Il balenottero – Come un'onda che nasce dall'alto su cui poggiano il cielo e il sole. Come un antico galeone su cui viaggia la speranza di trovare floride terre lontane. Come un essere vivente, un balenottero forse, che si muove sinuoso e libero nelle acque del suo mare. Come una maschera-binocolo dalla quale si intravede un'altra realtà, quella vera, quella che pochi possono contemplare, quella che raramente si riesce a vivere. Tutto questo è Sisterion, l'opera nata dall'immaginazione dell'artista cunardese Janja Arnolj in occasione della premiazione a Salsomaggiore, al termine della manifestazione per la proclamazione di Miss Italia, dei cinque giornalisti che si sono distinti nell'ambito della comunicazione sulla bellezza.

La dimensione spirituale
– Forme modellate nel plexiglass dalle movenze sinuose ed eleganti offrono all'osservatore la possibilità di ammirare la semplicità e l'armonia compositiva di un'opera interpretabile in diversi modi, ciascuno può vedere quello che la sua fantasia gli permette di associare, e carica di profondi significati.
Acqua-aria-sole diventano gli elementi fondamentali all'esistenza di tutte le cose e qui, in Sisterion, vengono uniti. E mare e cielo rappresentano un'unica realtà nel momento in cui il sole funge loro da inesauribile fulcro di energia e di calore. E, ancora, quell'onda anomala che, anziché riavvolgersi su se stessa, punta in alto, forse dal punto dal quale originariamente proviene, offre all'osservatore la possibilità di chiedersi il ‘perché delle cose', la ragione dell'esistenza, raggiungendo dunque quella dimensione spirituale che distingue l'uomo da tutto il resto.

Janja a SalsomaggioreJanja a Salsomaggiore

La mostra futura – Puntare lo sguardo in alto, cercare di andare oltre le apparenze, sentirsi capace di fare il grande salto che potrebbe condurre alla verità sono soltanto alcune delle numerose riflessioni che quest'opera di Janja Arnolj scatena. E le emozioni che ne nascono risultano molto intense. Nel momento in cui l'osservatore prende coscienza del percorso conoscitivo che sta avviando, dalla percezione visiva alla contemplazione estetica di Sisterion, tutto sembra rallentare per poi fermarsi dinanzi alla consapevolezza del Sé. Da qui l'arricchimento, la rinascita, il rinnovamento e la conquista di una spiritualità attraverso la bellezza, composta di armonia semplicità trasparenza e rispetto per l'ambiente. Motivi noti agli estimatori delle creazioni dell'artista cunardese, che proprio in queste settimane sta per concludere un accordo con un grande albergo di Salsomaggiore-Tabiano per una mostra permanente delle sue opere.
Interessanti a questo punto risultano i contributi dell'artista e del suo fidato collaboratore tecnico nella descrizione delle fasi che hanno condotto alla creazione di Sisterion.

Janja, da cosa è nata l'opera per la premiazione a Salsomaggiore: una sensazione, un'intuizione o un progetto a cui già avevi pensato?
"Ho iniziato a pensarci dal momento in cui mi è arrivata la proposta dallo staff organizzativo del Convivium. Ho fermato subito la mia attenzione sull'importanza dell'elemento vitale di questo luogo, l'acqua, ed ho avuto una sorta di flash. L'acqua intesa come purezza, spiritualità e vita diventava ai miei occhi un'onda sulla quale poggiava tutto, l'aria che ci circonda, e il sole avrebbe dovuto unire mare e cielo quale fulcro d'energia e di forza. Ho immaginato già così la mia opera e per la prima volta ne ho fatto un disegno su carta. Sì, per la prima volta, perché finora ho sempre operato direttamente sul plexiglass senza utilizzare un disegno, una bozza, un progetto. Non ho mai fatto il progetto di un mio lavoro: lo pensavo e nasceva direttamente sulla e dalla lastra che avevo davanti. In questo caso prima ho disegnato l'immagine che avevo pensato sulla carta, anche se in modo approssimativo senza una precisa dimensione, poi sulla lastra di plexiglass. Questo rappresenta certamente un passo in avanti rispetto al lavoro precedente, non togliendo comunque nulla all'immediatezza dell'idea e della mia originaria intuizione.

Un particolareUn particolare

Come l'hai realizzata?
"Il mio disegno è stato affidato a Paolo De Luca della Gesiplast di Busto Arsizio. Mio prezioso collaboratore da quando ho iniziato a produrre quadri con plexiglass colorato, Paolo ha preparato al computer tutte le misure che hanno permesso un taglio perfetto al laser. Successivamente il mio lavoro è stato messo in forno. Dal progetto su carta all'opera finita ho lavorato con lui che pazientemente ha seguito le mie indicazioni fino ad ottenere questo risultato. Le prime sculture invece sono state prodotte a Milano in una piccola azienda dove ho imparato a usare le macchine e i diversi strumenti per lavorare il plexiglass. Nella fabbrica di Busto, impegnata in grandi produzioni industriali, ho trovato un'adeguata strumentazione computerizzata che offre già la lucentezza al materiale dopo il taglio senza l'utilizzo di ulteriori mezzi meccanici, solo la parte dell'onda è stata sabbiata, cioè opacizzata successivamente. Inoltre a Busto ho avuto a disposizione delle diverse colle che mi hanno permesso di assemblare i pezzi più facilmente. L'opera per la premiazione è composta di tre pezzi ed incollata in due soli punti".

