Interviste Arte Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/categoria/interviste-arte/ L'arte della provincia di Varese. Tue, 19 Oct 2021 08:47:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.4 https://www.artevarese.com/wp-content/uploads/2017/05/cropped-logo-1-150x150.png Interviste Arte Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/categoria/interviste-arte/ 32 32 Intervista al direttore della Fondazione Tito Balestra Onlus https://www.artevarese.com/intervista-al-direttore-della-fondazione-tito-balestra-onlus/ https://www.artevarese.com/intervista-al-direttore-della-fondazione-tito-balestra-onlus/#respond Tue, 19 Oct 2021 07:00:28 +0000 https://www.artevarese.com/?p=63048 Longiano (FC) – Arrivando dal mare, al colmo della salita oltre la quale la via di fuga del corso taglia in due Longiano, lo sguardo coglie la severa maestosità del Castello Malatestiano sede della Fondazione Tito Balestra Onlus che contempla una collezione di arte moderna e contemporanea tra le più prestigiose dell’intero territorio nazionale e […]

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Longiano (FC) – Arrivando dal mare, al colmo della salita oltre la quale la via di fuga del corso taglia in due Longiano, lo sguardo coglie la severa maestosità del Castello Malatestiano sede della Fondazione Tito Balestra Onlus che contempla una collezione di arte moderna e contemporanea tra le più prestigiose dell’intero territorio nazionale e dell’Emilia Romagna con opere che vanno da  Rosai, De Pisis, Sironi, Mafai, Guttuso, Morandi, Vespignani e Mino Maccari e a livello internazionale di Chagall, Goya, Matisse, Twombly e Kokoscha.

Raccolta resa possibile dalla passione e dalla competenza di Tito Balestra (Longiano 1923 – 1976) poeta pubblicato da Garzanti e raffinato intellettuale che a partire dal secondo dopoguerra ha frequentato e stretto amicizia con artisti e intellettuali tra i più rappresentativi del panorama italiano e non solo.

Ci accoglie con signorile disponibilità presso  il castello Malatestiano Flaminio Balestra, Direttore della Fondazione della quale ha curato il trasferimento e l’intera organizzazione museale.

Da quando il patrimonio di opere di Tito Balestra è stato trasferito definitivamente in questa sede quali sono stati i primi impegni da Lei assunti?

“La prima iniziativa è stata la tutela delle opere della collezione pensando parallelamente ad attività di valorizzazione attraverso esposizioni temporanee, incontri e convegni. E’ importante sottolineare che la Fondazione si occupa sia della collezione sia dell’arte e della letteratura contemporanea, di conseguenza è stato svolto un programma attinente a tutte le arti del ‘900”.

Tra le attività è compresa anche la didattica?

“Si. Nel 1999 è nato il laboratorio didattico della Fondazione ispirato dalla figura di Silvio Ceccato e da altri esponenti della Scuola Operativa, da allora moltissime scuole comprese in un bacino tra Pesaro e Faenza hanno partecipato alle nostre iniziative che comprendono arte, musica, letteratura, matematica e astronomia”.

Quale è stata la riposta del pubblico a fronte delle numerose iniziative messe in atto dalla Fondazione?

“Sicuramente interessante, naturalmente si è dovuto fare i conti con quanto è accaduto in questo ultimo periodo, ancor di più se quanto si propone richiede un notevole impegno intellettuale, ma devo ammettere che in questi ultimi anni la risposta è stata positiva”

Lei svolge anche attività di critico d’arte, molti suoi testi sono comparsi su cataloghi che accompagnavano mostre, quali sono state le esperienze delle quali conserva un profondo  ricordo?

“Non sono sicuramente un critico d’arte “ Afferma sorridendo “Importante è stata la possibilità di incontri con artisti e figure straordinarie nell’attività di organizzazione e realizzazione delle mostre, tra questi Lalla Romano, Mario Luzi, Mario Dondero, ma anche con artisti in origine poco conosciuti che hanno maturato le loro prime esperienze grazie alla Fondazione. A volte sono state esperienze molto faticose ma anche molto gratificanti” .

Prima di varcare la soglia della Fondazione i visitatori sono accolti dalla scultura di un fanciullo seduto sul muretto attiguo al castello.

“Il fanciullo sul muretto nasce da una mostra del 1996 dedicata allo scultore cesenate Ilario Fioravanti che in quel periodo aveva deciso di non esporre più poiché non aveva incontrato la notorietà desiderata e di chiudersi nel suo studio lavorando solo per se stesso.  In contemporanea era in corso una personale dedicata a Francesco Arcangeli con la presenza di Vittorio Sgarbi che notando le opere di Fioravanti ne decretò la qualità conferendo all’artista un rinnovato successo”.

Quali motivazioni hanno mosso la necessità di proporre mostre temporanee nell’adiacente chiesa della Madonna di Loreto?

“La Fondazione possiede oltre cinquemila opere d’arte del ‘900 però non si ferma esclusivamente alla sua valorizzazione ma sente la necessità di creare spazi per nuove proposte”.

Come procede il lavoro di catalogazione che state conducendo da tempo?

“Le opere della Fondazione Tito Balestra sono state tutte catalogate e messe in rete, mentre attualmente procede quella delle nuove acquisizioni. In più stiamo catalogando, grazie al contributo dei Beni Culturali, la biblioteca che possiede oltre trentamila volumi, alcuni molto rari, che ci vengono richiesti da numerose istituzioni nazionali”.

Parliamo dell’ultima pubblicazione “Non sono nell’orco” e dei prossimi progetti.

