Eugenio CerratoEugenio Cerrato

Eugenio Cerrato chiude la sua stagione espositiva con un lusinghiero bilancio, dopo la collettiva presso lo Studio Arte Design di Castelletto Ticino, la personale alla Casa Bioecologica a Busto Arsizio è seguita un'altra collettiva e un'altra personale, in due suggestivi spazi: l'Archivio di Stato di Novara e l'Oratorio dell'Immacolata Concezione a Castelletto Ticino. Abbiamo incontrato Eugenio Cerrato nel suo storico bar di Oleggio, dove si narra che il moijto da lui preparato superi in qualità quello fatto ai Caraibi, ma anche se l'argomento ha il suo fascino, il motivo dell'intervista riguarda l'aspetto artistico, di conseguenza è d'obbligo la prima domanda.

Al di là dell'aspetto creativo, nelle tue opere si nota una rilevante componente artigianale, come sei arrivato a tanta abilità?
La mia abilità arriva, per dirla in maniera spiccia, da un passato di falegnameria, perché per una decina di anni ho fatto il restauratore di mobili, poi costruttore di giocattoli per bambini. Era una via che intendevo perseguire che però non ha avuto sbocchi: la qualità dei giochi è da tutti verificabile e parla da sé. Dopo di che ho deciso di avvalermi della mia esperienza di restauratore per elaborare le mie sculture tridimensionali, riuscendo a dare corpo a delle creazioni mentali che diversamente non avendo pratica di falegnameria non avrei potuto realizzare.

Le tue opere hanno quasi sempre radici letterarie.
Diversamente da molti artisti che hanno estro e anche

Cerrato, La sostenibile pesantezza dell'essereCerrato, La sostenibile pesantezza
dell'essere

una notevole manualità, io ho alle spalle un solido liceo classico e anni di studi e letture che mi forniscono quella base culturale indispensabile per attingere idee da applicare nella creazione dei miei lavori. Immagino forme che potrebbero essere abbinate a divinità, miti, racconti più di quanto abbiano fatto altri artisti che con disegni a schizzi danno corpo alle loro idee con attinenza a cose già viste. La mia ricerca parte dal presupposto di elaborare forme non consuete.

Un'altra componente fondamentale nelle tue opere è la scelta della monocromia.
Il monocromo è di per sé una scelta difficile perché presuppone un lavoro che tiene conto delle proiezioni delle ombre sui piani e sui rilievi, ha altresì il vantaggio di non essere dispersivo nei confronti di chi guarda.

Penso tu sia d'accordo nell'affermare che il tuo bilancio espositivo di questo ultimo anno sia positivo, ritieni che in buona parte sia dovuto all'incontro con Cristina Moregola che ha curato quasi tutte le tue mostre?
L'incontro con Cristina e Matteo Rancan, che con lei ha curato la personale "I mostri all'angolo della strada" a Castelletto Ticino, è stato fondamentale, poiché se io lavoro solo per me stesso le cose decadono, il fatto che i miei lavori siano apprezzati da persone competenti è per me un fortissimo stimolo a produrre sempre e meglio. Il confronto con altri che apprezzano o non condividono il lavoro che faccio è un pungolo fondamentale per mettersi in discussione e migliorarsi.

Cerrato, Tensione amarantoCerrato, Tensione amaranto

Tu dai molta importanza al fatto che ogni opera sia accompagnata da un titolo, perché?
Per me l'importanza dei titoli è fondamentale; come ha detto un noto critico, ogni opera deve avere un titolo esplicativo, anche il più semplice. In effetti produrre una cosa senza attribuirgli un titolo che dia un'idea o una spiegazione di quello che si è voluto esprimere, a mio avviso, non ha senso. E'dalla mia, diciamo così, retro – cultura che attingo al fine di attribuire ai miei lavori un significato che è già stato dato in passato, ma non espresso a livello di forma e creazione.

Oltre alle tue opere tridimensionali, hai inventato anche degli animali in legno immaginari che fra le altre cose rivelano una particolare caratteristica, hanno tutti nomi di donna.
Era un'altra parte del mio aspetto creativo; consisteva nel combinare le lettere dell'alfabeto per comporre determinati nomi dando loro una forma conosciuta: una complicazione in più di un gioco fine a se stesso che poi si è rivelato nelle mostre o nelle dimostrazioni, un punto di forza come nuovo elemento di creatività.

Il tuo è "il bar" storico di Oleggio, percorso da varia umanità e dove si vive intensamente anche la vita notturna, dove trovi il tempo per dedicarti all'arte?Diciamo che il tempo per fare le mie cose lo trovo anche perché le mie costruzioni presuppongono tempi lunghi di lavorazione, con pause necessarie per permettere ai materiali di assestarsi e alle colle di

Cerrato, Tensione isolataCerrato, Tensione isolata

asciugare, quindi quello che teoricamente è un lavoro di poche ore viene dilatato, per contingenze tecniche, nel tempo consentendomi di avere l'esatta visione di quello che intendo fare.

Il fatto che le tue opere siano perfettamente riconoscibili, in che misura ti ha creato problemi e in che misura ti ha agevolato?
Personalmente lo ritengo un vantaggio, ad esempio, le persone che hanno visitato la collettiva di Novara, unanimemente mi hanno confermato che la mia opera era perfettamente riconoscibile per il tipo di finitura, di costruzione e per l'idea espressa.

La fine dell'intervista coincide con l'ultimo sorso di moijto, a dire il vero più che eccellente, regolarmente pagato dall'intervistatore nonostante l'insistenza dell'intervistato a volerlo offrire a cui ha fatto regolarmente seguito lo scontrino fiscale.

Eugenio Cerrato è nato a Gravellona Toce nel 1947. Ha conseguito la maturità classica frequentando in seguito la facoltà di Scienze Politiche. E' titolare di uno storico bar di Oleggio. Artista autodidatta, i suoi interessi spaziano dalla fotografia, alla grafica, al design, al restauro. Lettore vorace, spazia dalla rilettura dei classici, alle attualità editoriali. Vive e lavora a Oleggio.