I nuovi ponteggiI nuovi ponteggi

L'ingegnere Arturo Redaelli è il tecnico cui fin dal 1982 la Fondazione Paolo VI, di cui fa parte, ha delegato la responsabilità di seguire le procedure operative inerenti ad interventi di normale amministrazione o straordinarii lungo la Via Sacra che porta al Sacro Monte. Da tecnico e da innamorato del luogo, ha vissuto e vive in prima persona l'agonia del malato, alla Terza Cappella.
"Lei non ha mai dato problemi" – dice subito "è quell'altro di fianco che non smette di darcene" alludendo al grande dipinto di Guttuso.

Ingegnere, a che punto siamo?
"Da domani, (giovedì per chi legge), i restauratori cominceranno a fare le indagini prelliminari, a fare i primi prelievi".

Risulta che un primo minuscolo frammento di pellicola sia già stato prelevato.
"Certo, ma da adesso cominciano le rimozioni degli strati successivi alla stesura originaria. La responsabile del progetto Barbara Ferriani ha già contato almeno sei di questi strati aggiuntivi".

Che sono le famose aggiunte del Brogli, l'assistente di Guttuso?
"Esatto".

Quanto tempo occorrerà per le analisi?
"Potrebbe essere un lavoro lungo e laborioso. Una quindicina, una ventina di giorni. Con le analisi definitive la restauratrice potrà dirci se e come intervenire".

Quindi c'è ancora il rischio che  la la situazione sia tale che non si possa operare?
"Speriamo di no. Speriamo che i risultati lascino aperta la possibilità di un intervento".

La Soprintendenza ci ha chiarito che i restauratori saranno due, la Ferriani e Rava.
"In effetti entrambi erano nella lista dei nominativi che avevamo predisposto. Per motivi logistici abbiamo scelto poi di indicare la restauratrice di Milano. E' stata la stessa Ferriani a chiederci la possibilità di avere come consulente Antonio Rava. Per quanto ci compete, niente in contrario. L'incarico ufficiale, in ogni caso, è affidato a lei, lei è formalmente la responsabile dell'intervento".

Costi previsti?
"Preventivati 50, 60mila euro. Ma anche questa è una cifra che dovrà essere definita con più precisione fra una ventina di giorni quando sarà più certa la modalità dell'intervento".

Poniamo che l'opera venga restaurata e la si possa restaurare recuperandone: che succederà poi, secondo lei?
"Credo che sarà lasciata lì. A dispetto di altre ipotesi proposte in questi anni. Io stesso mi feci promotore presso il Comune della proposta di Mario Botta, di arretrare il dipinto e chiuderlo in una teca, a temperatura costante. Ma è noto che la Soprintendenza rifiuti questa via. Va preservato lo scenario del luogo, intatto".

Dunque nessun spostamento è all'orizzonte?
"E' un'altra ipotesi circolata. Che peraltro richiederebbe certezze sui rischi di fessurazioni, di altri traumi che potrebbe subire l'opera con una movimentazione. La speranza è che il restauro si faccia, vada a buon fine e duri almeno altri cinquant'anni. Poi magari ci saranno altre soluzioni".