'Il treno', opera di Toscani'Il treno', opera di Toscani

Se ne è andato in sordina. Giuseppe Toscani, ottantasei anni di vita vissuta tra Milano, Castronno e la Germania nazista, martedì scorso è partito per il viaggio senza ritorno, lasciando un caro ricordo in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. A Castronno è stato un personaggio, una sorta di istituzione. Lucido quasi fino alla fine, non si è mai privato di un bicchiere di rosso e di una chiacchierata con gli amici, neanche a pochi mesi dalla morte. Il suo impegno con l'arte è stato costante: dai dieci agli over 80 ha sempre continuato a disegnare e a dipingere. Una passione ed un amore che avrebbero potuto portarlo a grande fama se solo Peppino, così per gli amici, avesse avuto un pizzico di fortuna, ma soprattutto il coraggio di accogliere a piene mani il dono concessogli da Madre Natura. Troppo modesto, troppo schivo, per sfondare in un mondo in cui a volte, purtroppo, servono i canali giusti. Un'arte, la sua, sostenuta da profondo spessore umano, prima ancora che da capacità tecnica. A colmare il vuoto della sua assenza restano i suoi dipinti, gli schizzi, gli acquarelli, le sfavillanti cromie, cifre grafiche di un modus operandi ai margini delle grandi vie dell'arte. Per lui parlano le sue opere, a lui indirizzano volentieri un pensiero Renato Bonardi e Pietro Scampini, nei lavori artistici dei quali proseguono gli insegnamenti, il segno caratteristico del maestro. Renato dice: "A Fabio, il figlio, ho scritto una lettera, perché è a suo padre che devo il mio amore per l'arte. Ricordo quando scappavamo dall'ufficio di Milano, appena possibile, per andare a vedere le mostre insieme. Come ricordo con piacere la sua frase ricorrente, "In fondo è tutto da ridere", questa affermazione mi ha aiutato tanto nei momenti di sconforto. Un po' ci assomigliamo: come lui, anch'io ho deciso di fare l'impiegato, oltre all'artista. Sono scelte della vita! Lo so, ma Peppino non ha mai ammesso,

Un'altro quadro di Giuseppe ToscaniUn altro quadro di Giuseppe Toscani

almeno con me, di avere rimorsi a riguardo. Il mio unico rammarico è di non essere riuscito a farlo uscire tanto negli ultimi anni: "da quando è morta la Lina (la moglie n.d.r.) si è chiuso in se stesso; anche quando sono andato a trovarlo all'ospedale prima che morisse, si vedeva che non aveva più voglia di vivere". Pietro lo ricorda con le parole pronunciate durante i funerali: "ci siamo conosciuti e per cinquanta anni siamo sempre rimasti amici, con la complicità dell'amore per l'arte. Il rispetto e il bene che ci volevamo rimarrà indelebile nel mio cuore". A questo Scampini aggiunge inoltre: "Mi ha dato tanto e mi ha sempre spinto a fare l'artista, anzi era orgoglioso di me perché sono riuscito a fare della scultura una professione, a differenza sua che si è pentito di non essere diventato pittore professionista. Della sua arte penso che sia stato influenzato tanto dagli artisti della sua generazione, per esempio Morlotti o Guerreschi, ma indipendentemente da questo ci ha messo tanto del suo. Il mio rammarico ora è che delle diverse opere che ha in casa non se ne faccia nulla nessuno: potrebbero rimanere dimenticate nel cassetto".

Parlare con i se, i ma, i forse, i però è tardi, i giochi sono fatti, il nostro augurio ora è che da lassù tu possa scegliere di essere finalmente te stesso: artista! E solo dopo, magari, anche ex-bancario.