori. Alla luce soprattutto di questo scatto in avanti, di questa apertura inattesa, si può allora sperare che il beau geste di Mc Nally possa essere un segnale di una nuova responsabilità culturale, anche entusiastica certo,  a partire proprio da un medium così imprescindibile come è oggi la fotografia. In una zona che di queste cose non è necessariamente a digiuno, ma ancora priva di serie linee guida da parte di amministrazioni e istituzioni trainanti.