“Ritengo questa pubblicazione un nostro punto d’orgoglio poiché gli autori Gyula Molnár e Francesca Bettini, sono artisti  che hanno fatto la storia del teatro di figura a livello internazionale. Questa pubblicazione è la prima edizione italiana di un’opera realizzata dal Museo di Monaco che conserva le opere dei due autori. Avevo visto le tavole dei disegni in Germania e subito il mio sogno fu di realizzare una pubblicazione italiana, questo desiderio si è avverato con alcuni giorni di presentazione presso la chiesa della Madonna di Loreto. Inoltre allestiremo una mostra, frutto di una ulteriore donazione, di oltre quaranta edizioni rare della Divina Commedia, in più è prevista un’edizione in lingua romagnola e una inedita presentazione della Commedia manoscritta e miniata  dall’artista newyorkese George Cochrane che sarà pubblicata da Facsimile Finder con l’esposizione delle relative tavole originali”.

Non possiamo che ringraziare Flaminio Balestra che nonostante i suoi continui impegni ci ha concesso la gentilezza di questa intervista.

Longiano – Fondazione Tito Balestra Onlus – Piazza Malatesta 1. Orari: martedì – domenica 10-12/15-19. Biglietti: intero 7 Euro, ridotto 5 Euro.

Mauro Bianchini

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L’ampio progetto “Della Natura dell’Arte” di Luca Mengoni https://www.artevarese.com/lampio-progetto-della-natura-dellarte-di-luca-mengoni/ https://www.artevarese.com/lampio-progetto-della-natura-dellarte-di-luca-mengoni/#respond Fri, 08 Oct 2021 04:00:04 +0000 https://www.artevarese.com/?p=62927 Busto Arsizio – Opere di grande respiro ideale e simbolico non prive di rimandi psicanalitici compongono la personale di Luca Mengoni “Nella rugiada gelida dell’alba”, compresa nel progetto  “Della Natura dell’Arte” in corso presso la Galleria Cristina Moregola a Busto Arsizio. Gli alberi disegnati con sapienza certosina da Mengoni vanno oltre la mera raffigurazione: le […]

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Busto Arsizio – Opere di grande respiro ideale e simbolico non prive di rimandi psicanalitici compongono la personale di Luca Mengoni “Nella rugiada gelida dell’alba”, compresa nel progetto  “Della Natura dell’Arte” in corso presso la Galleria Cristina Moregola a Busto Arsizio.

Gli alberi disegnati con sapienza certosina da Mengoni vanno oltre la mera raffigurazione: le radici nel penetrare la terra si muovono nel profondo dell’inconscio, il tronco afferma la consistenza del presente, i rami elevano pensieri e sguardo verso l’alto ad indicare i moti e le forme inafferrabili delle nubi.

Il mondo di Luca Mengoni oltre a rimandare all’Es, all’Io e al Super io è anche fiaba densa di mistero entro la quale la percorrenza diviene formazione interiore, moto intuitivo, maturazione intima, dopodiché usciti dal bosco entro il quale l’artista ci ha condotti si matura la consapevolezza di quanto, a volte,  il potenziale segnico penetri più in profondità della parola scritta.

Abbiamo incontrato Luca Mengoni in Galleria nel corso dell’inaugurazione.

Nei tuoi lavori quando ritieni importante usare il colore e quando ritieni di poterne fare a meno.

“Nel mio lavoro il rapporto con il reale è realistico, tendo a non riprodurre il reale quindi il colore, di conseguenza , diventa qualcosa di astratto, di molto mentale, uso un colore alla volta per cui anche in questa mostra ci sono colori che sono blu, rossi, neri; rinuncerei al colore  più spesso poiché prima di tutto sono un disegnatore e credo che l’usare un colore alla volta derivi anche dalla mia pratica di incisore dove si usa un colore alla volta”.

Osservando i disegni che raffigurano la rosa canina ho associato le sue diramazioni alle arterie degli esseri umani e allo scorrere del sangue.

“Il rosso è il colore del sangue e si contrappone al bianco e al nero nella sua accezione classica e antropologica. Per noi il bianco è l’opposto del nero, per molte culture primitive l’opposto del bianco o del nero è il rosso. Il bianco e il nero sono il giorno e la notte, la luna che si riempie e poi si svuota, invece Il rosso è l’evento che accade una volta sola: quando il sangue esce dal corpo si muore e questo succede una volta sola non c’è ciclicità”.

Nei tuoi lavori è quasi sempre presente l’idea degli estremi.

“Sono spesso nei boschi e quando vedo una rosa canina devo aggirarla poiché il suo rovo spinoso non permette una percorrenza diretta, così come nei disegni delle scale la cui essenza indica il superamento di un dislivello, da qui si evince come l’idea di contrasto governi molto i miei lavori”.

Anche gli alberi sono una costante del tuo lavoro con evidenti rimandi psicanalitici.

“Quando una cosa diventa soggetto di un quadro assume una importanza e una centralità innegabile. Penso sia possibile anche una lettura psicanalitica infatti in psicanalisi esiste il test dell’albero. Personalmente associo l’albero all’idea di scala per cui l’ipotesi è l’ascesa, inoltre ritengo l’albero elemento di mediazione tra cielo e terra”.

Un altro tuo soggetto ricorrente è rappresentato dalle nuvole.

“Le nuvole mi interessano molto, mi attrae il loro essere senza forma e senza luogo, le nuvole sono impermanenti”.

A differenza dell’albero che permette tattilità le nuvole sfuggono.

“Sono inafferrabili anche allo sguardo, si scorgono forme che un attimo dopo hanno cambiato fisionomia”.

Essendo svizzero hai esperienze espositive sia nel tuo paese, sia in Italia, quali le differenze e le consonanze con enti pubblici, galleristi e visitatori.

“La Svizzera è di per se articolata, comunque non trovo grandi differenze tra i due paesi, anche perché per me l’ esporre è un atto di incontro, forse in Italia l’ipotesi di interpretazione da parte del pubblico mi sembra più presente. Il pubblico italiano interroga di più, accetta maggiormente la dimensione dialettica. Con i galleristi non ho mai avuto alcun tipo di problema. Riguardo alle istituzioni posso dire che sono rigide ovunque, in generale negli ultimo anni la burocratizzazione è diventata allucinante”.

Ritieni che le tue opere abbiano anche una componente narrativa.

