Imminente l'inaugurazione, presso la Galleria Ghiggini, della mostra Studiando Ludovico Pogliaghi, seguito di quella che l'anno scorso, nella stessa sede, presentò un nucleo di disegni esemplari dello strenuo e devoto riferimento ai grandi artisti del passato, una delle costanti di Pogliaghi.

Quest'anno, Chiara Palumbo ha potuto studiare altri fogli dell'artista e ricostruire filologicamente l'elaborazione di alcune importanti realizzazioni. L'abbiamo intervistata, in quanto la studiosa varesina si va profilando come una specialista in un campo – l'opera di Pogliaghi- tanto vasto quanto bisognoso di una seria applicazione scientifica.

Il taglio della mostra è da museo: come mai invece una galleria?
La risposta è semplice, si è fatta là, presso la Galleria Ghiggini, dove si trovava la materia prima: i disegni di Pogliaghi.

Come mai si trovano là?
Il fondo Ghiggini nasce dai rapporti di lavoro che l'artista intratteneva con il negozio Ghiggini, dove si riforniva di materiali. Come tutti gli artisti, spesso pagava coi disegni. Nel tempo, sono cresciuti di numero e alcuni naturalmente si sono anche venduti. Stiamo cercando di catalogarli.


Per Pogliaghi lei nutre un interesse particolare, quasi una passione: nata come?

Dal 1998, ormai, cioè da quando scrissi una tesina per l'Università di Pavia, nel corso di Storia del collezionismo. Gli artisti-collezionisti e le loro case-museo mi hanno sempre particolarmente affascinata.

Ha notizie dello stato di salute della casa-museo Pogliaghi, al Sacro Monte?
L'ho visitata due volte, l'ultima nel marzo scorso, per concessione di Giuseppe Battaini, presidente della Fondazione Pogliaghi. Non è in decadenza, ecco, ma neanche se la passa troppo bene: alcune decorazioni a stucco, per esempio, sono compromesse.

Quando si riaprirà al pubblico?
Per ora, non ci sono segnali di una riapertura. Pare però che sia quasi pronto il rustico della villa, dove si esporrebbero i lavori di Pogliaghi già restaurati. Ma con la casa-museo, lo stabile in questione non c'entra niente.

I disegni di Pogliaghi, che lei in particolare studia e conosce, dove si trovano?
Nella casa-museo gli spolveri di grandi dimensioni, il fondo principale all'Ambrosiana di Milano, un nucleo interessante da Ghiggini. Spesso purtroppo si tratta di materiale sparso, non catalogato.
Vi è ancora molto da fare per ricostruire l'intero corpus.

Quali “chicche” vedremo nella mostra?
Uno studio inedito del Pogliaghi giovane, 1880, per la pala della vergine, Sant'Anna e Gioacchino di San Vito al Tagliamento e i due nuclei di disegni da me riconosciuti come riferibili al mosaico della Cappella Funeraria Giuseppe Verdi di Milano e al Portale Maggiore del Duomo.

Dove sta la qualità del disegno di Pogliaghi?
Nasce ornatista e ha insegnato ornato, quindi la mano è sciolta, sicura. Il suo eclettismo non è un limite – come pure qualcuno ha scritto – ma una precisa scelta di campo. Dalla parte della tradizione, del mestiere, e non dell'avanguardia novecentesca.