Villa SaporitiVilla Saporiti

Recentemente su alcuni quotidiani della provincia di Como sono stati pubblicati articoli dai titoli alquanto inquietanti. Oggetto del disquisire è il patrimonio che Comune e Amministrazione provinciale possiede e che potrebbe finire, ben presto, in vendita. Ma qui non si tratta di semplici centri sportivi o yacht club esclusivi, bensì di veri e propri beni culturali: Villa Olmo, Museo Giovio, Biblioteca, Conservatorio, Pinacoteca, Villa Geno, Villa Saporiti, per citare solo i più famosi di questo gruppo di gioielli, poco valorizzati, che anno dopo anno stanno perdendo di valore a causa delle scarse, ma diciamo pure inesistenti, manutenzioni ordinarie.

È stato reso noto che Villa Olmo, neoclassica dimora fatta edificare da Innocenzo Odescalchi, "rende al comune solo 10 mila euro l'anno, mostre escluse", e ciò la dice lunga sulla capacità di far sfruttare le proprie risorse. Impresa ardua in questi tempi? Forse, ma nessuno si è fatto avanti apertamente per un deciso cambio di regime.

Questa situazione davvero aberrante ci da però la possibilità di fermarci e chiederci ancora una volta cosa sono i beni culturali e di chi appartengono. La cultura non è proprietà di singoli individui, di classi o di paesi, è di tutti! Il bene culturale è un bene pubblico, che ha importanza per la storia, la condizione presente e in previsione dello sviluppo inevitabile della cultura.

Già di per sé, il termine "bene" ci rimanda alla sfera patrimoniale: i "beni culturali" sono tali, quindi, perché appartengono ad un "patrimonio". Il patrimonio culturale è un bene universale -come ormai è risaputo- dunque

Villa OlmoVilla Olmo

ciascun paese risponde del proprio a tutto il mondo civile.
Ogni paese civile ha leggi che difendono, cioè un apparato giuridico che disciplina l'uso del proprio patrimonio culturale. Per quanto ci riguarda, c'è riscontro nella nostra realtà? In Italia si è riusciti a costituire un'amministrazione, non una consolidata politica dei beni culturali e ambientali. La tutela non è mai diventata, come invece sarebbe necessario, un baluardo indispensabile di una programmazione. Mancando quindi una politica culturale vincente, come si può educare il cittadino a considerare la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale come un indispensabile presupposto per un futuro di civiltà?

Non si può sperare di salvare il bene culturale dallo sfruttamento in atto senza l'impegno inflessibile e determinato della collettività intera. Solo così si potrà imporre ai governi una gestione corretta del patrimonio culturale, fin ad oggi oggetto solo di uno sfruttamento distruttivo ed alienante.

Matteo Bollini

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