“Il mio lavoro non è narrativo, la narrazione prevede uno sviluppo. Personalmente cerco di attivare nel visitatore una propria idea di racconto poiché quello che ha senso per me non è detto che lo abbia per altri.”

Non sei solo disegnatore, usi anche forme tridimensionali che poste a terra tendono a creare percorrenze, ti senti un po’ Pollicino?

“Questa idea mi piace, ma io non voglio mai condurre qualcuno da nessuna parte, ma vorrei che questo qualcuno facesse un percorso autonomo, vorrei che le persone uscissero da una mia mostra diverse da come sono entrate”.

 

Luca Mengoni – ”Nella rugiada gelida dell’alba” – Galleria Cristina Moregola, Via Andrea Costa 29. Fino al 31 ottobre 2021. Orario: giovedì-domenica 16-19.

Mauro Bianchini

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Quel filo che lega Architettura e Arte Tessile … https://www.artevarese.com/quel-filo-che-lega-architettura-e-arte-tessile/ https://www.artevarese.com/quel-filo-che-lega-architettura-e-arte-tessile/#respond Wed, 14 Jul 2021 10:00:40 +0000 https://www.artevarese.com/?p=61667 Busto A. – “Mi piace l’idea che, chi osserva le mie opere, possa trovare il piacere dell’infanzia, un momento di spensieratezza in cui sognare a occhi aperti“. Così esordisce Elisabetta Cusato, alias Eliscus, raccontando il proprio lavoro. Parole espresse con grande gioia, la stessa che trasmettono i vivaci colori e forme giocose che compongono le […]

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Busto A. – “Mi piace l’idea che, chi osserva le mie opere, possa trovare il piacere dell’infanzia, un momento di spensieratezza in cui sognare a occhi aperti“.
Così esordisce Elisabetta Cusato, alias Eliscus, raccontando il proprio lavoro. Parole espresse con grande gioia, la stessa che trasmettono i vivaci colori e forme giocose che compongono le sue opere.

Architetto di professione ha da sempre nutrito un’immensa passione per l’arte. “Un trasporto – racconta – nato grazie alle persone che fin da piccola hanno arricchito la mia vita di scoperte ed emozioni: mia madre, che vedevo sempre circondata dai tessuti, intenta a cucire; mio padre, costruttore, che quotidianamente mi aggiornava sul lavoro nei cantieri per arrivare infine al mio consorte, che mi ha sempre stimolata ad approfondire la mia ricerca” (Elisabetta è la moglie dell’artista Gaetano D’Auria n.d.r.).

Nei primi anni duemila Eliscus, con le stoffe ereditate dalla madre, inizia a creare composizioni tessili astratte, spesso con sovrapposizioni e accostamenti seguendo la tecnica del collage.
Successivamente, attraverso varie fasi di ricerca, matura la necessità di arricchire i lavori con altri materiali per permettere alle opere di liberarsi verso l’esterno del telaio. Crea nuovi giochi cromatici arricchiti da tessuti trasparenti, “attraverso cui vedere mondi altri – spiega l’artista -. Queste trasparenze rappresentano, infatti, un viaggio verso una nuova libertà creativa“.

E la fantasia spazia senza confini, così come le continue sperimentazioni che danno vita a nuovi linguaggi e volumi. Tra fili e stoffe, forme e colori si rincorrono e si attorcigliano attorno a tutto ciò che incontrano: rami, carta, cartone e plastica creando insoliti legami come in un divertente e sorprendente gioco. Qui le sue due passioni si incontrano e si fondono, l’una nell’altra. La professione di architetto e l’artigianalità tessile unite da un filo “invisibile“, fatto di regole compositive e punti di vista.

Un dono, quello della creatività, che a Elisabetta piace condividere attraverso i laboratori che organizza spesso in concomitanza con le sue mostre personali o nelle scuole. “Questi momenti – dice – mi arricchiscono. Amo essere in contatto con adulti e bambini e trasmettere loro, attraverso esperienze divertenti, il piacere di sperimentare e creare con le stoffe, offrendo anche l’opportunità, maneggiandole, di far scoprire la loro storia“.

L’arte tessile è un sapere antico che parla del presente.

E.F.

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La Crocifissione del toscano di Bicci https://www.artevarese.com/la-crocifissione-del-toscano-di-bicci/ https://www.artevarese.com/la-crocifissione-del-toscano-di-bicci/#respond Tue, 16 Mar 2021 16:00:37 +0000 https://www.artevarese.com/?p=59785 Castiglione Olona – Il viaggio tra i dipinti e i capolavori dedicati alla Passione di Cristo, accompagnati dalla critica e storica del’arte Lara Scandroglio, continua con la contemplazione di un’ interessante opera custodita al Museo della Collegiata: la suggestiva “Crocifissione” attribuita al fiorentino Neri di Bicci. Il nostro artista nacque a Firenze nel 1419, si […]

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Castiglione Olona – Il viaggio tra i dipinti e i capolavori dedicati alla Passione di Cristo, accompagnati dalla critica e storica del’arte Lara Scandroglio, continua con la contemplazione di un’ interessante opera custodita al Museo della Collegiata: la suggestiva “Crocifissione” attribuita al fiorentino Neri di Bicci.
Il nostro artista nacque a Firenze nel 1419, si formò nella florida bottega di pittura che fu del padre e ancor prima del nonno.  Una dinastia di pittori anche se Neri non raggiunse mai la fama del padre Lorenzo, uno tra i famosi esponenti del gotico toscano, ma ebbe però una fiorente produzione e molte sue opere sono tuttora conservate in alcune chiese di Firenze e in zone limitrofe. Sebbene considerato tra i pittori minori seppe crearsi uno stile riconoscibile come l’uso di colori in tonalità forti che danno vitalità alla sue produzioni.

