L'eterna Villa Recalcati ha fatto da cornice alla presentazione del volume "Floriano Bodini. L'ansia della ricerca", licenziato da Arturo Bodini (fratello dell'artista) e da Stefano Bodini. Il volume ripercorre le tappe fondamentali del cammino artistico di Floriano Bodini, dagli esordi negli anni Cinquanta agli inizi degli anni Ottanta, riportando particolari inediti della vita dell'artista e di alcune opere, affiancate dall'analisi di alcuni dei più importanti critici a lui contemporanei.
La pubblicazione è legata alla mostra di opere grafiche organizzata da Varese Può e allestita alla Sala Veratti (fino al 6 settembre), in occasione del decimo anniversario della scomparsa dell'artista (2 luglio 2005), in concomitanza con l'omaggio proprio al Museo Civico di Gemonio, una mostra di opere plastiche e di carte aventi come tematica la scultura in relazione con l'architettura e la città. In particolare oltre al bozzetto in terracotta de I Sette di Gottinga di Hannover, alcuni studi e le stampe fotografiche di Pepi Merisio che coglie le fasi cruciali dell'elaborazione creativa dell'opera. Inoltre verrà esposto il bozzetto in bronzo del monumento al Cardinale Pappalardo (1989) e alcuni disegni architettonici.
Nell'introduzione Arturo e Stefano Bodini scrivono: « […] Analizziamo in questo lavoro la sua ricerca, in cui sistematicamente profonde il suo impegno, mettendo ogni volta in discussione il suo operare. Bodini è nella storia dell'arte, pertanto abbiamo trattato questo periodo secondo queste metodiche a cui abbiamo unito delle testimonianze dirette, molte delle quali sono sconosciute ai più, per offrire un canovaccio esauriente del suo percorso artistico. Entrambi, Fratello e Nipote, abbiamo scelto di non commentare da un punto di vista estetico le sue opere per onestà intellettuale, lasciando la parola a critici e cultori della materia, molti dei quali di grande rilievo. Con coerenza a questo intento non ci siamo rivolti ad un professionista di chiara fama per presentare questo scritto, ma abbiamo scelto come introduzione il saggio di un critico, Antonello Trombadori, che più di altri ci sembra abbia collocato il senso del suo operare con estrema precisione nel contesto sia dell'arte italiana che di quella europea […] ».
Le parole di Ubaldo Rodari, curatore della mostra a Sala Veratti, riportate da VareseReport: « La mostra allestita recentemente a Varese vuole essere un omaggio allo scultore Floriano Bodini e in particolare alla sua produzione grafica, contrassegnata da una lunga ed attenta ricerca di quel segno che ne avrebbe poi caratterizzato l'espressione. L'allestimento vuole condurre il visitatore lungo un percorso che si dipana nell'arco di circa venticinque anni di sperimentazione e di ricerca che fa di Bodini uno degli artisti tra i più interessanti di quel periodo storico compreso tra la fine degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Ottanta. Terminato il primo periodo legato agli studi accademici che vedono una produzione grafica più attenta alle soluzioni della pittura che della scultura, Bodini inizia, partendo dal 1959 circa, una stagione di produzioni incisorie che segnalano una maggiore attenzione all'uso di un segno più vicino alle problematiche socio-esistenziali dell'immediato dopoguerra. Abbandonata la tecnica di incisione diretta (puntasecca) l'artista si concentra sull e possibilità espressive dell'acquaforte, individuando una grammatica del segno che porterà a una accentuazione espressiva delle forme rappresentate. La successiva scoperta della tecnica litografica su pietra gli consentirà di arricchire questo complesso vocabolario formale. La linea si fa robusta, forte nei suoi spessori, decisa nel suo svolgersi che egli tornerà a trasferire verso le metà degli anni sessanta sulle lastre in acquaforte, arricchendo ulteriormente il suo alfabeto compositivo e realizzando quei fogli importanti che saranno considerati nella produzione grafica, tra i più interessanti in Europa ».