Busto Arsizio -Il mosaico, una tecnica millenaria che da sempre affascina, ieri come oggi. Si rinnovano i materiali ma il gusto di assemblare frammenti e dare origine ad un composizione rimane lo stesso:  un processo creativo di grande impegno, capacità e tanta pazienza. Capace di sprigionare curiosità, soprattutto nei bambini conquistati dalla magia di quei “pezzettini” di colore che uno accanto all’altro compongono l’opera.

Così è stato anche per Antonella Rabolini mosaicista bustocca che sin  dall’infanzia ha coltivato questa passione.

“Da bambina cercavo sempre sassi particolari,  che consideravo come delle sculture naturali e che poi conservavo. Certo allora non pensavo che in un futuro potessero diventare protagonisti di alcuni miei lavori. Infatti, ho iniziato a dedicarmi al mosaico circa trent’anni fa partendo dalla decorazione di una scatola sulla quale ho sviluppato un semplice disegno geometrico. Essendo la prima esperienza ho  puntato, a livello compositivo, sul colore delle tessere in particolare sui contrasti e le gradazioni delle tonalità. Lavorando e facendo esperienza ho sviluppato poi dimensioni e spazi che per questa tecnica sono fondamentali”. Nascono così i primi grandi pannelli dedicati in particolare alle figure ispirate alle opere di Klimt.

” Non seguo la tecnica tradizionale che come si sa richiede l’impiego di cemento e rispetto dei tempi, ma colla e stucco che permettono di interrompere il lavoro e di riprenderlo anche successivamente. Dalle figure sono poi passata ai soggetti floreali in particolare guardando ai “girasoli” di Van Gogh con i quali ho potuto  sviluppare e approfondire la ricerca sul movimento dell’oggetto nello spazio”.

Negli anni si arricchisce la pratica e contemporaneamente nasce in Antonella l’esigenza di trovare e creare qualcosa di nuovo. Così accanto ai lavori classici la mosaicista inizia a sperimentare e introdurre nuovi materiali, in particolare di recupero. Oltre al vetro ecco comparire  pezzetti di ceramica raccolti sulla strada o in spiaggia che qui ritrovano nuova vita diventando a volte anche spunti d’ ispirazione. Ed ancora bottoni, tessere di plexiglass, piastrelle recuperate ma anche acquistate e volutamente rotte per ottenere le dimensione necessarie.

“E’ in questo contesto che nasce il soggetto delle farfalle – spiega – perchè come i fiori suggeriscono il movimento e si prestano anche al semplice decoro. A questo  mi sono dedicata ultimamente, in particolare lavorando sulle cornici tant’è che ho appena terminato una mostra intitolata ” Specchio delle mie brame” dove ho presentato specchiere di differenti dimensioni incorniciate e decorate con composizioni musive. Mi piace anche “vestire” superfici di tavoli inglobando materiami che spaziano dalle tessere agli elementi in bronzo e ceramica”.

Qualsiasi materiale di recupero diventa, in questi lavori, un componente di sorprendente valore estetico, unico e irripetibile.  L’emozione più grande per l’artista, è alla fine del lavoro. Infatti,  non ci sono mai certezze se non a conclusione dell’opera. “Spesso – dice Antonella – si inizia l’opera con un’idea ma poi, soprattutto negli sfondi qualcosa può variare. La maggiore difficoltà è dare volume e profondità. Per questo la disposizione delle tessere è fondamentale: non sono messe mai a  caso ma seguono un percorso ben preciso e studiato al di là del disegno originale”.

La caratteristica del mosaico  è la tridimensionalità resa non solo con l’applicazione delle tessere ma data dai differenti spessori dei materiali che, creando rilievi irregolari, fanno sì che la luce li colpisca e venga riflessa in modo differente. Così l’anima della scena inizia a muoversi in tutta la sua magia.

E.F.