Patera di parabiagoPatera di parabiago

Parabiago 1907 – Come nella migliore tradizione, durante lavori edili, venne alla luce una sepoltura, della tipologia dell'anfora segata. Si tratta cioè di una anfora, a cui è segata parte del collo, dove vengono collocati i resti del defunto. In questo caso, l'anfora era chiusa da un piatto d'argento, dal diametro di 39 cm e dal peso di 4 kg.

Parabiago, centro romano sull'Olona – Le ricerche archeologiche a Parabiago si sono susseguite dall'Ottocento ad oggi, grazie agli scavi intrapresi dall'ingegner Guido Sutermeister. Sono soprattutto le necropoli a fornire informazioni sull'antico abitato. Una importante è quella emersa nella seconda metà del Novecento, nella frazione di S.Lorenzo. Lo studio dei corredi ha permesso di vedere in Parabiago una località di una certa importanza, mediamente benestante, con alcuni reperti di elevata qualità. Le fonti epigrafiche danno testimonianza di famiglie di rilievo, come gli Atilii, e di cariche politiche, come i curatores, cioè gli amministratori di cassa di qualche associazione.

Una vera opera d'arte – 
La patera è finemente decorata da scene mitologiche: il tema della decorazione è il trionfo della dea Cibele, inserita nella volta del cielo, alla presenza degli astri.
Al centro è rappresentata la dea, seduta su un carro

Statua della dea Cibele da Formia, I secolo a.C.Statua della dea Cibele da
Formia, I secolo a.C.

trainato da leoni e scortata dai suoi sacerdoti, i Coribanti, armati di scudi e pugnali. Accanto a lei, Attis, il compagno.
Riempiono la scena altre figure mitologiche. Davanti al carro compare il busto di Atlante, che regge l'ellisse dello zodiaco, al cui interno è raffigurato Aion, il tempo eterno, con i suoi simboli, il grillo e la lucertola.

Dall'alto al basso – In alto, nel piatto, guida una prima quadriga Selene, la luna, mentre avanza su una seconda quadriga Helios, il sole; in basso si trovano divinità legate all'acqua e alla terra. Due ninfe, con brocca, canna palustre e fiori, simboleggiano le acque dolci; compare la dea Tellus, la terra, accompagnata da due putti. Più in basso chiudono la composizione Oceano e Teti, che emergono dal mare.

Ma chi è Cibele?
Cibele, conosciuta anche come Grande madre, è una dea orientale, il cui culto ha origine nel Vicino Oriente, addirittura dal II millennio a.C., presso Assiri e Ittiti. Nel VII secolo il culto fu accolto dai Greci, che in quel secolo diedero il via alla colonizzazione dell'Asia Minore. Furono proprio loro ad attribuire il nome Cibele alla dea, modificandone le caratteristiche e l'aspetto. La dea era considerata la personificazione della natura, la signora degli animali e per questo è spesso raffigurata seduta in trono, mentre regge fra le mani un tamburo e una coppa.

E Attis?
Il mondo greco crea alcuni racconti che vedono come protagonista la dea, e, fra questi, uno riguarda il suo amore con Attis. Questi, però le preferisce una ninfa e la dea, per punirlo, lo rende folle, al punto tale che il

Statua di Cibele, da NiceaStatua di Cibele, da Nicea

giovane si priva dei genitali e muore dissanguato.
Cibele, pentita, lo riporta in vita.

Cibele a Roma – Nel mondo romano il culto di Cibele entrò durante le guerre puniche, nel momento critico in cui Annibale combatteva in Italia (218 a.C.): la situazione complicata spingeva infatti la popolazione impaurita a d abbracciare culti misterici che promettevano una vita migliore. Il senato romano, solitamente sospettoso nei confronti di nuove religioni, accettò il fatto e nel 204 addirittura giunse a Roma un simulacro della dea, direttamente dall'Anatolia. Cibele ottenne un posto di grande rilievo in città, nel santuario della Vittoria sul Palatino. Il culto ebbe grande fortuna soprattutto dalla metà del II secolo d.C, presso le classi sociali più elevate e ancora nel IV secolo l'imperatore Giuliano le dedicò un componimento poetico.

E a Milano?
Diverse iscrizioni milanesi ricordano l'esistenza di sacerdoti, di custodi del tempio e di associazioni di addetti al rito. Fra questi, c'erano i dendrofori, associazione professionale, che riuniva gli artigiani del legno, ma pure religiosa, perché ogni anno forniva il pino sacro da usare durante le feste della dea.

Ancora dubbi – 
Dopo oltre cento anni dalla scoperta, rimane ancora aperto un punto fondamentale riguardo alla patera, ovvero la cronologia. Infatti la maggior parte degli studiosi data questo splendido oggetto alla metà del IV secolo, periodo difficile per il mondo romano: erano i secoli delle invasioni, il cristianesimo si era imposto come religione di stato e la nobiltà romana tentava di difendersi dal Cristianesimo ritornando agli antichi culti.

Una nuova lettura – 
Dallo studio del contesto di ritrovamento della patera, ovvero l'anfora con il corredo al suo interno, emerge che si tratta di una tipologia che, lungo il medio corso dell'Olona, ricorre frequentemente fra I secolo a.C. e II secolo d.C. Inoltre il luogo del ritrovamento non è troppo lontano da una necropoli di Parabiago datata in quell'arco cronologico. L'immagine di Cibele su una quadriga, trainata dai leoni, è ricorrente nelle monete di II secolo. Tutti questi dati permettono di spostare la datazione a circa due secoli prima.
Il problema rimane aperto, tuttavia questo elemento non fa altro che accrescere il fascino di questo prezioso oggetto, unico nel suo genere, da apprezzare per la raffinatezza delle decorazioni. Un oggetto sacro, che, grazie alle sue immagini ben fatte diviene parlante e racconta di un culto nato lontano, in Asia, ma divenuto così vicino.