Circa a metà degli anni Quaranta, Neri dovette assumere la gestione della bottega paterna, iniziando così una serie di produzioni e committenze (in particolare nell’area tra Siena e Firenze) come racconta il suo diario di bottega, conosciuto con il nome di Ricordanze, nel quale l’artista annotò, con ricchezza di dettagli, le proprie attività. Le Ricordanze sono conservate alla Biblioteca della Galleria degli Uffizi a Firenze e con altri diari consentono di ricostruire l’immagine dell’artista. In queste preziose pagine viene descritto uno spaccato dell’attività del pittore che, oltre alla produzione di pale d’altare, fu impegnato nell’esecuzione di paliotti, di immagini dedicate alla devozione domestica, di restauri e ammodernamenti di opere già esistenti. Neri morì a Firenze il 4 gennaio 1492 all’età di 73 anni.

Lasciamo le atmosfere toscane e torniamo al presente tra le mura della collegiata di Castiglione Olona. Come testimoniano i documenti quattrocenteschi, qui veniva conservato un tesoro, tra dipinti e oggetti, parte del quale saccheggiato nel 1513 da mercenari svizzeri. Un episodio che non segna l’unico dramma della collegiata. Come narra la sua storia, infatti, circa due secoli dopo, nel 1780, fu anche danneggiata da un incendio che distrusse la sagrestia.
Dal maggio del 2013 le opere sono esposte in tre sale dell’antica Canonica del complesso, costruzione che risale all’epoca del cardinale Branda, personaggio di grande rilievo al quale si deve in gran parte la ricchezza artistica del luogo. Fu grazie al cardinale infatti che Masolino da Panicale, il maggior esponente di pittura tardo gotica e pre rinascimentale, venne a Castiglione a decorare la chiesa.

Tra i dipinti che si possono ammirare spiccano le opere di due fiorentini: la Crocifissione a fondo d’oro del nostro Neri di Bicci, giunta a Castiglione nel 1928 e la piccola Annunciazione di Apollonio di Giovanni, ritenuta dalla critica la sua opera migliore.
La tavola di Neri di Bicci è di grande potenza narrativa. Nella popolata folla ai piedi della Crocifissione si possono scorgere, a sinistra i soldati che si spartiscono le vesti di Cristo; poco distanti le Pie donne sostengono la Madonna svenuta. Una scena animata dove trionfa il colore e  par di sentire il vociare della gente in contrasto con l’assordante silenzio che domina la parte alta del dipinto. Interessante notare inoltre la postura del ladrone crocifisso alla destra di Gesù, del quale l’artista ha voluto sottolineare il cedimento al dolore come fosse un urlo assordante. “Di Bicci – sottolinea Lara Scandroglio – riesce a riassumere e concentrare in quest’opera il bello del gotico italiano”.

E. Farioli

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La “Flagellazione” di Cristo interpretata da Caravaggio https://www.artevarese.com/la-flagellazione-di-cristo-interpretata-da-caravaggio/ https://www.artevarese.com/la-flagellazione-di-cristo-interpretata-da-caravaggio/#respond Sun, 07 Mar 2021 18:11:37 +0000 https://www.artevarese.com/?p=59688 “Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare”. E’ una delle scene più drammatiche della Passione di Cristo che tanti artisti hanno interpretato e immortalato nei numerosi capolavori che si possono ammirare nelle chiese e nei musei. Tra questi, solo per citarne alcuni perchè l’elenco sarebbe infinito, i noti dipinti di Pier della Francesca […]

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La Flagellazione di Pier della Francesca

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare”. E’ una delle scene più drammatiche della Passione di Cristo che tanti artisti hanno interpretato e immortalato nei numerosi capolavori che si possono ammirare nelle chiese e nei musei. Tra questi, solo per citarne alcuni perchè l’elenco sarebbe infinito, i noti dipinti di Pier della Francesca (1453-visibile a Urbino alla Galleria Nazionale), di Caravaggio, (1607 -a Capodimonte, Napoli) e di tanti altri artisti che hanno lasciato testimonianze molto interessanti nel nostro territorio, come per esempio, Pier Francesco Mazzucchelli detto Morazzone che nel 1609 affrescò la settima cappella al Sacromonte di Varese dedicata a questo episodio.

Affresco del Morazzone al Sacromonte di Varese

In queste settimane che precedono la Santa Pasqua, la storica e critica dell’arte Lara Scandroglio ci accompagnerà tra i dipinti di differenti maestri che hanno dedicato le proprie opere alla Passione di Cristo fino alla Resurrezione.

Apriamo questo appuntamento con l’episodio della Flagellazione, di Caravaggio. Intanto costruiamo la scena.
La flagellazione, era un castigo, una punizione riservata alle classi più umili, agli schiavi e precedeva la Crocifissione. Lo strumento di “tortura”, chiamato appunto “flagello”, non si limitava a essere una semplice frusta: si componeva infatti di tre cinghie di cuoio alle cui estremità c’erano nodi, sfere metalliche, pietre o addirittura uncini. Possiamo immaginare che colpo, dopo colpo, la pelle della vittima veniva solcata con lacerazioni che spesso si aprivano fino a far vedere le ossa.
Nel pretorio di Pilato Gesù, legato a una colonna, ricevette 39 frustate, quaranta era il massimo consentito dalla legge mosaica che i romani si pensa rispettassero. Non dimentichiamo infatti che dopo la “sentenza” di Pilato Gesù fu afficato ai soldati romani.

La Flagellazione di Caravaggio

Per circa un’ora (dicono gli storici) Cristo fu sottoposto a questo supplizio tra le grida, gli insulti e la ferocia dei suoi indiavolati aguzzini . Gesù non si ribella. Resiste ai colpi. La scena è a dir poco drammatica. Immaginiamola… Come ha potuto un essere umano sopravvivere a tanta crudeltà? A cosa o a chi pensava Cristo in quel momento? Al Padre in quanto figlio di Dio o alla madre in quanto uomo? Queste domande e tante altre, oltre ai testi del Vangelo, saranno state alla base dei pensieri e soprattutto dell’ispirazione dei tanti artisti che hanno saputo illustrare la scena con tutta la tensione cromatica e la drammaticità del momento. Intanto fuori dal pretorio, (sempre a detta degli studiosi) un pallido sole nebuloso si stava preparando a spegnersi. Mentre dentro, il rosso del sangue copriva il pavimento.

