Ritratto di Arturo FerrarinRitratto di Arturo Ferrarin

La stima degli allievi – "Lucio Fontana, come il sottoscritto suo allievo, aveva scatti furiosi per la sufficienza verso il maestro di chi copriva con un manto di arie il proprio inefficiente mestiere". Così Fausto Melotti, citato da Chiara Gatti in catalogo nel suo incisivo testo dedicato all'opera grafica di Wildt, ricorda la stima riconoscente provata da lui e da Lucio Fontana verso il suo maestro d'arte e di etica professionale:  Adolfo Wildt, appunto.

Il maestro
– Eccolo, il maestro. Presentato nelle sale del Museo Bodini di Gemonio, per una mostra che, crediamo, verrà ricordata a lungo per la rarità delle presenze dell'artista, per la concentrazione emotiva che le opere esplicitano e richiedono, per l'opportunità di vedere da vicino l'arte sublime, raffinata, di un capofila, termine spesso abusato, mai come in questo caso storicamente giustificato, dell'arte italiana del Novecento.

Magnificenza civile – C'è in quel ricordo di Melotti molto, ma molto di più di quanto non appaia. Una stretta linea di continuità tra le migliori espressioni di libertà incondizionata dell'arte italiana, scevra di imposizioni e da snobismi accademici. C'è soprattutto, il senso vero di quell'attitudine che ha fatto grande la nostra tradizione: partire dal mestiere, nobilitandone gli aspetti più tradizionali, più antichi, più conformi ad un sapere che era regola aurea. Sopratutto in un rapporto totale con il proprio operare sia nella nozione di opera d'arte 'alta' che di attività creativa 'artigianale': "la vocazione dell'artefice", scrive il curatore Daniele  Astrologo, dimostrando che artigiano e artista camminano insieme. "Una sensibilità creativa totale – scrive ancora Astrologo – estranea agli ordini gerarchici imposti", che ha in Fontana e in Melotti degni continuatori. E che, potremmo aggiungere, dalle nostre parti, anche se con esiti di minor rivoluzione formale, il nostro Ludovico Pogliaghi condivise per tutta la sua esistenza. In nome, per tutti loro, di una idea alta di cultura e di arte come luogo buono, momento di crescità della comunità, non solo come espressione di sé.

La madreLa madre

Per exempla – La mostra non esplora tutte le pieghe di Adolfo Wildt. Ma ne lumeggia potenzialità e campi percorsi. Dal marmo infinitamente polito, atemporale, intellettualistico frutto di esarcebati studi e applicazioni giovanili che lo preservarono sempre da derive scapigliate impressioniste, alle prove grafiche per le quali è ugualmente annoverabile tra i maestri al pari dei coevi  riferimenti internazionali. Bastino, per restare nelle produzioni marmoree, alcuni esempi in mostra: la celeberrima Maschera del dolore, o Autoritratto del 1909, l'opera con cui esce da una crisi creativa durata tre anni; o la Testa della madre, del 1922, o ancora il ritratto scavato di Arturo Ferrarin, fulgido esempio di quell'estetica del vuoto che si fa scultura, del marmo intagliato dal di dentro, con la scelta azzardata e geniale di rivestire l'interno di un fondo d'oro, come una basilica bizantina.

Puro follePuro folle

L'Europa e l'ufficialità italiana – Si è detto che una possibile deduzione di questo espressionismo acceso, dell'esasperazione del chiaroscuro, derivasse dai primi studi, in fotografia, dei classici antichi. Vero; ma anche da una sensibilità e da frequentazioni che già in tempi giovanili lo portano ad essere riconosciuto in ambito mitteleuropeo che non in patria. Il suo primo mercante mecenate fu Franz Rose, tedesco. A questo clima è ancor più evidente l'imparentamento nell'opera grafica delle sue linee gentili, preziose, a volte estenuate, di difficile asilo in Italia. Ottenne una cattedra a Brera solo nel 1926, a quasi sessant'anni e dopo aver insegnato a lungo gratuitamente nella celebre Scuola del Marmo. Entra per così dire nell'ufficialità grazie alla lungimiranza di Margherita Sarfatti che ne colse l'intensità, la potenza e la cultura del lavoro. Lo coinvolse nel progetto de Il Novecento, gli commissionò il Ritratto di Mussolini, contribuì alla sua nomina ad Accademico di Italia. Fino alla delusione finale: il monumentale gesso, di sei metri, realizzato per il Puro Folle (Parsifal), presentato alla Quadriennale di Roma del 1931, non degnato nemmeno da uno sguardo dal Duce.

Gli amici veri – Una mostra complessa. Per la difficoltà a reperire i pezzi, soprattutto. Ma una mostra che guarda con intensità al passato e con fiducia al futuro. "Che ha fatto crescere la stima di questo museo presso i critici, gli storici dell'arte, la comunità culturale" ha dichiarato Costante Portatadino, presidente degli Amici del Museo Bodini, sempre più convinto sostenitore della linea individuata dal direttore artistico Daniele Astrologo. "Vogliamo – è la conclusione dell'ex onorevole –  che  questa istituzione venga riconosciuta non solo nella nostra piccola comunità ma nell'intero contesto italiano come un luogo di interpretazione della realtà contemporanea. Dove lo studio dell'arte serva a conoscere l'uomo del passato e quello del presente e inevitabilmente quello del futuro". Averne di amici di questo tipo.

Adolfo Wildt. Un protagonista della scultura tra Otto e Novecento
Museo Civico Floriano Bodini, via Marsala 11
a cura di Daniele Astrologo
14 luglio – 28 ottobre
orari: venerdì, sabato e domenica: 10.30-12.30; 15-18.30;
ingresso: € 4 intero; € 2 ridotto
info: 0332-604276
info@comune.gemonio.va.it
www.comune.gemonio.va.it