Franco Fossa con autorità e critici all'inaugurazione del 2002Franco Fossa con autorità e critici
all'inaugurazione del 2002

Parlare di Franco Fossa significa per me soprattutto parlare di un collega degli anni lontani del Liceo Artistico di Busto Arsizio. Era il 1975 ed io ero fresco di laurea ed ancor più fresco di un incarico "a tempo indeterminato", come si diceva allora, per insegnare storia dell'arte. Proprio in quell'anno Fossa diventò preside e se in quella carica non volle mai perdere il rapporto amichevole con le persone che fino al giorno prima erano stati colleghi, tuttavia seppe mostrare senza equivoci la sua personalità che, sotto un'apparente mitezza, era decisa e determinata.

Poi io me ne andai da Busto e per un po' di anni gli incontri con Fossa furono solo quelli delle sue mostre finché nel 1984 ci si riincontrò ancora all'Artistico a riprendere quotidiane consuetudini di lavoro. Fu allora che egli mi chiese di scrivere qualcosa da mettere sul catalogo, insieme a testi critici di altri ben più competenti di me nella scultura e nell'arte del 1900, per la mostra che andava preparando a villa Burba di Rho. Ed in essa son contento, oggi, di tornare anche per constatare come la sua città gli si stringe intorno con affetto e quanto lo

Allestimanto in Villa Burba a RhoAllestimento in Villa Burba a Rho

ringrazia non solo per il dono che le fa, ma anche per il tacito esempio di tutta una vita di coerenza e di onestà.

Una vita – quella di Franco Fossa – trascorsa certo in provincia, ma pur sempre con un occhio lucidamente attento non solo a Milano, ma anche a quelle che erano le capitali dell'arte. Io in quello scritto, ormai vecchio, più che dire delle sue espressive ed intense figure scolpite e dei suoi incisivi disegni, indugiavo soprattutto sugli anni, secondo me determinanti per Fossa, della formazione e degli avvii nel campo dell'arte, quei "magici" primi anni Cinquanta della ricostruzione d'Italia, forse più belli e affascinanti per noi ora che non per quelli che li hanno realmente vissuti. Ricordavo il nascere del Piccolo Teatro di Strehler, le memorabili serate scaligere fra accese contestazioni alla prima del Wozzeck di Berg ed i trionfi della Callas e di Visconti, e l'apparire, già allora controcorrente, di Giovanni Testori coi disperati, tragici eroi della Ghisolfa e di Roserio.

Un disegno di FossaUn disegno di Fossa

E ricordavo ancora le irripetibili esposizioni di Palazzo Reale, ad illuminare occhi e menti di chi sapeva guardare: quella di Picasso con Guernica nella sala delle Cariatidi mutilata dai bombardamenti, quelle di Van Gogh e di Modigliani, e poi l'officina operosa di Brera e del suo intorno di studi e gallerie, fra Solferino e Garibaldi. Erano anche gli anni in cui si presentavano sulla scena artistica artisti come Ceretti, Francese, Banchieri, Guerreschi, Cavaliere, Romagnoni, Bodini… giovani anche loro come Fossa, giovani di accese speranze e di begli ideali, che seppero imprimere un segno – un segno energicamente moderno – all'arte italiana. Non solo all'arte, giacché a tutti loro importava avere in primo piano l'uomo con le sue lotte, le sue ricerche, le sue contraddizioni, la sua forza, le sue debolezze, le sue vittorie, le sue sconfitte.

E l'uomo rimase anche per Fossa il tema con cui continuamente confrontarsi, allora come oggi. Fin dai suoi primi sofferti e scavati legni, l'uomo di Fossa ci

"Solo", Franco Fossa"Solo", Franco Fossa

appare con una tal carica di emozioni da non riuscire – quasi – ad esprimerle tutte. Non é mai un uomo che sorride nell'ovvietà; cammina impettito e distaccato, quasi sempre da solo; attraversa ardui percorsi e quando sosta, é solo per disincantate ed amare constatazioni. In questa situazione di pessimismo Fossa sembra però voler ribadire, ed esaltare, la facies più intensa e nobile dell'uomo, il suo incessante porsi domande alla ricerca drammatica di risposte che troppo spesso non giungono.

Ecco, secondo me, in tutta questa febbrile, inesausta vicenda stanno la forza e la suggestione, davvero potenti, delle sculture e dei disegni di Fossa e mi auguro che le persone che nel tempo visiteranno le stanze di villa Burba a lui riservate, percepiscano questo emozionante e coerente percorso, e vi riflettano sopra. Perché il suo messaggio resta sempre vivo e pulsante e fatto apposta per chiamarci in causa: sempre.