La Flagellazione di Caravaggio – particolare

Tornando ai capolavori che rappresentano l’episodio della “Flagellazione”, al Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli si può ammirare la grande opera di Caravaggio, eseguita tra il 1607 ed il 1608. Qui l’artista ha saputo trasmettere il dolore, fisico e spirituale, attraverso la luce, segreto dei suoi capolavori, che illumina il Cristo lasciando in penombra i suoi carnefici dagli sguardi torvi e sprezzanti.

Pennellate di dolore che raggiungono il cuore e la sensibilità degli osservatori…

E. Farioli

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Cercare la libertà dentro se stessi https://www.artevarese.com/cercare-la-liberta-dentro-se-stessi/ https://www.artevarese.com/cercare-la-liberta-dentro-se-stessi/#respond Wed, 20 Jan 2021 08:00:03 +0000 https://www.artevarese.com/?p=58689 Busto A. – Ecco, ci risiamo… In molti confidavano nel nuovo anno per ricominciare, per reinvetarsi, ricostruire un presente e iniziare a intravvedere un futuro. Invece, a passo di gambero, si torna alle tensioni, ai timori e alle incertezze che hanno caratterizzato il 2020. I piccoli spiragli di luce, intesi come “ritorno alla libertà”, si […]

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Busto A. – Ecco, ci risiamo… In molti confidavano nel nuovo anno per ricominciare, per reinvetarsi, ricostruire un presente e iniziare a intravvedere un futuro. Invece, a passo di gambero, si torna alle tensioni, ai timori e alle incertezze che hanno caratterizzato il 2020. I piccoli spiragli di luce, intesi come “ritorno alla libertà”, si sono spenti un’altra volta.
Il giallo, l’arancione e il rosso, che in una tavolozza rappresentano trionfi di gioia e calore, per il nostro sofferente “Stivale” e non solo, ormai hanno assunto sfumature cupe e fredde, condizionando abitudini e vita. Mesi e giorni difficili trascorsi e che trascorrono in preda alla paura della pandemia ma anche della rabbia. Momenti nei quali spesso ci si sente persi e il senso di solitudine diventa ossessivo soprattutto ripensando alla quotidianità alla quale eravamo abituati. Ma non per tutti è così.

L’artista Alex Sala definisce questo periodo, sotto il profilo creativo, “interessante, se non il più importante della sua vita”.
“Non c’è più nessun fuori. Se esiste una libertà bisognerà cercarla dentro”. “Così recita una frase di Peter Hoelg – sottolinea Sala. Il momento che viviamo ci offre la possibilità di prendere il tempo, dilatarlo e rinnovarlo”.

L’artista riflette e condensa in una video performance il suo pensiero e ci fa riflettere. Un viaggio nel tempo che narra la più recente storia. Una finestra si apre su vecchi ricordi mentre la memoria raggiunge quei momenti. Sala si copre il volto con un foglio nero. E tutto diventa buio. La luce torna e illumina le mani. Su quelle mani che lavorano, che toccano, che ci hanno permesso di provare emozioni, si aggrappa il virus. Mani sulle quali l’artista si sofferma, con un primo piano che ci costringe a non togliere lo sguardo mentre vengono immerse in una bacinella d’acqua quasi come in un rito di purificazione…
Per Sala questo periodo è un’occasione di profonda ricerca che spiega – “cresce in modo quasi automatico, non meccanico. Sto lavorando a dei progetti personali e con altri artisti.La parte interessante è che sono nate delle nuove collaborazioni, anche molto intense, dovute alla particolarità di questo momento in cui non si può prevedere ciò che avverrà” .
Si aprono un nuovo tempo, una nuova era dove il cambiamento sarà il frutto di ciò che vedremo. Di certo nulla sarà più… come prima.

E. Farioli

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L’arte deve puntare alla riflessione storica https://www.artevarese.com/larte-deve-puntare-alla-riflessione-storica/ https://www.artevarese.com/larte-deve-puntare-alla-riflessione-storica/#respond Tue, 15 Dec 2020 13:00:59 +0000 https://www.artevarese.com/?p=58361 Busto A. – “Certo che essere pronti a “migrare” sul pianeta Marte ma non essere preparati a difenderci da un batterio infinitesimale che in quasi un anno ha stroncato nel mondo milioni di vite e, solo in Italia, oltre i cinquantamila, la dice lunga sulla confusione, sulla impreparazione dell’azione politico sanitarie nella quali ci muoviamo“. […]

