Giancarlo SangregorioGiancarlo Sangregorio

Plinio il Vecchio – Nella Naturalis Historia Plinio il Vecchio racconta di una pietra delle alpi occidentali di colore verde, resistente al fuoco, che viene cavata e tornita per ricavarne pentole e recipienti. Si riferiva alla pietra ollare, così chiamata dalle tipiche olle cilindriche destinate alla cottura dei cibi. E' dunque un minerale noto e lavorato sin dai tempi antichi nell'arco alpino, con affioramenti interessanti nella Val Grande e nella Val Vigezzo.

Il Museo di Malesco – Nel 2005 ha aperto le porte al pubblico a Malesco, comune di 1400 abitanti della Val Vigezzo, un museo esplicitamente dedicato alla storia dello sfruttamento di questa pietra locale, preziosa fonte di sostentamento per gli abitanti. Nelle piccole sale del Palazzo Pretorio si trovano carte geologiche, reperti archeologici ed etnografici che raccontano la presenza e i diversi impieghi artigianali, utilitari e decorativi della pietra ollare.

Dal fondo – Dal fondo occore partire, dalla viscere della terra (anche 50 km di profondità) donde questa pietra, chiamata in valle "laugèra", affiora dietro tettoniche spinte, per comprenderne l'uso che ne ha fatto Giancarlo Sangregorio nella sua opera.

Esorcismo – In Val Vigezzo, a Druogno, lo scultore ha una casa di famiglia dove, appena finita la guerra, ha disegnato grandi figure segnate dall'angoscia e dalla paura. Negli anni successivi, Sangregorio ha continuato a frequentare e percorrere queste montagne, scoprendovi la pietra ollare.

Dal magma alla luceDal magma alla luce

Dei laveggi – Uno dei motivi ricorrenti nei suoi lavori sono i "laveggi" o recipienti: quelli in pietra ollare, di varie dimensioni, devono aver "folgorato" lo scultore, per la capacità della pietra tenera e scura di affiorare  e farsi, da contenuto (geologicamente parlando), contenitore. I "laveggi" della valle li ritroviamo già in un'incisione del 1956, esposta a Malesco, maneggiati da due figure, così come forme concave compariranno nel ciclo scultoreo "arche e serre", rinchiuse entro lignee gabbie.

Il dono – Dal magma verso la luce s'intitola la scultura degli anni '80 donata da Giancarlo Sangregorio al Museo della pietra ollare. Un'opera insieme figurativa e astratta, un amplesso di membra chiare e scure, quelle in marmo di Ornavasso e queste in pietra ollare.

Duale e vitale – Lo scultore l'ha scoperta nelle sue escursioni e l'incontro casuale fu carico di conseguenze, lo ha aiutato nell'approfondire la tensione dialettica alla base della sua arte. Un dualismo reso evidente dalla intrinseca qualità espressiva della materia, senza compromessi o estetismi, votato al paradosso e all'analogia con l'imprevedibile gioco della vita. La pietra ollare vale come buio e come grembo, viva e cangiante, per la prima volta entrata in una ricerca scultorea contemporanea tra le più impervie e felicemente anarchiche del secondo Novecento.

DerivaDeriva

Un pezzo di "Geomantica" – Accanto all'opera donata, un secondo lavoro è presente, temporaneamente concesso al museo, proveniente da un nucleo appartenente a "Geomantica", quel progetto ideato dall'artista stesso e da alcuni suoi collaboratori per una valorizzazione alternativa della sua opera. Deriva è pure degli anni '80, meno rude dell'altra, una sorta di "planetario" che vive del contrasto fra trasparenza del cristallo e le forme  lavorate in pietra ollare, in un antagonismo spaziale non facile da decifrare.

"Ollarità" – Giancarlo Sangregorio si sente a casa, in Val Vigezzo, un luogo che corrisponde alla sua natura più intima. Nel pomeriggio di sabato 25 agosto ha intrattenuto con buon umore gli intervenuti, in un sobrio contesto di montagna.

Parole sulle pietre – Il Sindaco di Malesco, Federico Cavalli, ha fatto gli onori di casa ricordando l'importanza della pietra ollare per l'economia della valle e ringraziando lo scultore per il dono della sua opera, molto significativo e indice di vera sintonia. Francesca Marcellini ha illustrato brevemente il percorso di Sangregorio a partire dal Dopoguerra, una sorta di via "eretica" nella scultura italiana. Federico Gafert ha letto una poesia dedicata alla pietra, tutta giocata sulla cadenza della parola "olla".

AD MAIORA – Ora si spera che altre più corpose donazioni dello scultore, in pista da tempo  e legate a progetti espositivi sul territorio, a Sesto Calende come a Druogno, vadano presto in porto.