All'interno della chiesa – a destra della porta d'ingresso – nascosta dal pilastro addossato al muro, si trova la figura di un santo di difficile identificazione. É inserito in una cornice rossa e bianca. É rappresentato con una dalmatica dorata e una fascia trasversale bianca. Ha in mano un libro, simbolo di sapienza. Il santo si trova di fronte ad una torre da cui escono due personaggi maschili. Dopo alcune ricerche sono riuscito a comprendere che il personaggio rappresentato è San Leonardo. Gli attributi più comuni sono le catene o i ceppi dei prigionieri liberati, cui si aggiungono, talvolta, il libro, la croce, una bandiera. Alla base della colonna si trova una scritta lacunosa di cui si possono purtroppo decifrare solo, nella seconda riga, il simbolo 9, segno grafico per "cum" o "con", e nella terza le parole feci (o fecit) e opus. A sinistra della porta d'ingresso si trovano un lacerto di affresco e accanto la figura di Maria Maddalena, anch'essa inserita in una cornice rossa e bianca. La santa indossa una veste rossa con nastri blu. Degni di nota sono i bei capelli rossi che scendono delicatamente sulle spalle.

Questi due affreschi sono da mettere in relazione all'affresco di Sant'Elena presente nella chiesa di San Pietro in Silvis ad Induno Olona. Viene datata tra il quarto e il quinto decennio del XIV secolo raccordandola ad un filone artistico vicino al Maestro della Tomba Fissiraga. A mio giudizio alcuni dettagli dei santi di Viconago sono accostabili all'affresco indunese: il taglio degli occhi, lo stesso modo di inquadrare il personaggio in una cornice, di costruire l'aureola circondandola con un bordo rosso. In particolare la veste della Maddalena di Viconago è somigliante a quella della Sant'Elena di Induno e sembra avere la stessa piega ampia e mossa sulla destra. Queste somiglianze permettono di datare allo stesso periodo, e probabilmente di assegnare alla stessa mano, gli affreschi viconaghesi e quelli di Induno.

Nel sottarco del primo pilastro è dipinta una Madonna del latte. Maria è seduta su di un trono e allatta il Bambino. Indossa una veste rossa sopra un mantello grigio. È difficile dare un giudizio su questa immagine perché è molto grossolana. L'autore della figura non è certamente un pittore di buon livello, dal momento che manca di

senso della prospettiva e capacità nella resa dei tratti. Si potrebbe ipotizzare che la figura possa essere stata dipinta quando è avvenuto l'ampliamento della chiesa tra il XV ed il XVI secolo. Sulla facciata principale, sopra la porta d'ingresso, è dipinto in un'edicola S. Antonio abate. E' una raffigurazione popolare ed estremamente incerta. Entrambe le immagini sono di grande devozione popolare e risentono di evidenti ridipinture successive.

A sinistra della porta laterale occidentale si trova un personaggio vestito con un saio di colore marrone chiaro. La veste che indossa indica l'appartenenza ad una congregazione francescana. Si tratta di S. Antonio da Padova.
Nella mano sinistra tiene un libro; nella destra potrebbe reggere un ramo di giglio: sono evidenti delle cadute di colore e quindi la parte bianca del fiore potrebbe essere scomparsa perché dipinta a secco. Questo fiore è simbolo di purezza ed appare in riferimento al santo dopo che Donatello scolpì la statua bronzea per l'altare maggiore della Basilica padovana. Da quel momento vennero fissate le caratteristiche del santo in una figura giovane "dai puri lineamenti, quasi a sottolineare la candida spiritualità dell'attributo fiorito".

Quindi l'affresco di Viconago potrebbe essere stato dipinto nella seconda metà del XV secolo o nei primi anni del successivo.

Nella nicchia della parete est si trova la rappresentazione della Beata Vergine Maria a cui potrebbe far riferimento una citazione della visita pastorale del 1599 di Filippo Archinti. Le indagini architettoniche del 1983 hanno indotto a pensare che questa nicchia semicircolare sia stata aggiunta intorno al terzo decennio del XVI, momento a cui sembra poter risalire anche l'affresco. La datazione dell'opera potrebbe essere contenuta, secondo alcuni studiosi, nel secondo quarto del XVI secolo. Questa datazione va respinta perché sono evidenti i ritocchi e le manomissioni, che l'affresco ha subito durante il tempo, non consentono oggi una lettura stilistica che possa risultare convincente. L'altare attualmente visibile è rimasto nascosto fino al 1991, coperto da un altare di marmo a muro risalente agli anni Trenta del Novecento. Durante i lavori di restauro è stato scoperto un altare più antico con un paliotto decorato a finta scagliola, databile al XVII secolo. Un'osservazione ravvicinata del disegno del paliotto d'altare fa notare che l'andamento geometrico della decorazione, eseguita ad affresco, è stato preventivamente inciso sulla malta fresca dall'artista. Si tratta probabilmente di una incisione indiretta, cioè eseguita con una punta metallica interponendo alla malta un cartone.