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Busto A. – “Certo che essere pronti a “migrare” sul pianeta Marte ma non essere preparati a difenderci da un batterio infinitesimale che in quasi un anno ha stroncato nel mondo milioni di vite e, solo in Italia, oltre i cinquantamila, la dice lunga sulla confusione, sulla impreparazione dell’azione politico sanitarie nella quali ci muoviamo“.
Così esordisce Antonio Maria Pecchini, scultore, riflettendo su questo straordinario momento storico, scandito dalla pandemia che ci ha cambiato le abitudini e il modo di vivere.
Lo dico, – continua l’artista – ringraziando in primis tutto il personale sanitario, che nonostante i tanti morti lasciati sul campo e oltre ai limiti che regnano nell’attuale politica sanitaria, ha continuato a lavorare nei nostri ospedali a difesa della vita. Io, poi, persona a rischio, cerco di essere attento nel rigido rispetto d’ogni suggerimento, anche i più restrittivi. Non si può vivere bene questo tempo dell’attesa e di libertà condizionata. Nonostante le rigidi regole, si vive nella poca “libertà”, nella speranza di poterne uscire nel tempo più breve, senza l’assillo di dover accorciare mondi, territori, momenti ludici; si vive in un’apparente ristrettezza d’orizzonti così da aiutare la vita ad essere vissuta in pienezza. Quindi casa, contatti personali rinviati, abuso di strumenti comunicativi, telefono, mail, nuovi media, sempre più lontani dalla fisicità degli incontri, dall’umano bisogno dei contatti.
La chiusura degli spazi espositivi ha penalizzato anche voi artisti che, come si sa, tramite le mostre proponete e fate conoscere le vostre opere.
Anche in campo artistico ogni operatore è un’isola; vive della propria dimensione culturale e sociale, persegue i propri obiettivi. In una dimensione politico-culturale come la nostra è sempre più difficile operare in situazioni che non siano individualistiche; oggi poi il settore dell’arte è condizionato dal cosiddetto mercato e rimanere estranei è un po’ un isolarsi dal mondo, da quel mondo. La condizione artistica dentro il mercato ha certamente sofferto più di un battitore libero, perché mettendo in “prigione” la dimensione culturale dell’opera, persegue un percorso prettamente economico dimenticandosi che l’oggetto artistico è solo il prodotto della storia e della cultura di un luogo, e, nello stesso tempo, della riflessione su di essa di chi produce segni e dinamiche culturali attive e capaci, ad una pronta lettura, di diventare un elemento propositivo e d’aiuto per lo sviluppo delle future generazioni. Non si vive di solo mercato e l’opera non è più un valore culturale universale“.
Le opere realizzate in questo anno drammatico da cosa si riconosceranno?
Se il mondo dell’arte occidentale continua ad essere un fenomeno a sé, lontano da una riflessione storica, è solo un prodotto che, come altri, sollecita interessi economici ma resta lontano dall’essere elemento riflessivo sulle condizioni dell’umanità. Resta un fatto estetico, resta un semplice oggetto, tendenzialmente intercambiabile lontano da quella zona riflessiva e culturale che da sempre si è portato appresso. Come mai solo gli autori del cosiddetto terzo mondo praticano un’arte di denuncia civile,realizzano, attraverso i mezzi dell’arte, situazioni così poco attrattive sul piano estetico, ma così potentemente riflessive quello culturale. Basta pensare all’iraniana Shirin Neshat o al cinese Ai Wei Wei per avere momenti e prodotti estetici che interpellano e parlano alla mente e al cuore. Le opere si riconosceranno semplicemente perché la loro oggettualità, la capacità estetica di assemblare materiali, di recuperare elementi, sono criteri organizzativi sufficienti per oggettivare le tante contraddizioni che percorrono e condizionano la nostra quotidianità. E’ un’abilità estetica capace, nel gesto artistico, di mettere a nudo le tante ambiguità che popolano le attuali società e di tenere in vita i valori che costituiscono il bene prezioso dell’umanità“.
Cosa ci lascerà questo periodo, quali strascichi o conseguenze?
Difficile da dire, semplicemente perché, gli italiani, sono abituati a non ricordare, ad allontanare da sé memorie, le fonti di disagi, di preoccupazioni, di bisogno. Viviamo il presente. Un’abitudine nella quale siamo stati immersi in questi ultimi venticinque – trent’anni, dovuti ad una visione personalistica, di conseguenza un po’ egoistica d’ogni percorso d’esistenza, in cui meritocrazia e denaro sono state le stelle polari delle condizioni esistenziali dell’umano cammino. Ecco poi che arriva un imprevisto e microscopico batterio e il mondo si spopola, le città si svuotano. Si gonfiano solo i camposanti. Lascerà, il virus, qualche segno diverso dal presente modo di intendere il vivere? Io nutro diverse perplessità al riguardo, basterebbe guardare la storia. Abbiamo urlato “Basta Guerra!” ma il secolo che abbiamo appena passato è stato quello che ha prodotto più guerre di tutti gli altri; siamo stati immersi, soltanto pochi decenni fa, dal terrorismo, apparentemente dimenticato, anche se per altre ragioni, siamo ancora calati in situazioni analoghe. Mondo di ricchi e mondo di poveri; nonostante siano molti gli sforzi a difesa della povertà, la povertà aumenta e i ricchi si irrobustiscono. Come non vedere che il problema dell’emigrazione è solo la punta dell’Iceberg di questa umana situazioni..!!!. Non ho perciò molta fiducia nel possibile cambiamento, gli artisti sono persone e come tali vivono di sentimenti, di solidarietà, ma qualcuno anche di indifferenza“.
Come vede il futuro nell’arte?
L’arte è qualcosa che è insita nell’uomo. Qualcuno sosteneva che il fare artistico è la prima filosofia che si è data l’umanità e noi sappiamo quanto sia stata necessaria, per la costruzione di mondi, la riflessione filosofica che persiste a valle d’ogni situazione umana; per questo motivo non può non esserci un futuro per il mondo dell’arte. E’ nato nelle caverne, si è fatto racconto sulle pietre, ha condizionato e affiancato luoghi e civiltà, si è dato delle regole e le ha modificate nel tempo seguendo l’andamento delle culture, persiste e resiste nel tempo grazie alle sue continue innovazioni, che altro non sono se non l’oggettivazione di un pensiero in grado, attraverso la forma, di trasmettere sensazioni e di parlare ad ogni uomo. Morirà soltanto se verrà meno l’uomo“.

E. Farioli

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Cento anni di Fiume https://www.artevarese.com/cento-anni-di-fiume/ https://www.artevarese.com/cento-anni-di-fiume/#respond Sat, 02 Nov 2019 11:00:35 +0000 https://www.artevarese.com/?p=53247 Se c’è uno spettacolo da non perdere quest’anno è “Fiume 1919 città d’arte e di vita”. A cento anni dall’Impresa del Vate degli Italiani, un’opera teatrale di altissimo spessore culturale ed artistico incarna la poetica di Gabriele D’Annunzio: un’ora e mezzo per rivivere una pagina storica, tre le più importanti della storia italiana, dipinta dal talento […]

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Se c’è uno spettacolo da non perdere quest’anno è “Fiume 1919 città d’arte e di vita”.
A cento anni dall’Impresa del Vate degli Italiani, un’opera teatrale di altissimo spessore culturale ed artistico incarna la poetica di Gabriele D’Annunzio: un’ora e mezzo per rivivere una pagina storica, tre le più importanti della storia italiana, dipinta dal talento di Edoardo Sylos Labini, Mariangela Robustelli e Leonardo Petrillo.

