Perugia – Mette a confronto il percorso di tre protagonisti dell’Informale italiano la mostra ospitata sino al 6 luglio a Palazzo della Penna – Centro per le Arti Contemporanee. Si tratta di Afro Basaldella (1912-1976), Alberto Burri (1915-1995) e Giuseppe Capogrossi (1900-1972), dei quali viene indagato il passaggio dalla figurazione all’astrazione.
L’esposizione, curata da Luca Pietro Nicoletti e Moira Chiavarini, con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi si concentra, attraverso più di cento opere, sul periodo di svolta stilistica che vide i tre artisti superare le ricerche figurative degli anni Trenta e Quaranta per seguire, nei primi anni Cinquanta, una individualità formale di respiro internazionale.
Oltre una concomitanza cronologica delle rispettive conversioni a un linguaggio di segno e materia, ad accomunare i tre protagonisti fu la loro presenza attiva a Roma, punto di snodo fondamentale per quelle indagini che li porteranno ad indagare i modelli francesi e americani. Roma, infatti, fu luogo di incontri e trampolino di lancio verso la scena internazionale, soprattutto newyorkese, dove le loro ricerche riscossero un significativo successo; Afro, ad esempio, che nel 1950 già si trovava a New York per collaborare con la Catherine Viviano Gallery, passò da una pittura neocubista ad una astratta, contraddistinta da una intensa libertà gestuale, da un uso espressivo e lirico del colore, dalla caratteristica stesura a velature; dal canto suo, Alberto Burri, compie il suo passaggio all’astratto intorno al 1947-48, con opere in cui la materia (legno, ferro, sacchi di juta, pietra pomice, plastica, cellotex e Vinavil) assume rilevanza nello sviluppo di un nuovo alfabeto astratto. Capogrossi, la cui cifra si distingue dalla matericità di Burri per la modulazione del suo “segno” di elementare semplicità in infinite combinazioni, divenne ben presto un protagonista, al punto da essere rappresentato negli Stati Uniti, nel 1955, insieme ad Afro e Burri, alla fondamentale mostra The New Decade. 22 European Painters and Sculptors, allestita al MoMA.
Una sezione dell’esposizione è riservata alle opere su carta di Afro, Burri e Capogrossi che consente di porre l’attenzione sul tema del disegno, che entrando nei meccanismi più intimi dell’elaborazione creativa, lascia emergere i tentativi, le ipotesi e le idee foriere di novità.
La mostra intende anche approfondire, attraverso materiali d’archivio – alcuni inediti come riviste, cataloghi dell’epoca e libri d’artista, l’interesse che critici, poeti e letterati ebbero nei confronti dei tre artisti; esemplari sono i casi di Emilio Villa, Leonardo Sinisgalli e Cesare Brandi.
Accompagna l’iniziativa un catalogo Magonza – a cura di Luca Pietro Nicoletti e Alessandro Sarteanesi – che presenta, un saggio di Luca Pietro Nicoletti, una conversazione tra Moira Chiavarini, Tommaso Mozzati e Marcello Barison, due testi di approfondimento di Andrea Cortellessa e Francesca Romana Morelli, e tre schede sugli artisti di Francesco Donola, Mattia Farinola, Gaia Simonetto.
Afro Burri Capogrossi, alfabeto senza parole raccoglie opere provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, l’Accademia di Belle Arti di Perugia, le Fondazioni e gli Archivi degli artisti e numerosi prestatori privati, e sarà visitabile sino al 6 luglio. Orari al pubblico: martedì-domenica: 10-19; aperture straordinarie: lunedì 28 aprile.