Luciano Giaccari (Studio 970 2), Set riprese video Luciano FabroLuciano Giaccari (Studio 970 2), Set riprese video
Luciano Fabro, 1972, still da video

Una mostra che non ha tardato a far parlare di sé, una rassegna tanto problematica quanto limitata. Stiamo parlando di: "Addio Anni ‘70" aperta a Palazzo Reale di Milano, ancora fino al 2 settembre.
E, dal percorso della rassegna e dalla visita alla sala dedicata alla Videoteca Giaccari, sono scaturite alcune brevi note che vi proponiamo di seguito, riguardo la genesi e le regioni di ciò che oggi siamo soliti chiamare: Process Art, Happening, Fluxus e Performing Art.

Tre i punti fondamentali che condividiamo insieme con voi: la Video Arte è nata – con un'accelerazione mai vista prima d'allora – dall'abbattimento degli steccati tra le varie espressioni creative; lo statuto della figura dell'artista e dell'opera d'arte si trasformano irreversibilmente; la produzione degli autori, a partire dagli anni '50, si commisura con la tecnologia.

Gli steccati che vengon giù – Di "azioni" artistiche, di commistioni con la scena teatrale, di sferzate con e contro il "pubblico pagante" è pieno l'orizzonte artistico del XX secolo, a partire dalle serate futuriste o dadaiste, per arrivare ai balletti del Bauhaus o ai concerti parassurealisti di Erik Satie, ma è solo con gli anni Cinquanta che si tenta di trasformare queste manifestazioni da collaterali a centrali per l'espressione artistica.
Danza, musica e teatro sono i punti di partenza dell'arte della performance, e molti degli autori sono concordi nell'indicare in John Cage e in Merce Cunningham due riferimenti essenziali per tutto quello che poi verrà chiamato Happening e Fluxus.
E tra gli insegnamenti dello stesso Cage è divenuta celebre la frase: "L'arte non dovrebbe essere qualcosa di differente dalla vita, ma un'azione dentro la vita. Come tutto nella vita, con i suoi incidenti e possibilità e varietà e disordine e solo qualche aspetto di bellezza momentanea".

"Ci troviamo in un territorio liminare – spiega Luciano Giaccari – un suolo di confine, tra discipline e linguaggi che intenzionalmente tendono a mescolarsi, e che quasi per una sorta di loro statuto libertario cercano di cancellare ogni idea di limite. L'esperienza artistica, in tal modo, si è allargata, modificata, ampliata in varie direzioni".

Io, ovvero l'artista – D'altra parte è vero che, sin dagli inizi del XX secolo, la figura dell'artista assume sempre più importanza anche e soprattutto per la definizione del concetto di opera d'arte: il suo ruolo come manufatto, come oggetto, diminuisce in modo direttamente

Visita guidata alla Sala dedicata alla Videoteca GiaccariVisita guidata alla Sala dedicata alla
Videoteca Giaccari

proporzionale al crescere del ruolo dell'artista. E se nella tradizione passata la presenza dell'opera testimoniava della presenza dell'artista "a monte" di se stessa, ora l'artista esiste al di là di una presenza tangibile. Dunque, nessun feticcio, nessuna cosa "oggettivata": l'opera come oggetto viene quasi bandita.
Process Art, Happening, Fluxus e Performing Art hanno a che fare con un'azione fisica del soggetto non finalizzata necessariamente alla produzione di un'opera o di un oggetto.
Questo duplice aspetto – l'artista come soggetto e opera al tempo stesso, e l'azione dell'artista come catalizzatrice delle energie del pubblico – è alla base di una serie di esperienze artistiche che possono essere raccolte sotto il nome generico di performance.

La stessa parola Happening ha a che fare anche con il caso: significa "qualcosa di spontaneo, qualcosa che accade tanto per accadere". E sono stati proprio i luoghi non deputati all'arte, come cortili di alberghi, piazze e strade a riempirsi di happenings. E tanto per questi ultimi, quanto per Fluxus (tuttora attivo, è un movimento senza confini definiti esattamente come il suo nome: "flusso", scorrimento che organizza concerti, incontri, film e video), è chiara la vicinanza con certe espressioni del teatro e della danza moderni.

La tecnologia e l'arte – "L'irruzione sulla scena artistica dei nuovi media – spiega Luciano Giaccari – non ha cancellato l'artista ma lo ha costretto a interrogarsi sul proprio ruolo e sul linguaggio dell'arte, e quindi anche sui mezzi di comunicazione".
Il video viene utilizzato come mezzo diffuso, immediato, individuale, veloce e personale, una sorta di "via

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maestra" per la presa di coscienza di sé, del proprio spazio, tempo e corpo.
Nam June Paik, coreano trasferitosi a New York, è il primo artista che ha indagato a fondo le relazioni tra il linguaggio dell'arte e il linguaggio della televisione, prima ancora che questo si precisasse in quella che è stata definita Video Arte.
Sempre in bilico tra intangibilità e desiderio di memoria e di documentazione, il video si presenta come "mezzo fedele", in grado di rivelare la realtà senza mediazioni.
Eppure, dall'altro lato, maturano le fascinazioni per le possibilità di falsare la realtà nel montaggio o nell'elaborazione elettronica.

E sono proprio il corpo e il fattore tempo a svelarsi senza mezze misure nel video, sostanzialmente attraverso due procedimenti: lo sfasamento e la ripetizione.
Lo straniamento prodotto dal video è qualcosa di immediato, di intuitivo e fisico:
ci si riconosce nel monitor, si riconoscono i propri gesti, ma lo sfasamento temporale fa in modo che tutto appaia come in uno specchio che restituisce sì le immagini, ma con quell'inquietante ritardo che costringe a ripensare a tutto ciò che è appena stato fatto, e che non possiede i caratteri dell'eccezionalità, se non per il ritardo con cui è restituito. In questo modo, si prende coscienza del valore di gesti, attitudini, movimenti, ponendo l'accento sulla straordinaria carica di novità che la riconsiderazione di gesti quotidiani porta con sé.

Allo stesso modo, la ripetizione esasperata dello stesso gesto, la lentezza con cui si procede, la semplicità del processo visivo costringono all'attenzione quasi ipnotica sullo stesso soggetto: nulla è concesso alla distrazione dell'occhio e della mente, perché non c'è nessun elemento in campo che possa far presupporre un diversivo.

Le ricerche incominciate negli anni '70 hanno avuto conseguenze che possiamo vedere ancora oggi nelle realizzazioni montate in digitale, nei video di Peter Campus, Bill Viola, Fabrizio Plessi, Pipilotti Rist. Ma questa, ormai, è cronaca.