Ritratto di Corinna GuaraldiRitratto di Corinna Guaraldi

Due tele, due donne e un unico pittore che firma un considerevole numero di tele appartenenti alla Quadreria dell'Ospedale cittadino.

Contro la resa sapientemente offuscata dei dettagli lasciati sul fondo, acquista rilievo la severa presenza della vedova Corinna Guaraldi Beretta, intonata su una raffinata condotta pittorica capace di bandire ogni inutile orpello, senza rinunciare al calore dell'ambientazione domestica.
La pennellata di tocco del pittore Giuseppe Bertini contribuisce a stemperare l'espressione austera del personaggio restituendo, attraverso una calibrata introspezione, tutta l'intensità dello sguardo e del carattere.

L'immagine gratulatoria ritrae l'anziana donna seduta in un elegante salotto borghese ed abbigliata con sobri ed eleganti abiti e gioielli.
Quanto ai dati tecnici, conviene sottolineare il naturalismo e la fragranza della stesura pittorica che avvicinano l'opera, qui presa in esame, alla pennellata fluida dell'Alciati e del Tallone e ad alcuni ritratti della Quadreria dell'Ospedale Maggiore di Milano.

Vedova di Francesco Beretta, Corinna Guaraldi, nacque a Varese ma risiedette a Milano e il 20 ottobre 1910 testò a beneficio dell'Ospedale, destinando la somma di lire cinquantamila. I documenti d'archivio rivelano che fu la stessa vedova Guaraldi Beretta, in occasione della sua donazione, a chiedere di essere ricordata tramite un ritratto, che fu commissionato nel 1917 a Guido Bertini.

Vedova di Eligio Carcano, Carlotta Papetta morì a Milano l'8 novembre 1916 e nelle sue disposizioni testamentarie destinò cinquantamila lire all'Ospedale di Varese perché fosse istituito un letto intestato alla memoria del marito.
Abbreviata, quasi sbrigativa, appare la stesura di alcuni dettagli degli oggetti sullo sfondo del dipinto che

Ritratto di Carlotta PapettaRitratto di Carlotta Papetta

raffigura un elegante salotto borghese, arredato con mobilio di pregio e dipinti appesi entro preziose cornici.
La protagonista, testante a favore di numerosi istituti di beneficenza di Milano e dell'asilo infantile di Gorla Maggiore, viene ritratta da Guido Bertini a figura intera, in un formato di tela stretto e lungo. Sono presenti, come sempre accade nelle opere del Bertini comprese entro gli anni Venti, una spiccata aderenza al vero declinata in una maniera morbida e sfumata ed un'indagine approfondita del carattere psicologico dell'effigiata, in questo caso, volta di tre quarti, recante un paio di occhiali fra le mani e vestita con un elegante abito nero.
L'opera risponde pienamente alle esigenze commemorative dei benefattori ed è risolta con una pennellata di tocco.

Ma veniamo all'autore di queste due tele che compongono il patrimonio storico-artistico del nosocomio della Città Giardino.
Nipote di Giuseppe Bertini, ottimo pittore e figura di riferimento della cultura accademica a Brera, Guido (Milano 01/febbraio/1872 – Luvinate, Varese 02/giugno/1938) diventa pittore, grazie anche all'influenza del padre Pompeo, buon decoratore di vetrate e figlio a sua volta del pittore Giovanni Battista Bertini.

Se Guido è forse più celebre come poeta e commediografo, professionalmente nasce anch'egli come decoratore di vetrate (eseguì diversi interventi di restauro al complesso delle vetrate del Duomo di Milano – dove dipinse la vita di Santa Tecla e di Sant'Agnese – e in altri monumenti italiani (Basilica di Assisi, di Pisa, di Lucca) ed è questa attività che lo induce, nel 1907, a trasferirsi a Luvinate, fuori Varese, in una zona boschiva.
Ben presto entra in contatto con il panorama culturale varesino; suoi sodali sono i pittori De Bernardi e Montanari, lo scultore Scola e il poeta Speri Della Chiesa.
Con loro diventa l'animatore della scena artistica varesina, diventando socio degli Amici dell'Arte e organizzando le prime Mostre Autunnali.
Ha realizzato diverse opere, molte delle quali conservate presso le collezioni dell'Ospedale di Circolo e della Fondazione Molina e collezioni private del Varesotto.
A Varese è noto per lo più per il ciclo di affreschi realizzato in villa Ponti con le figure di Guido d'Arezzo, Volta, Galileo e Colombo.
Scrisse ben dodici commedie, tra cui una dal titolo "Il delitto di via Spiga", insieme a diverse commedie dialettali come L'anima travasada, El menagram, El zio matt, El tecoppa istitutor, La miée bruta, El diavol el fa i so pass.

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