Profili di volti dalle gote rosse passeggiano svelti tra strade lastricate da pietre spesse. Poche parole tronche scambiate senza soffermarsi troppo. Sintesi per necessità.

E’ Terra di Catari, questa: gli eretici erranti dell’anno Mille pacifisti e puri – concreti e morali che reagirono all’ipocrisia cattolica di quel tempo grigio, senza spiegazioni: il loro pensiero, pare sia stato influenzato addirittura dallo zoroastrismo persiano. Sembrano essere rimasti così isolati un po’ per scelta al di qua di una striscia, oggi d’asfalto, dove passano a fatica due auto insieme, se s’incontrano. Niente traccia di presunzione, son solo contenti di differenziarsi da un Regno di cui non si sono mai sentiti parte. NEMMENO ORA_

L’Occitania è innanzitutto l’area di diffusione della lingua d’Oc, parlata in diverse regioni, dalle alpi ai Pirenei e dall’Atlantico al Mediterraneo. Ma è anche il luogo di una originale civiltà che al suo apogeo, tra il XII e XIII sec., fu aggredita e sconfitta in una guerra di conquista passata alla storia come la Crociata contro i Catari. Da allora, per settecento anni, gli Occitani non hanno mai smesso di ribellarsi per difendere la loro libertà e la loro peculiare identità.

Libertà, da queste parti è una parola grossa: non è solo un far camminate nei boschi o togliersi lo zaino in cima al sentiero, è cultura della montagna, amore per il TUO luogo. Nomadismo, il mestiere errante d’un tempo, contrabbando, quel saper apprendere e costruire, pietra_su_pietra, le proprie storie, le proprie radici.

“Qui è la mia casa, qui sono io!” – mi accoglie Anselmo, l’oste della locanda, innescato dalle mie domande. “Sono fra sconfinate vette e i racconti del vento tra acqua, silenzio e ricordi, legno nodoso e roccia antica. Non potrei mai stare altrove.

Sai: qui ai morti mettevano gli scarponi. Non bisogna mai smettere di camminare: raccogli il tuo sogno sulla strada!”.

“Abbassatevi montagne, alzatevi pianure affinché io possa vedere dove è il mio amore” canticchia contento mentre mi spadella il pranzo: zuppa antica con castagne e ortiche, raviòlas al castelmagno, spezzatino stracotto provençale, Persi Pièn (pesche ripiene con cioccolato e amaretti) e come se non bastasse, scodellata di Bunèt finale. NON_SO_SE_CE_LA_POSSO_FARE

Alla fine del pasto sono lì che barcollo davanti ad un “bicchierino” da mezzo litro di Ratafià e Anselmo si autoinvita a sedersi accanto a me, avvicinandosi lento come per recitare un segreto: “Sai: noi Occitani stiamo dalla parte del sogno e l’Universo cospira sempre a favore dei sognatori…” Deve essergli piaciuta parecchio questa frase, perché sta ben stampata sulla tovaglietta di carta della sua osteria.

Le ho amate, queste montagne, forse ancor prima di averle percorse, perché me le hanno raccontate con la passione, la commozione e quella dolce ritualità con la quale i nonni raccontavano le cose ai bambini, tante volte. In modo da essere sicuri che non potessero dimenticarle. La primavera si ripete ma non si stanca mai.

 

Osteria Lou SuBric

San Martino Superiore, Stroppo

Val Maira (Cuneo)