Chi sa quanti sanno che nelle ex serre di Villa Recalcati a Varese, sede della Provincia, si tengano delle mostre d’arte. Lo spazio è bianco, ristrutturato da alcuni anni ormai, a grandi vetrate. Ubicato nella zona ombrosa del parco ove sono state ricavate grotte ottocentesche, non proprio la “Domus Aurea”, ma fresche e in disuso oggi, domani chissà.

Tutta l’area soffre un po’ della presenza del Prefetto di Varese, non perché egli ami le passeggiate o le grottesche, ma per evidenti esigenze di sicurezza. Piero Chiara, scomparso or sono vent’anni, avrebbe preso l’abbrivio per qualche allusione ambigua delle sue, ma sarebbe contento dell’omaggio alla sua opera, alla sua vena, inscenato nelle Serre. E’ la prima volta che il Premio Chiara – divenuto maggiorenne – ricorre all’espressione artistica per omaggiare lo scrittore di Luino, non digiuno affatto di belle arti e anzi conoscitore e collezionista da par suo.

Si sa, ad esempio, della sua passione interessata per il Piccio, o delle frequentazioni con Guttuso. Nell’ assunto chiaresco “Vizi e Virtù” Luciana Schiroli – la curatrice della mostra – ha coinvolto sei artisti non tanto nativi di Varese ma orbitanti nella zona, in genere per lavoro (necessità), divenuto in tanti casi vocazione (virtù). Ecco una qualità della terra dei laghi, quella di stregare e legare a filo azzurro, verde, lilla, coloro che vi soggiornano.

Piero Chiara è un pretesto, certo, ma dai suoi testi così limpidi e godibili possono scaturire ispirazioni legate al gioco d’azzardo e a quello di Venere, senza grandi passioni ma con indulgenza verso l’esistenza degli uomini. Quest’ultima assomiglia più spesso a un lago, che non al grande mare. Nel primo ambiente delle Serre ci accoglie un paravento dipinto e decorato, opera di Emilie Scheffer, che interpreta efficacemente il mondo dello scrittore e anche lo spirito di questo omaggio: è un oggetto ambiguo per eccellenza, tipico della bisca o dell’albergo a ore, divenuto dittico incorniciato da frange, con le forme pittoriche del Lago Maggiore o di una donna procace sulla superficie, su cui fa capolino il volto di Chiara.

L’operazione di questa mostra è riuscita, nella misura in cui si è evitata la banale illustrazione del personaggio e ci si è affidati alle possibilità allusive dell’arte. Con proposte e linguaggi differenti, ciascun artista ha reagito al tema proposto, senza diventarne schiavo. I tre più carichi d’anni sono rimasti più aderenti e convincenti, le più giovani invece non potevano non avvertire estraneo l’universo di Chiara, affidandosi così piuttosto all’alibi dell’espressione.

La provincialità senza tempo, che nitida si specchia nelle pagine dello scrittore, appare forse oggi superata e datata. Ma i vizi e le virtù troveranno sempre buona messe di adepti e sacerdoti, così come l’arte contemporanea può trovare stimoli nella letteratura e nella memoria di una città e di un territorio. Il Premio Chiara ha una sua tradizione e un suo spazio, è riuscito negli anni a foggiarsi una bella identità. Questa piccola mostra è divertente, misurata e non pretenziosa. Piero Chiara – che NON E’ Erasmo da Rotterdam – sorriderebbe, “paesato”, scambiando dietro gli occhiali i vizi per virtù.

VIZI e VIRTU’
Sei artisti per Piero Chiara
Francesca Labita, Sabrina Pino, Stella Ranza, Gian Reverberi, Emilie Scheffer, Pietro Sormani
a cura di Luciana Schiroli
dal 27 maggio al 25 giugno 2006
orari: venerdì dalle 16 alle 17.30
sabato e domenica dalle 16 alle 18