Auguste Rodin, L'età del bronzo, 1875-1876, bronzoAuguste Rodin, L'età  del bronzo,
1875-1876, bronzo

Auguste Rodin nasce alla fine del 1840 in una famiglia modesta, in cui nulla sembrava predestinarlo alla vita artistica. Tuttavia, come lui stesso sottolinea in apertura dei Souvenirs de jeunesse, pubblicati da Dujardin-Beaumetz nel 1913: «Già da bambino, sin dove arrivano i miei primi ricordi, disegnavo. Un droghiere dal quale mia madre si serviva avvolgeva le prugne secche in cartocci fatti con le pagine di libri illustrati, persino di stampe. Io le copiavo. Furono i miei primi modelli». Molto tempo prima, nel 1887, Rodin aveva evocato con il giornalista americano Truman Howe Bartlett il ricordo delle frittelle dalle forme fantastiche che sua madre aveva cucinato per lui quando aveva cinque anni, e che gli avevano fatto venir voglia di realizzare delle figurine umane con la pastella da friggere.
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Questi aneddoti pongono in evidenza il talento innato, la povertà dei mezzi a disposizione, la potenza al tempo stesso del richiamo dell'arte e, in modo premonitorio, l'opera futura. Nessuno, per quanto si sappia, ha mai messo in dubbio la veridicità di questi racconti, e nulla lascia pensare che siano propriamente falsi; ma sappiamo bene come si debba diffidare dei racconti sull'infanzia degli artisti, rientranti molto spesso nel medesimo filone della «leggenda aurea», e anche la lettura che qui se ne dà, nelle parole di Bartlett, ci induce a considerarli con sospetto.
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Una delle finalità di questo saggio è dunque quella di interrogarsi sulla genesi dell'artista che fu Rodin, così

Auguste Rodin, L'età del bronzo, (partic.)Auguste Rodin, L'età del bronzo
(particolare)

come lui stesso l'ha espressa, e di comprendere, al di là dei fatti che possiamo conoscere, che cosa rappresentò per lui questa nascita del proprio «sé» di artista. Mito e realtà si confondono, tant'è vero che Rodin, in modo del tutto particolare, ha ricostruito la propria vita e il proprio itinerario.
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Come scrive lo stesso Rodin, il suo fu il percorso di un artigiano verso la libertà dell'artista, di un individuo inscritto in un determinato contesto sociale che va poi a situarsi al di fuori di qualunque gerarchia, e che si è fatto da sé per merito e per mezzo della sua opera. In questa costruzione, conta tanto il racconto, che sia orale, scritto e più spesso retrospettivo, quanto il modo in cui l'artista si rappresenta o si lascia rappresentare attraverso le fotografie che lo ritraggono.

Questo intervento si basa principalmente su alcuni specifici testi e documenti, peraltro piuttosto rari: una nota indirizzata a Gaston Schéfer nel 1883, destinata a un articolo che quest'ultimo si riproponeva di scrivere nel 1884, e che non è mai stata resa pubblica; la lunga intervista rilasciata al giornalista americano Truman H. Bartlett nel 1887, pubblicata nel 1889; infine, una nota del 1906 destinata all'Accademia di Belle Arti di Berlino. La prossimità di Rodin rispetto a questi testi è molto marcata, mentre è meno evidente in quelli di Paul Gsell o di Dujardin-Beaumetz, pur essendo anche questi ultimi degni di nota. Le fotografie e i ritratti di Rodin delineano in parallelo un'evoluzione della sua immagine che qui non sarà che tratteggiata in filigrana.
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Auguste RodinAuguste Rodin

In questi testi, emerge costantemente l'opposizione fra il mondo degli «arrivati» e quello di gioventù, opposizione della quale Rodin diventa il portabandiera: «Il genere dell'artista è una condanna emessa dai suoi professori», rivendicazione confermata quando afferma: «È rifiutato dalla scuola di Belle Arti (grande fortuna)». Ma, prosegue Rodin, «allievi, studiosi, indipendenti amano la figura». Non si può fare a meno di considerare tutte le connotazioni attribuite al termine «indipendente» nella seconda metà del xix secolo. Un'indipendenza che si sposa con l'audacia: le decisioni del sottosegretario di Stato alle Belle Arti, Edmond Turquet (l'acquisto dell'«Età del bronzo» e del «Giovanni Battista», la committenza della «Porta dell'inferno» nel 1880) si pongono quindi sotto questo segno: costui «osa», dice Rodin a più riprese, «crede nell'artista».
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Nei testi presi in esame, in cui prevale l'idea dell'ingiustizia, Rodin e i suoi interlocutori hanno dunque integrato questo nuovo aspetto del XIX secolo, che il genio sia per forza incompreso, divenendo così portavoce del fatto che «nella loro lotta contro l'Accademia, i pittori (e particolarmente i "rifiutati") potevano fare affidamento su tutto il lavoro di invenzione collettiva (cominciato con il Romanticismo) della figura eroica dell'artista in lotta, un ribelle la cui originalità si misura in base all'incomprensione della quale è vittima o dello scandalo che suscita». Il genio non sta quindi solamente nel creare un'opera, bensì nel creare se stesso.

Tratto dal catalogo della mostra: "Rodin. Le origini del genio (1864-1884)"
I tagli e i grassetti sono a cura della Redazione di Artevarese.com