La riapertura della Casa Museo Pogliaghi segna un momento significativo: finalmente dopo anni di oblio un patrimonio artistico e culturale così ampio viene riaperto al pubblico. Ci può spiegare quali sono stati i passi compiuti in questi anni, quali gli interventi più significativi e chi si è speso in prima persona?
Il progetto di restauro e adeguamento della Casa Museo e delle proprietà attigue, prese corpo attorno all'anno 2000. L'intenzione era di realizzare una struttura complessa, composta dalla somma degli edifici esistenti interconnessi da opportuni collegamenti, secondo un progetto che fu autorizzato nel tempo dalle competenti Soprintendenze. Grazie a finanziamenti di Fondazione Cariplo, Provincia di Varese e Regione Lombardia, fu possibile procedere alla realizzazione di una prima parte del progetto, che trovò conclusione nel 2008 con l'apertura del Rustico, destinato a ospitare parte delle collezioni nel frattempo restaurate. Il Rustico fu il primo edificio ristrutturato perché s'intendeva collocare qui quanto contenuto nella villa durante i previsti lavori. Nello stesso tempo furono condotti restauri anche sulla villa, con particolare riferimento ad esempio alle facciate. Purtroppo non fu possibile trovare gli ingenti finanziamenti necessari a completare i lavori. Non ritenendo utile attendere oltre la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, su cui comunque grava la manutenzione ordinaria delle strutture e il loro corrente mantenimento, ritenne opportuno, lo scorso anno, modificare l'orientamento iniziale. Si decise di mantenere separati i diversi edifici, valutando l'ipotesi di procedere alla riapertura della Casa Museo seguendo l'impianto già esistente, procedendo per gradi. Attorno a questo progetto, certamente meno costoso nel suo avvio, si sono stabilite opportune sinergie e grazie all'intervento di Regione Lombardia è stato possibile puntare decisamente alla riapertura del piano nobile della Villa.

Quali furono i motivi per cui si decise la chiusura del museo, ormai vent'anni fa?
Vent'anni sono un tempo molto lungo. In queste istituzioni le persone ruotano con una certa frequenza, non ho memorie storiche o documenti in merito. Francamente non mi sono mai preoccupato dell'argomento, il mio problema e il mio compito sono diametralmente opposti: stanti le condizioni attuali della proprietà riportare al pubblico il museo.


Le porte sono finalmente spalancate, ma ancora c'è da fare. Quali sono i prossimi punti in agenda?
Le prime attività riguarderanno con ogni probabilità il riallestimento del Rustico. Diverse opere sono state ricollocate nella Casa Museo. Probabilmente saranno esposte alcune tavolette da soffitto dipinte, riferibili alla scuola di Bonifacio Bembo (1445-1450), ora parte di una mostra temporanea presso l'Ambrosiana e una serie di sette oreficerie liturgiche, appena rientrate da un restauro eseguito presso la Venaria Reale.

Con quali criteri, quali metri di giudizio si sono condotti i lavori di progettazione? Trovarsi a gestire una "casa museo" non dev'essere semplice, comporta senz'altro una cautela particolare. 
Concordo sulla particolare cautela. Come già anticipato si è ritenuto opportuno non modificare l'assetto interno della Casa. Sono stati introdotti solo alcuni elementi valutati indispensabili dalle Soprintendenze al fine della tutela degli ambienti. Cito a titolo d'esempio la bussola d'ingresso a protezione della sala detta della Madonna, progettata esclusivamente in vetro per ridurne l'impatto visivo. Altre opere hanno riguardato il controllo integrale degli impianti e piccoli lavori di manutenzione di varia natura. I rimanenti interventi hanno interessato il giardino.

