Ferrara – A uno tra gli artisti più originali del Novecento è dedicata la mostra allestita a Palazzo dei Diamanti. Antonio Ligabue (1899-1965) , il “pittore matto” capace, con una pennellata di colore, di emozionare e trasportare magicamente dentro al suo mondo genuino e visionario.
“Una vita d’artista”, questo il titolo dell’esposizione (ora chiusa sino al 3 dicembre come da DPCM ) documenta tutta l’attività dell’artista attraverso oltre cento opere, tra dipinti, sculture e disegni, alcune delle quali mai esposte. Il percorso si snoda attraverso i temi fondamentali della sua ricerca: dal diario intimo degli autoritratti ai paesaggi del cuore, alle nature morte; dai paesaggi agresti alle scene di caccia e alle tormente di neve, dagli animali selvaggi a quelli domestici.
Una sostanziosa e fondametale parte della sua produzione artistica è dedicata agli animali tanto che già nel 1928, lui stesso si definì il “Pittore di animali”. Questo tema accompagna i visitatori in una sorta di giungla, tra leoni, leopardi, gorilla, volpi, uccelli rapaci dipini dall’artista dopo averli studiati sui libri, visti al cinema o al circo. Alcuni sono ritratti in posizione statica, altri in azione, mentre si avventano sulle prede. In loro spesso si identificava al punto da assumere gli stessi atteggiamenti. Completano il bestiario  anche alcune sculture in bronzo. La bellezza della pittura di Ligabue non è solo concentrata sulla rappresentazione degli animali ma anche sulla  ritrattistica, tematica con cui l’artista inizia la sua storia pittorica e che la mostra valorizza.
L’ingenuità di fondo nella sua pittura diventa un’intima e inconsapevole poetica che caratterizza i dipinti. Ogni soggetto rappresentato pare una scoperta carica di stupore dove spesso un crescendo di violenza cromatica ne esaltata la scena. I colori infatti e il tratto pesante dei contorni, rivelano quella vena inquieta che ha caratterizzato la vita di Ligabue, il suo carattere, la sua mente e il suo “diverso” vedere: forze naturali, pure e istintive del suo genio.
Nato a Zurigo, dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili Ligabue viene espulso dalla Svizzera e nel 1919 si stabilisce a Gualtieri, paese del padre adottivo, in provincia di Reggio Emilia. Anche qui lo aspetta una vita non facile, segnata da ostilità, incomprensioni e ripetuti ricoveri negli ospedali psichiatrici. Ligabue resiste, trovando nella pittura quel “luogo sicuro” che non ha mai avuto. Dipingere e scolpire diventano il mezzo per dar voce ai suoi pensieri.
La mostra è dedicata a Franco Maria Ricci, editore e collezionista da poco scomparso che nel 1967 pubblicò la prima monografia su Ligabue, di Cesare Zavattini, subito riconosciuta come un capolavoro editoriale.
L’esposizione in calendario sino al 5 aprile 2021, alla riapertura sarà visitabile nei segunti orari: tutti i giorni 10.30 – 19.30.

E.Farioli