I relatoriI relatori

Daverio: biblioteca comunale – Spetta a Franco Martino, presidente della commissione biblioteca, fare gli onori di casa, introducendo gli architetti Matteo Sacchetti, consigliere dell'Ordine degli architetti di Varese e docente al Politecnico di Milano, Simona Motta e Cristina Colombo, relatori del primo dei cinque incontri dedicati alla comprensione del museo, dal titolo "Storia del museo. Dal museo in casa d'altri al museo fuori dal museo".

L'evoluzione del termine Sacchetti muove dalle diverse definizioni date a questo vocabolo nel corso degli anni, perché le parole rivelano il rapporto che la storia e la cultura hanno avuto con l'istituzione museale. Emerge che dalla dinamica condizione culturale e museale greca, rivelata dal termine museion, ovvero luogo sacro alle muse, figlie di Zeus e protettrici delle arti e delle scienze, patronate da Apollo, si passa alla statica visione dell'Enciclopedia Treccani che nel 1934 definiva il museo come contenitore di una collezione di opere antiche, sino a giungere alla nuovamente dinamica definizione che ne dà la attualissima enciclopedia on line Wikipedia: "Il museo è un'istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell'umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto".

L'architetto Matteo SacchettiL'architetto Matteo Sacchetti

Da Villa Alberti a Le Corbusier – Dagli edifici sette e ottocenteschi, progettati come contenitori destinati ad ospitare oggetti antichi – ne sono un chiaro esempio il primo museo della storia, Villa Albani a Roma (1746), opera del Marchionni, e l'Altes Museum di Berlino, realizzato da Schinckel, che per primo creò un allestimento all'interno di un museo – Sacchetti prende in visione l'idea del museo a crescita illimitata di Le Corbusier. Il suo progetto, benché non prese mai forma, dissacrò la monumentalità e la chiusura dei musei dell'Ottocento, impostando un percorso lungo una pianta a forma di spirale quadrata, destinata ad accrescersi nel tempo. Il Museo Guggenheim di New York, realizzato da F.L. Wright, è palesemente ispirato al modello di le Corbusier.

Da Mies van der Rohe alla Land art – Temendo la staticità e la mancanza di libertà di scelta del percorso nel visitatore, Mies fece costruire a Berlino la Neue Nationalgalerie "…perché un museo non deve essere un cimitero", dichiarava l'architetto. In questa splendida realtà museale, sottolinea Sacchetti, i visitatori degli anni sessanta erano liberi di vagare da un'opera all'altra della collezione permanente, e di partecipare per la prima volta in un museo a mostre temporanee. Non solo, la struttura a vetri del piano inferiore mette in comunicazione il dentro e il fuori, e gli oggetti artistici sconfinano il museo, per essere collocati nel giardino circostante. Lo sconfinamento giunge a compimento con la pop art e poi con la land art. La pop art di Oldenburg lascia il museo tradizionale per collocarsi in quello naturale: il suo "filo inserito nell'ago" a piazza Cadorna a Milano si impone in un nuovo museo, che è il tessuto urbano. Walter De Maria, artista land art, con le sue spirali trasforma la natura in contenuto e contenitore, cioè in opera e museo.

Arretratezze ed innovazioni – "Analizzare la storia del museo senza guardare al contemporaneo background culturale è come tentare di fare architettura senza tener conto della rete di interconnessione che esiste tra un edificio e tutto ciò che vi sta dentro e attorno", sostiene Sacchetti. Per questo ad ogni immagine di musei l'architetto ha affiancato quelle di grandi personaggi o invenzioni della storia, per rilevare quanto la progettazione museale fosse arretrata o innovativa rispetto alla cultura contemporanea. Quando Schinckel imponeva alla cultura museale l'idea dell'allestimento, le stazioni ferroviarie di Stockton e Darlington non esistevano ancora, rivelando così, quanto la vivacità del dibattito culturale museale fosse in anticipo su quello dei mezzi di trasporto.

B.S.I. , opera di D. BurenB.S.I. , opera di D. Buren

"Art at work" – Lo sconfinamento delle opere d'arte dai luoghi tradizionali di conservazione è da intendersi anche come collocazione delle stesse in spazi chiusi che non siano musei. Ce lo spiega Simona Motta, riportando l'esempio della BSI (Banca svizzera italiana) con sede a Lugano in Via Canova 6. Ristrutturata dall'architetto Camponovo che ha imposto linee semplicissime a un edificio ottocentesco, è ora spazio museale, oltre che sede bancaria. Gli artisti L. Gillick, J. Armleder, R. Barry e D. Buren sono stati selezionati per creare opere che tenessero in considerazione le funzioni della banca, la clientela, i passanti, la città di Lugano, caratterizzandosi quindi come site specific, mettendo in atto una vera rete di interconnessione e soprattutto stravolgendo il tradizionale rapporto contenuto-contenitore. Le opere comunicano con chi entra nella banca, con chi ne è fuori e con il lago e la città di Lugano.

La rete di interconnessione – Lo sconfinamento dell'arte nell'ambiente, che ha fatto nascere la definizione di museo diffuso, specie in Italia, è così palese oggi che è impensabile progettare spazi museali, senza tenere conto di tutte le componenti di un ambiente e delle loro relazioni, per questo, dichiara Sacchetti, "l'architetto deve conoscere un po' di tutto, oltre al suo lavoro". Per capire meglio cosa si intenda per museo moderno e per sconfinamento del museo fuori da se stesso non si potranno perdere i prossimi incontri che si terranno presso la Biblioteca di Daverio rispettivamente i giorni 16 e 30 novembre