Per quanto riguarda l'allestimento come si è operato? Ci sono stati interventi anche strutturali? Saranno visitabili in futuro anche altre sale della casa?
I ripiani in pietra del percorso d'accesso da Via delle Cappelle erano un tempo dotati di strutture di presidio. Si trattava di rompitratta realizzati in legno, oggi inutilizzabili. Si è ritenuto opportuno sostituirli con elementi di acciaio. Queste sono state sostanzialmente le uniche opere strutturali. Tecnicamente parlando qualcosa d'irrilevante. Per quanto riguarda l'allestimento si è pensato di avvicinare l'organizzazione della Casa a quanto lasciato da Pogliaghi nel 1950. Le scelte sono state orientate con riferimento a relazioni descrittive scritte in epoche diverse da Ottavio Alberti e Ludovico Ragghianti. Ci si è poi appoggiati alla documentazione fotografica su lastra esistente presso il museo. In questa fase si è preferito non eccedere nella disposizione stratificata di opere all'interno delle sale, sia per esigenze normative sia per la necessità di verificare la possibilità di un corretto godimento da parte del pubblico. In tal senso sarà necessario un periodo di verifica. Per il momento non mi è possibile dire con certezza quale via sarà scelta in futuro per rendere visitabili altri ambienti. Ne discuteremo con le Soprintendenze, certo occorrerà tenere presente le esigenze di stoccaggio della grande quantità di materiale in deposito. Occorre poi osservare che gli ambienti privati, in particolare quelli del piano superiore, presentano svariati problemi alla fruizione da parte del grande pubblico, soprattutto per le loro dimensioni. In ogni caso, su tutto, si dovrà considerare l'aspetto economico e il rapporto costi – benefici di un'eventuale apertura.


Sappiamo che nei depositi si conservano altre opere della collezione, verranno anch'esse allestite?
I restauri continuano in funzione delle disponibilità dirette o offerte da sponsor. Come già anticipato in precedenza, le opere restaurate si aggiungono alle esposte. Questa linea era già stata scelta in passato e continuerà a essere seguita.

Quali sono stati i restauri più significativi alle opere presenti, in vista di questa apertura?
L'apertura non ha comportato una campagna estesa di restauro. Molte opere erano già state restaurate in anni trascorsi e pochi sono stati gli interventi eseguiti dai restauratori, superiori alla mera pulitura. In particolare dobbiamo ringraziare la Soprintendenza per i Beni Archeologici e la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici, presenti con i propri funzionari e restauratori. Infatti le operazioni di verifica e di intervento sono state seguite direttamente dalle Soprintendenze competenti.

La casa, con le sue stanze e i suoi arredi, racconta il gusto del suo ideatore, Lodovico Pogliaghi. Una figura però spesso tralasciata negli studi storico artistici. Ci può dire in pochi punti perché invece è importante?
In questi anni non ho ancora avuto occasione d'incontrare una persona che entrando nella Casa Museo non se ne sia sentita attratta, il commento più usuale è "incredibile". Perché? Lodovico Pogliaghi fu uno degli artisti più noti del suo tempo, eppure accantonato perché non appartenente alle avanguardie. Non fu un innovatore come nel tempo accadde a Giotto, Masaccio o Caravaggio. Non fu colui che imprime un passo nuovo. Perché allora "incredibile"? A mio giudizio per il motivo opposto. L'estesa conoscenza dell'arte di ogni tempo, appartenente anche a popoli diversi, ha consentito a Pogliaghi una nuova reinterpretazione di ciò che appartiene alla storia, in un turbine di richiami e assonanze. Ogni sua opera è un libro aperto di complessa lettura, il fascino del particolare che ritroviamo nella sua dimora e merita studi specifici che continueranno anche dopo l'apertura del museo.

In tempi come i nostri, dove i problemi culturali vengono molto spesso accantonati, minimizzati o posticipati, l'apertura di un centro così importante come casa Pogliaghi lascia ben sperare. Gettando uno sguardo a volo d'uccello sulla Provincia -anche in vista di expo 2015- quali misure crede si debbano adottare a livello culturale per arrivare preparati a questo grande evento internazionale?
La Provincia di Varese è straordinariamente ricca dal punto di vista culturale. Certo può essere utile migliorare i luoghi, uso un termine eccessivo, lucidare l'argenteria. Quello però che maggiormente serve, a mio giudizio, è costruire rapidamente una rete solida tra i luoghi d'interesse culturale e ad essa affiancare una altrettanto solida rete di operatori in grado di soddisfare le esigenze di chi è interessato alla cultura ma desidera essere ricevuto in modo adeguato e cortese.

Riguardo invece la realtà del Sacro Monte, a parer suo quali sono i punti nevralgici che meriterebbero attenzione e studio per una maggiore valorizzazione?
Certamente l'accessibilità, una promozione programmata e come già dicevo una maggiore sinergia tra i diversi attori. Tralascio problemi più complessi come quelli legati alla residenzialità.