Nella video-intervista l’interprete principale Edoardo Sylos Labini svela la bellezza dell’interpretazione del personaggio, Il drammaturgo Leonardo Petrillo spiega il motivo della discriminazione dell’esperienza Fiumana e Umberto Smaila racconta della sua discendenza.

Storia, Arte e Vita 
La lezione-spettacolo racconta l’esperienza fiumana, fondamentale pagina storica troppo spesso dimenticata, attraverso la figura di Gabriele D’Annunzio interpretata da Edoardo Sylos Labini. Una “piece” teatrale poetica ed entusiasmante che permette di rivivere con leggerezza, attraverso le parole, i canti, le immagini e le foto dell’epoca, un modello ancor oggi tra i più libertari e moderni d’Europa.

La grande impresa, infatti, riuscì ad unire Arte e Politica, con la “Carta del Carnaro”, anticipando i grandi temi che infiammano ancora oggi il mondo: parità dei sessi con equiparazione di diritti e doveri, eleggibilità delle donne, protezione delle minoranze, suffragio universale, divorzio, libertà di opinione e di religione, autonomia dei comuni, insegnamento delle lingue autoctone, istruzione primaria gratuita, assistenza sociale per malati e indigenti, sistema pensionistico, discussioni aperte, abolizione del denaro, servizio militare femminile, libero amore, libertà di iniziativa economica privata, governo, esercito, carceri, urbanistica salutismo, nudismo; il geniale D’Annunzio, prendendo a modello le antiche città-stato rinascimentali e la Serenissima, rifondò le corporazioni medioevali in aiuto ai lavoratori e promosse il mecenatismo cultural-artistico-musicale. Il grande poeta fu capace di unire Reazione e Rivoluzione in un unico ordine a cavallo tra passato e futuro. Fiume fu un momento storico tra i più utopistici e avveniristici: una società votata alla bellezza e guidata da spiriti liberi, avventurieri, aristocratici, guerrieri ed intellettuali.

Il componimento è ricco di particolari e aneddoti: dalle abitudini, forze e debolezze del Vate fino alle strategie, messe in pratica dalla politica dell’epoca, per sfruttare la sua immagine mettendolo, però, a tacere; tutti i partiti cercarono, infatti, di mettere il cappello sulla grande e immaginifica impresa durata solo cinquecento giorni.
L’opera teatrale ha, quindi, un’immensa importanza culturale, storica ed artistica e ricorda quanto abbiamo ancora da imparare.

Daniela Gulino

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Da Varese alla Bulgaria https://www.artevarese.com/da-varese-alla-bulgaria/ https://www.artevarese.com/da-varese-alla-bulgaria/#respond Wed, 30 Oct 2019 09:10:35 +0000 https://www.artevarese.com/?p=53354 Varese – Un Sacro Monte affollatissimo per il concerto dei piccoli Maestri della classica. Si è svolto domenica scorsa il concerto d’autunno “La Musica Italiana. Waiting for Bulgaria” eseguito dall’Ensemble de “I Piccoli Musicisti Estensi”, diretto dal Maestro Carlo Taffuri. L’evento, organizzato nel Santuario di Santa Maria del Monte a Sacro Monte di Varese dalle […]

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Varese – Un Sacro Monte affollatissimo per il concerto dei piccoli Maestri della classica.
Si è svolto domenica scorsa il concerto d’autunno “La Musica Italiana. Waiting for Bulgaria” eseguito dall’Ensemble de “I Piccoli Musicisti Estensi”, diretto dal Maestro Carlo Taffuri.
L’evento, organizzato nel Santuario di Santa Maria del Monte a Sacro Monte di Varese dalle Associazioni ImmaginArte e Amici del Sacro Monte, apre il tour internazionale con il progetto UKOM® (United Kids Of Music), che porta i piccoli musicisti in Bulgaria con “Music without borders – Bulgaria 2019”. I concerti sono organizzati dall’Ambasciata Italiana di Sofia e dal Consolato Italiano di Plovdiv.

La video-intervista al direttore d’orchestra – Carlo Taffuri, al presidente dell’associazione ImmaginArte – Chiara Brusa Pasquè e al presidente dell’associazione Amici del Sacro Monte – Maria Bianchi.

L’Orchestra
L’orchestra giovanile “I Piccoli Musici Estensi”, composta da una trentina di bambini e ragazzi italiani,  è attiva in diversi progetti sociali e umanitari sul territorio nazionale mentre UKOM® (United Kids Of Music), progetto internazionale, collabora con giovani musicisti di tutto il mondo per suonare insieme al di sopra e al di là di ogni barriera politica, di ogni convenzione religiosa o umana, rispettandosi vicendevolmente, instaurando profonde relazioni interpersonali e facendo la conoscenza di altri ragazzi, culture, costumi e tradizioni. Può già annoverare tra i prestigiosi luoghi di esecuzione: Milano, Pavia, Novara, Bergamo, Venezia, Lucca, Roma, Lugano, Parigi (Palazzo dell’UNESCO), New York, Toronto, Obninsk, San Pietroburgo (Cappella Imperiale) e Mosca (Sala da concerti Gnesina). Direttore dell’orchestra è il Maestro Carlo Taffuri, violinista, preparatore di diverse realtà musicali infantili e giovanili.

La Tournè internazionale “Music without borders – Bulgaria 2019” con tre date, organizzata dall’Ambasciata Italiana di Sofia e dal Consolato Italiano di Plovdiv.

