Carlo FarioliCarlo Farioli

Pittore di emozioni – Carlo Farioli è parte integrante della cultura artistica della sua amata città Busto Arsizio, da sempre vera fonte di ispirazione per numerosi suoi lavori. Ma la sua passione per l'arte lo ha portato anche a visitare luoghi lontani che l'artista ha dipinto con l'entusiasmo di chi riesce ancora a stupirsi davanti al bello della natura, delle cose, delle persone. Dopo la consueta mostra estiva a Stresa, nella sua "bottega del pittore", domenica 7 dicembre ha inaugurato una nuova esposizione presso il suo studio-galleria in cui troviamo una summa dei suoi ultimi lavori e la testimonianza di una vita votata all'arte.

Lei è un artista sempre molto attivo, le opere in mostra rappresentano le sue ultime realizzazioni. C'è un'opera in particolare a cui si sente maggiormente legato?
"Sì, ho qui un paio di bozzetti della mia ultima fatica: si tratta di due pannelli realizzati per la Chiesa di Boncore di Nardò, in provincia di Lecce. E' la conclusione di un lavoro molto complesso iniziato nel 1979, quando ho realizzato il grande murales con la Trinità per l'altare della chiesa (visibile oggi in mostra in una riproduzione). Ci tengo particolarmente a questa impresa perché è nata dal cuore: quando il parroco mi ha detto che la sua chiesa era tutta bianca mi sono offerto subito per dipingerla io. E' stato un lavoro lungo e anche un po' faticoso per le grandi dimensioni delle opere, ma anche di grande soddisfazione".

Nella sua carriera ha spesso trattato temi sacri. Quale approccio c'è verso questo tipo di soggetti?
"Sono temi molto sentiti da parte mia. Se non credessi nei valori religiosi, non riuscirei neppure a realizzare questi soggetti. Come in tutte le mie opere, ad animarle sono le emozioni, i mie sentimenti, le mie impressioni".

Un'opera dell'artistaUn'opera dell'artista

Torniamo a questa mostra, allora. C'è un filo conduttore? Li unisce un tema, uno stile particolare?
"No. La mia è una pittura estemporanea, lo è sempre stata. Non mi sono mai concentrato su un genere particolare, né su una tecnica. Passo dall'olio, all'acrilico, all'acquerello. E poi sono anche scultore, ceramista, incisore e affreschista. La mia è una passione ardente che ho sentito sin da piccolo e che col tempo ha preso sempre più possesso della mia vita, fino a quando negli anni '60 ho capito che dovevo dedicarmi solo a questo per essere coerente fino in fondo. Ho dedicato la mia vita all'arte e le mie opere non sono altro che tentativi di rendere sulla tela ciò che più mi impressiona, sia esso un paesaggio, una situazione, una scena della Natività".

Come nella precedente mostra, anche qui vedo spuntare in qualche quadro il volto di Van Gogh. Cosa significa?
"Proprio quello che dicevo: Van Gogh mi ha lasciato senza fiato quando l'ho incontrato per la prima volta a Palazzo Reale a Milano nel 1951. Ho amato subito la sua pittura così espressiva che rifletteva il suo temperamento inquieto e ne sono rimasto talmente colpito che lui stesso è diventato un soggetto d'ispirazione per me. L'ho raffigurato all'interno dei luoghi che lui stesso dipingeva e poi me lo sono immaginato in una cena natalizia , accanto a suoi "mangiatori di patate" e alla presenza di un piccolo presepe. Ci ho messo un po' di fantasia, ma anche per Van Gogh sarà stato Natale, no? E così intitolato l'opera 'Natale con i tuoi, Van Gogh con i suoi'".

In tutti questi anni crede che la sua arte abbia conosciuto un'evoluzione?
"I miei studi risalgono a quando da giovane ho frequentato i corsi serali a Brera. Ma posso definirmi un autodidatta. Certo, negli anni ho affinato un po' la mia pittura, ma maestra per me è sempre stata l'emozione che mi portava a non fare a meno di dipingere. Non ho mai orientato la mia arte verso una ricerca particolare, non mi sono mai posto degli obiettivi da raggiungere, se non quello di essere sempre onesto con me stesso, con le mie sensazioni, per trasmetterle nella loro autenticità nelle mie opere".

Un'altra operaUn'altra opera

Molti suoi paesaggi ritraggono luoghi lontani. Ha viaggiato molto?
"Sì. I miei viaggi mi hanno offerto numerosi spunti per i miei lavori. In alcune opere in mostra si vedono scorci della Bretagna e ci sono anche piatti dipinti con vedute del deserto del Sahara. Ma non ho bisogno di allontanarmi per trovare i miei soggetti: qui, ad esempio, ho ritratto dei chierichetti in festa. Una scena di gioia che rallegra a guardarla".

E poi c'è Busto Arsizio che ritorna sempre. Cosa rappresenta per la sua arte?
"Moltissimo. Tantissimi miei lavori sono ispirati a lei, soprattutto a quella che era una volta. Mi piace evocare il suo aspetto antico, come ho fatto nella serie di lavori 'Busto che scompare' che poi ho donato al Comune e ora sono conservati presso Palazzo Marliani Cicogna. Ho cercato di prestare la mia arte alla città attraverso interventi significativi: ho realizzato il presepe che per anni ha decorato l'altare della Chiesa di S. Michele, il monumento al Vigile del Fuoco presso la caserma della città e recentemente ho concluso il monumento commemorativo dedicato ai membri delle Officine Meccaniche Ercole Comerio deportati in Germania. A Busto sono debitore perché è qui che ci sono state le persone che hanno creduto in me, nella mia arte e mi hanno permesso di fare quello che più amavo fare. Busto ha il merito di aver avuto tra i suoi cittadini molti industriali che hanno creduto nell'arte, nella cultura e che hanno promosso davvero il bello artistico".

Lei ne è la testimonianza vivente a quanto pare. Ancora oggi la sua arte è molto amata.
"Credo di sì. Però devo ammettere che seguire questa vocazione non è stato facile, ha comportato tantissimo impegno e molti sacrifici. Non so se lo consiglierei al giorno d'oggi. Giunto a questo punto però posso dirmi molto soddisfatto. Quest'anno l'Avis per la 17° mostra dei Presepi Artistici ha scelto di pubblicare una stampa raffigurante un mio dipinto, tra i tanti che ho dedicato a questo soggetto. Rappresenta la tradizione bustocca di preparare il presepe in casa. Una tradizione che si sta perdendo, così come il vero spirito del Natale che è fatto di cose semplici…così come lo sono i miei quadri".


Carlo Farioli

7 dicembre 2008 – 6 gennaio 2009
via S. Pellico, 15 c Busto Arsizio (VA)
orario: 10.00-12.30/ 15.30-19.30