Palazzo Roverella a RovigoPalazzo Roverella a Rovigo

É bello, ora che le giornate si fanno lunghe e prima che la calura diventi opprimente, lasciare le nostre città e girare per l'Italia, non solo a scoprire nuove bellezze naturali o artistiche, ma anche per vedere e condividere qualche avvenimento culturale frutto di serio studio e di non lieve impegno. Per questo mi piace suggerire qui un percorso del Divisionismo, da Tortona e Volpedo fino a Rovigo, per riempirsi gli occhi di quella luce e la mente di tanti suoi valori.

Incominciamo subito da Rovigo dove, fino al 24 giugno, resta aperta in Palazzo Roverella la mostra Il divisionismo. La luce del moderno. Qui, a cura di Francesca Cagianelli e Dario Matteoni, é stato riunito un congruo numero di opere che di questo movimento offre un'immagine sfaccettata, non limitata ai protagonisti ed ai loro celebrati capolavori, ma aperta anche a dignitosissimi comprimari che in taluni casi prolungarono quel modo di dipingere fino alle soglie degli anni Venti.

Certo in molti di loro non c'é più la spinta propulsiva ed esaltante che aveva animato all'inizio, nell'ultimo decennio dell'Ottocento, i capiscuola così che i soggetti, trascurando istanze sociali o simbolismi, si assestarono piuttosto su ampi e tranquilli paesaggi, borghesi villeggiature e svagatezze alla moda. Molto di tutto questo si vede appunto nella rassegna di Rovigo che, grazie all'arrivo di opere eccezionalmente prestate da

C. Innocenti, Le villeggiantiC. Innocenti, Le villeggianti

gelosissimi collezionisti, permette di intendere quanto il divisionismo sia stato più diffuso, e amato, più di quel che si pensava e come esso abbia percorso tanti anni cruciali della storia d'Italia ritrovandosi nei momenti lieti o in quelli drammatici sull'onda dei giorni.

Se a Rovigo fra poco tutte le opere lasceranno le sale di palazzo Roverella, a Tortona invece i quadri resteranno per sempre nel palazzetto medioevale scelto a sede della Pinacoteca voluta dalla Fondazione della locale Cassa di Risparmio. Il nume tutelare qui non poteva che essere Giuseppe Pellizza rappresentato da ben ventisette opere, per la verità non tutte divisioniste; tuttavia l'intento di coloro che si sono impegnati in questo progetto museale non é stato agiografico; piuttosto si é scelto di creare un percorso capace di far intendere tutto lo svolgersi, articolato e complesso, del divisionismo, partendo dagli antefatti della Scapigliatura fino a giungere a qualche sprazzo del futurismo in nascere.

Ormai i "capolavori" divisionisti sono tutti in altri musei o nelle collezioni dei nuovi miliardari e dunque a Tortona non si deve andare a cercarli, anche se pezzi di alta qualità non mancano affatto, a cominciare dalla Processione di Pellizza (in comodato con altre opere dal Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano) addirittura poggiata sul suo cavalletto originario scolpito da Ettore Zaccari. A Tortona poi quel che vale é il modo con cui é stata concepita la raccolta, destinata di certo ad ampliarsi, é l'impegno a fare un'operazione culturale, frutto di studio e di ricerca assidui; il successo non sarà magari immediato, ma di sicuro giungerà.

Per intanto conviene andare ad ammirare in santa pace quel che finora é stato riunito, da Piazza Caricamento di Plinio Nomellini (già nella collezione del musicista Pietro Mascagni), un quadro denso di proposte, sia di tecnica,

P. Nomellini, Piazza CaricamentoP. Nomellini, Piazza Caricamento

con la pennellata che da impressionista va facendosi divisionista, sia di significati: verso di noi, quasi a coinvolgerci, i due camalli; più lontano due distinti signori leggono e commentano con interessata attenzione un giornale, fino a Il sole del tortonese Angelo Barabino, artista che in anni tardi palesa ancora un certo simbolismo avvalorato dalla tecnica divisionista.

Guidati dal catalogo pubblicato in bella veste da Skira, si indugia volentieri non solo davanti a testimonianze di Grubicy, Segantini, Pellizza, Morbelli, Nomellini e Balla, ma anche di artisti non sempre considerati nelle grandi mostre dedicate al divisionismo. E allora ecco il pastello Lagrime di Mentessi, dove lo strazio dell'addio non é negli sguardi ma in quei polsi stretti dalle manette serrate da un lustro lucchetto, e poi paesaggi – tanti – di Adriano Baracchini Caputi, Benvenuto Benvenuti, Llewelyn Lloyd, Guglielmo Amedeo Lori e Serafino Macchiati che hanno atteso tanto tempo prima di una meritoria rivalutazione.

Il giro del divisionismo può concludersi non lontano da Tortona, a Volpedo, ancora avvolta dal silenzio arcano di quando Pellizza dipinse Il quarto stato: nell'antico palazzetto del Terraglio, accanto ad un'analitica mostra didattica, un video ricostruisce la lunga gestazione di quest'opera così mal disposta nel Museo del Novecento a Milano. A pochi passi lo studio del pittore, tornato all'aspetto originario grazie all'amorevole competenza di Aurora Scotti: dentro ci sono ancora i gessi che Pellizza copiava, tanti libri a testimoniare la vastità dei suoi interessi, veline preparatorie, i ritratti dei genitori illuminati dal vasto lucernario da dove la luce precipitava sulle tele a rendere i colori un pulviscolo immateriale e vibrante.