La cappella della MadonninaLa cappella della Madonnina

Tra le robinie, un pezzo di storia – Alle origini del problema sta un progetto per la costruzione dei nuovi palazzi popolari che sostituiranno i palazzoni di via San Giulio, ormai obsoleti. I nuovi edifici sorgeranno a ridosso di una delle cinque cappelle votive disseminate in città: la Madonnina, così è chiamata affettuosamente dai cittadini di Castegnate, è un simbolo, un ultimo baluardo di fede e tradizione immerso in boschetto di robinie, ormai falciato per far posto alle ruspe che tra breve compariranno per iniziare i lavori. Il timore degli abitanti è che la cappella votiva rimanga sommersa tra colate di cemento o che, peggio, venga spostata. Per tutelarla e per protestare contro la cementificazione dell'area è nato un comitato: "Salviamo l'area della Madonnina".

Le cappelle votive in città – Fin qui la cronaca. Osservando le cappelle votive disseminate per la città ci si accorge del profondo sentimento di fede e di devozione dei castellanzesi che si richiamano a fatti storici durante i quali i santi giocarono un ruolo chiave. La Madonnina, per esempio, è in realtà la Cappella dell'Addolorata ed ebbe origine nella seconda metà del XIX secolo. Si narra che in quel tempo la figlia del Barone Costanzo Cantoni, durante un percorso a cavallo sul sentiero boscoso verso Nizzolina, fu disarcionata dal suo destriero che s'impennò bruscamente; la giovane pur cadendo rovinosamente rimase illesa. L'aver invocato al vergine Addolorata durante l'incidente convinse la ragazza ad attribuire a lei la sua salvezza miracolosa e come ringraziamento fece costruire un'icona che conteneva il quadro della Madonna, la Vergine Addolorata sistemandola su un albero nel luogo dell'incidente. Con il tempo la devozione alla Madonnina portò alla costruzione di una cappelletta con un piccolo altare sopra il quale si trova tuttora il dipinto originale.

La cappella dell'ImmacolataLa cappella dell’Immacolata

La Santa che salvò dalla peste – Dalla Madonnina a una Santa che ancora oggi riscuote la devozione dei cittadini sin dal Seicento. La cappella di Santa Liberata, infatti, fu costruita nel 1630 per implorare la Santa affinché liberasse la popolazione dal flagello della peste che in quel tempo mieteva vittime. Fu la famiglia Porta-Prandoni a donare il terreno e si accollò gli oneri della costruzione. La cappella fu quindi affrescata dal pittore e canonico Biagio Bellotti che raffigurò la santa attorniata da altre sante e sovrastate dalla Vergine con il Bambino. Attualmente Santa Liberata è rappresentata con un mosaico che la mostra monaca benedettina illuminata da un raggio e con un giglio che indica la sua verginità. Il bozzetto è di Sante Pizzol e il mosaico di Daniele Boreatti realizzato nel 1950 su commissione di don Antonio Clerici. Ogni 18 gennaio la cappella viene aperta ala popolazione per una funzione religiosa.

La cappella dimenticata – E' un po' nascosta al confine, tra Castellanza e Olgiate Olona ma è molto antica: la cappella di San Gervaso e Protaso fu menzionata dallo scrittore storico Goffredo da Bussero asserendo che nel XIII secolo era dedicata solo a San Protaso. Successivamente fu menzionata da San Carlo Borromeo durante una sua visita pastorale in Olgiate Olona il 18 febbraio 1682 e descritta come oratorio campestre di San Gervaso e Protaso. Nel 1597 la cappella fu in odore di demolizione non essendoci allora fondi per restaurarla ma sopravvisse. Nei secoli venne quasi dimenticata finchè all'inizio del XX secolo si decise di restaurarla. Oggi viene chiamata anche "tabernacolo", ha una forma quadrata due metri per due e alle pareti sono collocati i quadri dei due santi che sostituiscono le vecchie pitture murali ormai scomparse. Sopra l'altare campeggia un dipinto della Vergine di Caravaggio eseguito da Biagio Bellotti.

L'Immacolata – Un'altra storia fra realtà e leggenda è alla base della costruzione di una cappella in via Roma dedicata all'Immacolata. Si narra che esistesse già una cappella votiva dedicata però a San Pietro Martire. Nel 1848 per festeggiare la cacciata degli Austriaci il comune decise di restaurarla e di dedicarla al Cristo redentore. Il progetto fu affidato all'ingegner Giuseppe Brivio, ma i l

La cappella del CrocefissoLa cappella del Crocefisso

avori furono sospesi nel 1849. La tradizione popolare narra che nel 1900 un toro pericoloso fuggì in paese seminando il panico, fu invocata la vergine immacolata e l'animale venne ritrovato accasciato e mansueto davanti alla cappella. Si riprese nel 1950 con le decorazioni eseguite dal pittore Nerbini Furer e una pala dedicata all'Immacolata. Si susseguono i restauri: nel 1969 venne tolto il cancello sostituito con una vetrata e una porta in ferro battuto, rifatto l'altare e sopra la nicchia collocata una M sormontata da una croce; nel 1997 restaurati gli affreschi e nel '98 l'aggiunta della lunetta con l'occhio divino sulla vetrata. La cappella si presenta attualmente come edificio a pianta quadrata con lesene in stile ionico. Oltre alla statua dell'Immacolata ci sono due quadri che rappresentano Sant'Anna con la Vergine Bambina e San Giulio.

Il Crocefisso e lo sfregio – Il viaggio tra le cappelle votive castellanzesi si chiude in via Cantoni davanti alla cappella del Crocefisso. Il dipinto che lo raffigura un tempo era collocato all'esterno su un muro poco distante. I proprietari di allora i conti Fagnani vendettero i loro possedimenti ai conti Arese che nel 1886 rimossero il dipinto e lo collocarono nella cappellina. Furono decorate le pareti interne laterali e la volta, eretto un altare lineare sormontato dal dipinto del Crocefisso con ai lati la Vergine e l'apostolo Giovanni. Nel 1921 il dipinto venne sfregiato da alcuni malviventi penetrati nella cappella di notte per rubare le offerte. Nel '72 venne così restaurato, quindi nel 1991.