Palazzo Anguissola da via ManzoniPalazzo Anguissola da via Manzoni

Le vicende di palazzo Anguissola Antona Traversi si inseriscono nella realtà milanese degli anni settanta del Settecento: epoca di grandi trasformazioni politiche dovute alla rinnovata attenzione del governo imperiale di Vienna ai territori della Lombardia austriaca e alle riforme volute da Maria Teresa e da Giuseppe II. È in questo momento che una serie di importanti interventi urbanistici e architettonici mirano a promuovere Milano dal rango di "città di provincia" a quello di piccola "capitale". In questo clima i nobili milanesi più vicini alla corte arciducale fanno a gara per rimodernare le proprie residenze e contribuiscono così a rinnovare una cultura architettonica che, ancora alla metà del Settecento, presentava un volto provinciale. Si inaugura ora una stagione di gusto che respinge le "irregolarità" e il "capriccio" dell'eredità barocca e muove invece da quelle idee ispirate all'antico che oggi indichiamo come neoclassiche, secondo le più aggiornate tendenze europee.

Il conte Antonio Carlo Anguissola, erede di una casata non tra le più illustri del patriziato milanese, nell'imminenza del suo matrimonio con Bianca Busca Arconati Visconti, affida l'incarico della ristrutturazione della residenza di famiglia a Carlo Felice Soave da

Scalone d'OnoreScalone d'Onore

Lugano, giovane architetto che aveva fatto proprie le più aggiornate istanze di quel classicismo ispirato ai modelli greci e romani che costituiva il più moderno verbo culturale ed estetico dell'epoca. L'intervento del Soave, datato tra il 1775 e il 1778 trasforma la dimora di Anguissola da tradizionale casa nobile milanese in uno dei più eleganti palazzi nobiliari della città, apprezzato soprattutto per la finezza e la novità dei suoi appartamenti e delle decorazioni che lo ornano.

Le strutture della vecchia casa preesistente sono, in buona parte, accortamente mantenute, con la probabile sopraelevazione di un piano, ma viene tutto ripensata la partizione degli spazi interni, organizzati non più secondo gli schemi distributivi tradizionali dei palazzi milanesi -che avevano sequenze indifferenziate di stanze con tutte le porte allineate-, ma secondo studiati incastri di ambienti di varie funzioni e dimensioni, influenzati dalla trattatistica francese dell'epoca, pur rispettando l'infilata principale delle stanze sul lato del giardino. Quella verso il giardino diventa ora la facciata principale del palazzo, cui è dato maggior respiro grazie alla demolizione dei fabbricati che restringevano lo

Scorcio della facciata verso il giardino internoScorcio della facciata verso il giardino interno

spazio.

Nel 1817 il palazzo viene venduto a un facoltoso borghese, l'avvocato Giovanni Battista Traversi, che ne 1829 incarica Luigi Canonica, il più noto architetto dell'epoca, di progettare il corpo del palazzo sulla Corsia del Giardino, l'attuale via Manzoni. Il Canonica compone una facciata dove, su un basamento in granito, si eleva un ordine gigante di lesene corinzie di impianto palladiano che abbraccia i due piani superiori, concluso da un cornicione con un ornatissimo fregio a rilievi; disegna quindi un cortile quadrato ad angoli smussati a modo di ottagono, con grandi colonne dorico di granito senza base, secondo la moda del tempo, e realizza il grande scalone d'onore. L'arte dello stucco e l'ebanisteria dominano all'interno dell'edificio, dove la pittura conquista spazi minori della superficie decorata. Ogni stanza presenta schemi decorativi indipendenti, con un determinato gusto per la varietà dell'ornato e con una estenuata ricerca di effetti cromatici, tra dorature e finiture a lacca, finti marmi e scagliole, finti bronzi e campiture colorate sulle quali risalta il bianco dello stucco, variato in tonalità crema e ghiaccio.

L'ampia scelta di temi decorativi venne forse garantita dall'operato di maestranze diverse coordinate dall'architetto Soave, anche se è da ricordare che parte delle decorazioni che oggi ancora si conservano nelle sale dei due piani sono frutto di interventi e integrazioni studiate dall'équipe diretta da Luigi Cagnola, alla fine del terzo decennio dell'Ottocento.