Ico ParisiIco Parisi

Palermitano di nascita e comasco d'adozione. Figura di spicco del panorama artistico lariano, Ico Parisi (1916-1996), affettuosamente chiamato il Pa' dagli amici-artisti dell'entourage culturale (ad eccezione del critico francese Pierre Restany che lo aveva simpaticamente soprannominato il "volpo"), non smette di incantare con il suo multiforme e inimitabile lascito artistico. Gran parte di questa considerevole produzione – disegni, sculture, mobili e progetti di design – è oggi conservata presso la Pinacoteca Civica di Como, nell'omonimo Archivio curato dalla fedele collaboratrice Stefania Sala, che qui lavora dal 1995, anno in cui è stato donato il fondo. Sottoposto a un accurato lavoro di catalogazione e schedatura – in realtà già iniziato nel lontano 1988 dagli stessi coniugi Parisi – esso ha portato alla ribalta l'opera dell'architetto-designer, ponendo l'accento sui suoi rapporti di collaborazione e di amicizia con alcuni importanti protagonisti dell'arte italiana del dopoguerra, come Fausto Melotti, Bruno Munari, Lucio Fontana, Giò Ponti, Mario Radice e Luigi Veronesi.

Progetti e utopie – Tra le sue opere architettoniche

Ico Parisi, Poltrona a uovo, 1951Ico Parisi, Poltrona a uovo, 1951

merita una menzione d'onore la progettazione del condominio Sant'Antonio in via Scalini a Como, sul cui tetto – innalzato di quattro piani – Parisi elabora l'idea di una casa privata. La posizione sopraelevata, lo spazio asimmetrico e l'alternanza di pareti di mattoni e cristallo – il tutto coronato da una possente copertura a spiovente in alluminio e con profili in legno – hanno permesso però di proteggerla da occhi indiscreti. Un'opera d'arte totale, contenitore di altri, e altrettanto affascinanti, manufatti artistici, disseminati per tutto il perimetro dell'abitazione. Come la Poltrona a uovo e il tavolino-vassoio Sestri, realizzati da Parisi negli anni Cinquanta, o ancora le ceramiche di Fausto Melotti, il mosaico di Francesco Somaini e il bellissimo pavimento con inserti in vetro di Lucio Fontana, conosciuto alla Triennale di Milano del 1951. Non basterebbe una pagina per citare tutte le opere, e le amicizie che hanno popolato questa fantastica wunderkammer, dove tutto è stato realizzato ad hoc e con un'incredibile attenzione ai particolari: dagli eleganti mobili sospesi, ai caldi rivestimenti in legno di noce, fino al divano in cuoio nero con cuscini bianchi della camera da letto (punteggiata da un'infinità di disegni, oggetti e sculture) e alle pareti mobili del bagno, di un giallo intenso ma volutamente opaco. Un meraviglioso rifugio quello dell'eclettico artista comasco, che non pensava alla casa «come forma […], men meno come macchina funzionale […]», bensì «come tana dell'intelletto e di funzioni esistenziali» (Flaminio Gualdoni).