Valutazioni e perplessità sul presente e sul futuro di Busto ArValutazioni e perplessità sul presente e sul futuro
di Busto Arsizio

Tutta Busto é in gran trambusto in questi ultimi mesi per una sequenza di occasioni davvero importanti che, se attuate, potrebbero ridare dignità a strutture in vario modo significative della città così che queste in seguito possano diventare centri di riferimento culturale anche a vasto raggio. Amministratori, politici, architetti ne parlano, ne discutono, nascono idee e proposte, talvolta sagge, talaltra strampalate; da queste pagine non mi dispiace far conoscere il mio parere, anche perché qualche persona mi ha sollecitato a farlo.

Dunque partiamo con:
Il vecchio carcere alle spalle di palazzo Marliani, Cicogna Finalmente é stato deciso che questo severo edificio ottocentesco cessi di essere un triste rudere nel cuore della città! Sono stati avviati studi e progetti di riuso, ed é cosa buona e giusta. A chi se ne occupa farei presente, se mi é concesso, la scarsa opportunità di sistemare nelle celle della prigione, che immagino tetre e anguste e per di più non numerose, una collezione d'arte: un museo, una galleria di quadri moderni necessita di ben altri spazi e nel vecchio carcere questi proprio non ci sono. Nemmeno mi sembra opportuno aggiungere corpi nuovi alla fabbrica, corpi che resterebbero sempre costretti in uno spazio oltremodo limitato. Per la nuova destinazione, dato che vicina é aperta, frequentatissima, la Biblioteca Comunale, si potrebbe pensare di trasferire lì i suoi uffici così che aumenterebbero gli ambienti destinati al pubblico, lasciando ai numerosissimi studenti la ex Sala Civica, dove potrebbero opportunamente concentrarsi sulla preparazione degli esami, da mane a sera. Non sarebbe male inoltre riservare nell'ex carcere alcune salette per la consultazione del fondo antico o delle annate dei quotidiani che, proprio per la loro non facile maneggiabilità, é difficile oggi sfogliare agevolmente nelle tre sale di consultazione. Una volta finito il parcheggio su piazza Vittorio, tutt'intorno all'edificio restaurato non dovrebbe mancare tanto verde che resti anche a memoria del giardino dei Marliani, e qui – mi si permetta di parlare da Autiere della Folgore -dovrebbe trovare più degna sistemazione il monumento agli Autieri d'Italia ora alquanto negletto.

Il teatro cittadino in un'immagine in bianco e neroIl teatro cittadino in un'immagine
in bianco e nero

Viene poi:
Il teatro Sociale Da anni sostengo che tra i punti d'onore di una città, intesa alla latina come civitas, dovrebbe esserci anche la presenza di un teatro. Busto nel 1891, grazie all'impegno di un gruppo di persone illuminate e determinate, fu dotata del Sociale. Era un edificio di grande decoro, elegante all'interno con i suoi palchetti e le decorazioni liberty che la sensibilità di Ignazio Gardella si guardò bene dall'eliminare, quando vi intervenne nel 1935. Poi il cinema sopraffece l'opera e la prosa e la sala, passata in mani private, assunse l'aspetto che ancora vediamo e che non ci piace più. Dalla stampa locale siamo informati delle trattative in corso per l'acquisto del Sociale da parte dell'Amministrazione Comunale, cosa certo meritevole anche se tardiva. Il costo dello stabile, se é quello pubblicato dai giornali, mi sembra alquanto elevato, né bisogna dimenticare che subito dopo occorreranno altrettanti milioni di euro per restituirgli una funzionalità e un aspetto in linea coi tempi (anche se a me non dispiacerebbe vederlo risistemato con l'aspetto "metafisico" che gli aveva impresso Gardella). Solo dopo tanti spettacoli e tanta buona musica.

Pensiamoci su e intanto passiamo al:
Calzaturificio Borri, imponente struttura, segno della grandeur della Busto fra Otto e Novecento, uno degli ormai rari opifici che fino a non molti anni fa caratterizzavano le vie appena fuori dal centro storico.
Camminando lungo il viale della Gloria fa tristezza vedere la rovina in cui versa: porte divelte, vetri rotti, la vegetazione fitta che ha invaso e cela costruzioni annesse, creando un formidabile ecosistema per la fauna stanziata a Busto che fin quasi dispiace dover distruggere…

Mi é sembrata a dir poco balzana l'idea di trasformare il calzaturificio in una SPA (i bustocchi, se devono andare alle terme, vanno a Baden Baden o a Ischia!); come tante altre persone caldeggio la sistemazione qui (dato per tramontato, chissà perché, il trasloco degli uffici municipali) il polo culturale di riferimento e di grande spessore. Se il dottor Giuseppe Merlini volesse donare

Busto: il dibattito è apertoBusto: il dibattito è aperto

alla sua città la preziosa e doviziosa collezione di pittura del XX secolo, solo qui essa potrebbe trovare sede ideale, ovviamente dopo una sistemazione studiata da persone di assoluta competenza nel campo. Al calzaturificio c'é spazio per accogliere ed esporre non solo l'imponente numero di opere della collezione, ma anche per sistemare uffici, depositi, archivi, biblioteca, fin sale per esposizioni temporanee ed incontri.

Negli edifici "minori" del Borri – mi sembra siano tre e, per quel che ricordo, di tutto decoro – potrebbero essere ospitati altre realtà culturali che a Busto non mancano. Se é lecito sognare, mi immagino il Borri come un centro vivo e attivo a tutte le ore, come il MART a Rovereto o il MuseumsQuartier di Vienna con, in più, un'area verde molto ampia dove potrebbe stare anche un teatrino di verzura.

Per fare tutto questo, anche per corrispondere, come é giusto, alle richieste del dottor Merlini che non desidera solo un'esposizione dei suoi quadri, ma anche un centro di documentazione e di studio dell'arte del Novecento, occorrono tanti, ma proprio tanti soldi. E il Comune di Busto non credo li abbia tutti. Per questo penso ad una cordata di enti – non solo finanziari, ma anche di cultura -i quali, unendosi, possano dar vita a questo vagheggiato polo culturale a servizio non solo della città, ma di un'area ben più vasta così che grazie ad esso Busto possa tornare ad essere di riferimento, giusto come accadeva cent'anni fa quando della città si scriveva che possedeva "edifici superbi dati al lavoro e palazzi e ville che s'incastrano in giardini ricchissimi" e che era patria di uomini "capaci, desiderosi di staccarsi dal comune e di volontà che gli ostacoli non infrangono".