Il Programma
Sofia, 29 ottobre alle ore 18.00, presso l’Ambasciata Italiana, il Quartetto Estense dell’orchestra UKOM® diretta da Carlo Taffuri, formato dai Violini Ludovico Matteo Carangi e Alice Cansirro Cortorillo, la Viola Gaia Malandrin e il Violoncello Matilde Pesenti, eseguirà G. Puccini, Tre minuetti per quartetto d’archi e A. Borodin, Notturno dal quartetto n 2 in re maggiore.
I Solisti al violino: Simone Aguzzi con “Danze rumene” (B. Bartok), Francesca Conte con “Scherzo e recitativo” (F. Kreisler), Elisa Leone con “Introduzione e Rondo Capriccioso” (C. Saint-Saëns);
l’Ensemble di violoncelli formato da un quartettino diretto da Babak Khayami eseguirà “In vacanza” (A. Piatti) e “Playing love” (E. Morricone).

Sofia, 30 ottobre alle ore 18.00, presso la Sala della National Academy of Music, l’orchestra UKOM® diretta da Carlo Taffuri, eseguirà A. Vivaldi, Concerto per archi in La maggiore (Allegro- Largo- Allegro), G. Bolzoni, Minuetto, G. Verdi, dalla Traviata “Preludio”, P. Mascagni, da Cavalleria Rusticana “Intermezzo”, M. E. Bossi, dagli Intermezzi Goldoniani “Burlesca” . in gemellaggio con i ragazzi bulgari dell’Accademia “Prof. Pancho Vladigerov”, eseguirà E. Elgar, da Enigma Variations “Nimrod”, P. I. Čajkovskij, dalle Stagioni “Febbraio – Giugno – Settembre”, G. Verdi, dall’Aida “Danza dei piccoli schiavi Mori”, G. Rossini, dal Guglielmo Tell “Pax de Six”.

Plovdiv (Capitale della Cultura Europea 2019), 31 ottobre alle ore 18.00, l’orchestra suonerà presso la Sala dell’Academy of Music, Dance and Fine Arts, eseguendo A. Vivaldi, Concerto per archi in Sol minore, M. E. Bossi, dagli Intermezzi Goldoniani “Gagliarda”, G. Puccini, “Crisantemi”, G. Rossini, Sonata a 4 in Sol maggiore n.1, A. Vivaldi, Concerto per archi in La maggiore, G. Bolzoni, Minuetto, G. Verdi, dalla Traviata “Preludio”, P. Mascagni, da Cavalleria Rusticana “Intermezzo”, M. E. Bossi, dagli Intermezzi Goldoniani “Burlesca”.

Daniela Gulino

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Quattro opere varesine alla Venaria Reale a Torino https://www.artevarese.com/quattro-opere-varesine-alla-venaria-reale-a-torino/ https://www.artevarese.com/quattro-opere-varesine-alla-venaria-reale-a-torino/#respond Tue, 29 Oct 2019 11:24:48 +0000 https://www.artevarese.com/?p=53344 Quattro tempere su carta del pittore ottocentesco Carlo Bossoli, provenienti dai Musei civici di Varese, sono esposti alla mostra “Viaggio nei Giardini d’Europa”. Il tema del viaggio che ha contribuito a creare il mito del “Grand Tour”è il fil rouge che lega quest’arte che nel tempo raggiunge risultati straordinari. La mostra, ripartita in dodici sezioni, […]

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Quattro tempere su carta del pittore ottocentesco Carlo Bossoli, provenienti dai Musei civici di Varese, sono esposti alla mostra “Viaggio nei Giardini d’Europa”.

Il tema del viaggio che ha contribuito a creare il mito del “Grand Tour”è il fil rouge che lega quest’arte che nel tempo raggiunge risultati straordinari.

La mostra, ripartita in dodici sezioni, propone dipinti, disegni, modelli lignei e altri oggetti che  illustrano giardini celebri dal Cinquecento agli inizi del Novecento : progettisti come André Le Nôtre, aristocratici come il principe de Ligne, eredi al trono come i Conti del Nord, paesaggisti come Fredrik Magnus Piper o Francesco Bettini, pittori come Hubert Robert o Honoré Fragonard, scrittori come Wolfgang Goethe, Stendhal o Henry James, giardinieri come i fratelli Roda viaggiano per il continente delineando con le loro descrizioni di viaggio, i loro progetti, i loro dipinti una vera e propria “storia del giardino”.

Il panorama dei giardini d’Europa, lo sviluppo del gusto, i luoghi più famosi ma anche quelli minori e magari scomparsi ma ugualmente importanti per la storia dei giardini viene ricostruito affrontando temi come l’affermazione di un modello di giardino italiano nel corso del ‘500, la diffusione del giardino francese, l’affermazione del giardino paesaggistico.

Ma veniamo ai nostri dipinti, che, come ci illustra Daniele Cassinelli, direttore dei Musei Civici di Varese, facevano parte di un gruppo di dieci tempere dedicate da Bossoli ai giardini della villa Litta di Lainate. Vennero donate nel 1977 dal notaio Bonazzola e fino all’inizio del Novecento appartenevano alla collezione di Henry Prior. Le opere erano giunte per eredità da Isolina Prior che ava sposato il duca Antonio Litta Visconti Arese, noto esponente della famiglia che era proprietaria della villa intorno alla metà dell’Ottocento e che aveva incaricato Bossoli di eseguire le dieci tempere. La riscoperta dei quattro guazzi di Varese è stata fondamentale per ricostruzione del complesso di villa Litta a Lainate, di cui essi sono indubitabilmente una testimonianza d’eccezione, immortalando l’aspetto della zona dei giardini, con i celebri giochi d’acqua.

Carlo Bossoli, (1815-1884) nativo di Lugano si trasferì ad Odessa con la famiglia ma viaggiò per tutta l’Europa. Esecutore rapido e infaticabile, oltre alle scenografie e decorazioni d’ambienti, il Bossoli trattò la figura e quello che sarà il tema a lui più congeniale, la veduta panoramica, fin da subito preferendo la pittura a tempera. Si rese noto con i “cosmorami”, grandi vedute panoramiche di Odessa, da guardarsi entro una specie di camera ottica, che egli chiamò “vedute ottiche”.

Cristina Pesaro

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