Serena ContiniSerena Contini

Piero Chiara che racconta lo studio di Renato Guttuso, che ne descrive, meticolosamente, il paesaggio da cui la villa velatese è circondato, dagli alberi più prossimi fino alla lama lucente del lago Maggiore, e più in fondo ai bastioni del Rosa, trasparente al mattino sulfureo nei tramonti infuocati degli autunni prealpini.

Renato Guttuso che ironizza sui non celati sentimenti antigaribaldini dello scrittore luinese e lo immortala non solo nel celebre ritratto divenuto copertina famosissima per le edizioni Mondadori ma anche "irriso" in un divertissment che lo raffigura con lo stivalone schiacciare il cranio del generale e una scritta apposta: "W Piero Chiara uccisore di Garibaldi", firmato in calce Renato Guttuso, con tanto di falce e martello.

Storie di amicizia, di arte, di politica, di sentimento amorevole, e di attrazione forte per la stessa natura, sono quelle raccontate da Serena Contini, archivista, responsabile dal 2004 del Fondo Chiara, di proprietà dei Musei Civici di Varese, da cui, in un lavoro profondo e appassionante, gemmano, uno dopo l'altro i contatti, i rapporti, le amicizie che l'autore de Il Piatto piange ha coltivato per decenni con la cultura nazionale. Non da ultimo con il siciliano pittore, discreto ma vigile animatore con Guido Piovene di cenacoli ad alta temperatura culturale.

La Contini, appassionata di Chiara, si è messa questa volta sulle tracce del pittore comunista, cercando di sollevare parallelismi e tangenze. Confrontando le descrizioni dell'uno con i fulgidi panorami dell'altro, in un gioco di specchi, più legato alle suggestioni che ai documenti.
La serata voluta dal Circolo Culturale di Velate, è stata introdotta da Gianni Spartà, velatese di recente acquisizione, ma più di altri assai addentro alle cose guttusiane, per ricordare l'artista nel ventennale della morte.

Tra il pubblico, velatesi doc, che quegli anni da Belle Epoque in minore l'hanno vissuta: e si ricordano ancora di quando in incognito, senza il clamore odierno, sosteggiavano di fronte al sagrato della chiesa di Velate, auto ministeriali traghettanti la politica romana fino ai piedi della Torre, in visita al senatore comunista, o quando arrivavano, non solo il meglio della critica e dell'arte del dopoguerra, ma, con qualche fortuna, ai più fortunati poteva capitare di vedere di sfuggita Marcello Mastroianni insieme ad una incantevole Audrey Hepburn. Chi non veniva a trovare Guttuso, in quegli anni, del resto?

Spes contra spemSpes contra spem

Ma queste sono memorie orali. Per altro, ci sono invece i documenti: tra questi le chicche se non proprio inedite, certo meno note, che emergono dai bauli meravigliosi degli archivi: gli articoli di Piero Chiara, uno del 1964, l'altro del 1972 che suggellano la meraviglia e lo stupore per la villa ereditata da Mimise Dotti, che i coniugi Guttuso vennero a visitare negli anni Cinquanta con l'idea di disfarsene subito e che invece divenne fin dal primo incontro il terzo polo, logistico, emozionale di una geografia stanziale divisa tra sicilianitudine, Roma  caput mundi e un buen retiro nelle luci e nelle atmosfere del nord.

Emerge poi la passione politica ardente, presente in entrambi, fin dal comune sentire antifascista, divisa lungo i crinali del dopoguerra: liberale, abbastanza in vista Chiara, nel comitato centrale del Pci Guttuso. Entrambi di origini siciliane divisi su Garibaldi. Nipote di garibaldini, per Guttuso l'eroe dei due mondi è figura intoccabile, per il disincantanto Chiara poco meno di un bandito. Da qui lo schizzo, sopra citato che fissa le coordinate di una distanza che però si annulla, quando si tratta di mettere il sigillo al proprio dichiarato rifiuto della dittatura.

Serena Contini mostra il pregevole libro d'artista, nato dalla collaborazione dei due, Il povero Turati, nato dal racconto edito già nel 1958 ma ristampato per le edizioni Sommaruga di Verona nel 1967. In cui all'esilarante immagine del piccolo gerarca umiliato ai piedi della Martica da una anguria contundente, Guttuso accompagna due acqueforti e un incisivo frontespizio, una fetta del frutto, beffarda come un sorriso che seppellisce.