Paolo, qual è stato il tuo ruolo in questo lavoro di ‘creazione'?
"Sono il faber, quello che materialmente fa. Sono il braccio, la mente è Janja. Ho dato suggerimenti tecnici e consigli sul materiale, ma riconosco che il mio lavoro è sostituibile, quello di Janja no. Pur avendo una formazione umanistica, sono laureato in lettere moderne, ho acquisito le competenze tecniche richieste dall'azienda di famiglia. Ho lavorato con altri artisti come Giorgio Vicentini e Vittore Frattini grazie all'incontro con un vero mecenate dell'arte prodotta con strumenti tecnologicamente avanzati, Giorgio Bonafè, che negli Anni Sessanta-Settanta ha lavorato con artisti di fama internazionale riuniti nelle industrie Mazzucchelli per la creazione di opere utilizzando materiali nuovi e che opera ancora nell'ambito del Museo D'Arte Plastica di Castiglione. Il mio intervento con gli artisti va dalla collocazione di semplici supporti in plexiglass alla collaborazione per sviluppare un certo percorso, come nel caso di Janja. Janja solitamente disegna direttamente sul materiale e poi io procedo alla sagomatura ed eventualmente, quando si trova in azienda per motivi di sicurezza poi nel suo laboratorio lavora autonomamente, alla sabbiatura. L'operazione della sabbiatura è una lavorazione antica: si carteggia manualmente la sagoma in plexiglass con una carta abrasiva particolare, il tutto richiede un minimo di esperienza. Per quanto riguarda gli assemblaggi Janja crea in tutta libertà, affidandosi alla sua spiccata creatività".

E in questo lavoro di collaborazione, quali difficoltà hai trovato e quali soddisfazioni?
"Una delle soddisfazioni più grandi è vedere l'artista felice del lavoro che si è fatto, perché è riuscita a creare con il materiale quello che aveva pensato. Quando l'azione riesce a creare una netta corrispondenza con il pensiero, quando con la tecnica e il materiale a disposizione si riesce a creare quello che l'artista si era prefissato, mi sento veramente soddisfatto perchè sono consapevole che una piccola parte di questo successo creativo è merito mio.
La difficoltà talvolta sta nel coniugare le aspettative dell'artista con i paletti determinati dal materiale stesso e dei procedimenti di trasformazione, ma solitamente da una delusione iniziale dell'artista, che non conosce i limiti del materiale, poi si giunge ad un equo compromesso attraverso la tecnica operativa. Come azienda sono ormai quarant'anni che lavoriamo questi materiali sintetici".

E come vive l'impatto con l'esplosione creativa dell'artista?
"Sono tendenzialmente curioso e forse è questa mia predisposizione che mi spinge a fare queste cose, collaborare con gli artisti, anziché farne altre. Quando vedo cose che esulano dalla quotidianità e che hanno spessore, allora mi impegno a conoscere e sperimentare. L'atteggiamento è quello di tenere la mente aperta alle novità ed in questo modo mi metto in gioco con molto entusiasmo".

Janja, da chi è stato approvato il tuo lavoro nato e prodotto a Busto Arsizio ?
"L'opera finita da Busto Arsizio è stata portata a Milano nella sede dell'ISPLAD (Internazional-Italian Society of Plastic-Aesthetic an Oncologic Dermatology) e approvata dallo staff del Prof. Antonino Di Pietro che mi ha dato l'ok con entusiasmo affermando che a tutti i presenti la mia opera aveva provocato delle splendide emozioni. Ne sono stata molto felice, anche perché avevo questa sola immagine in mente, non avrei saputo fare di meglio. Era quello che vedevo per quell'occasione importante e avevo impegnato tutta me stessa per realizzarla. Sisterion corrispondeva perfettamente a ciò che avevo pensato".

Perchè il nome ‘Sisterion'?
"Non è mio. L'hanno attribuito i componenti dello staff organizzativo. Sisterion è il nome dell'antico fiume sotterraneo che passava sotto Salsomaggiore. Si tratta di un omaggio alle Terme, all'ambiente che ci ospita e alla bellezza delle nostre intenzioni".

Guardandola ora, quali immagini ti suscita e quali sensazioni?
"Mi dà un'impressione molto positiva, quella che poi ha suscitato in coloro che l'hanno vista: è la sintesi della creazione del mondo. E' nata dalla mia riflessione sulla necessità di acqua per la vita, sull'importanza dell'aria e sulla fondamentale opera del sole come straordinaria capacità di unione dei due elementi perchè ci dà quel calore e quell'energia che servono per vivere e per vedere tutta la bellezza che ci sta intorno. Sisterion è la totalità a cui dobbiamo riferire la nostra vita in quanto ogni cosa ha bisogno di acqua e di aria e di luce e calore per esistere. Tutto questo mi dà molte emozioni. Sono molto felice di partecipare a quest'evento e di essere stata capita fino in fondo".