Un'opera di Giacomo VanettiUn'opera di Giacomo Vanetti

Non chiamatelo fotografo. Sul suo biglietto da visita troverete scritto "Giacomo Vanetti, fotografia". Si definisce più artista che fotografo, perchè per lui la pellicola è solo un mezzo di espressione, il mezzo a lui più congeniale per dare significato e forma ai suoi pensieri e per raccontare le sue verità. Scelto per riaprire i battenti al MIDeC di Cerro di Laveno Mombello, che ora può vantare il riconoscimento di Regione Lombardia come Museo a tutti gli effetti, il lavoro di Giacomo Vanetti inizia intorno al 2003 e si va a comporre e definire nel corso degli anni: un lungo percorso che si è andato focalizzando passo dopo passo, e che dal 7 marzo sarà, finalmente, mostrato al pubblico.

Che cosa potremo ammirare nella mostra?
"L'esposizione si intitola "L'ultima trasparenza. Memorie della fabbrica trovata" ed è composta da 13 opere formate da alcune fotografie stampate su pagine di registri dell'ex fabbrica dove venivano riportati i valori della temperatura dei forni, con a margine (solo in alcuni casi) alcune annotazioni. Inoltre, in mostra ci sarà anche una bacheca di un metro per un metro e mezzo, nella quale sono raccolte 40 radiografie polmonari dei lavoratori e 40 cartelle cliniche (anche in questo caso, una sovrapposta all'altra)".  

Come nasce l'idea di questa mostra?
"La fabbrica di ceramica di Richard Ginori a Laveno Mombello mi ha sempre affascinato fin da quando ero bambino e mia nonna abitava proprio sopra alla struttura" racconta Vanetti. "Intorno al 1997 ho iniziato a fare fotografie e, fin da subito, ho avuto il desiderio di ritrarre l'ex Ceramica di Laveno, proprio perchè ne ho sempre subìto il fascino. Tra il 2003 e il 2004 nei locali della fabbrica ho ritrovato dei vecchi registri ingialliti dal tempo. Un vero patrimonio per la storia locale, per una memoria collettiva che, attraverso le mie opere, oggi riesce a rivivere. Recenti, invece, sono le fotografie scattate nello spazio abbandonato, un tempo animato dai lavoratori che non si fermavano nemmeno un giorno all'anno. In questo lungo periodo, intanto, l'idea ha preso forma: ho deciso di sovrapporre alle pagine dei registri, le immagini della struttura nella decadenza e nell'isolamento dell'abbandono, rendendo in un'unica opera la doppia anima della ceramica: quella del passato (attiva, funzionale ed ordinata, fatta di numeri e tabelle sui registri dell'epoca) e quella caotica e disordinata dell'abbandono dei giorni nostri."  

Un'opera di Giacomo VanettiUn'opera di Giacomo Vanetti

E' la prima volta che stampi su materiali che non sono fotografici? –  "Ho sempre avuto un approccio "maneggione" alla fotografia e non è la prima volta che stampo su materiali diversi dalla carta fotografica, o che uso tecniche diverse in una stessa opera. In questo caso specifico, per esempio, la carta dei registri da cui emergono le immagini dell'ex museo è funzionale ed è parte stessa dell'opera che recupera la memoria del passato e la sovrappone allo stato attuale che contrasta l'attività e la composta freddezza dell'organizzazione del lavoro negli anni passati. Per dirla tutta, forse è proprio dall'oggetto (il registro) che nasce la necessità e la voglia di stampare e non viceversa, quindi in questo caso nasce prima l'oggetto (il suo ritrovamento) e poi la necessità e la voglia di fotografare."

Consideri un onore riaprire il Museo di Cerro con i tuoi lavori?  
"Per dir la verità, poco importa se a Cerro il MIDeC riapra con la mia esposizione o con quella di qualcun'altro. Quello che davvero mi interessava era esporre questi lavori proprio a "casa loro". La mostra era pensata appositamente perchè i lavenesi potessero visitarla, per riportare parte della memoria collettiva legata ad un luogo, proprio qui dove la memoria ha avuto le sue origini, dove è nata e si è svolta questa storia. Sono felice di esserci riuscito: questa mostra è nel suo luogo ideale, qui doveva essere e ho raggiunto il mio obiettivo, grazie all'ok di Emma Zanella."