mistero buffo 2.jpgUn’umile versione pop – Paolo Rossi e il Teatro di Varese: è stato amore a prima vista – o meglio – alla prima battuta quello tra il pubblico e il giullare che ha recentemente interpretato sul palco della Città Giardino il "Mistero Buffo" di Dario Fo, in un’umile versione pop, come recita il sottotitolo in cartellone. Ma per quanto umile pur sempre di "Mistero Buffo" si tratta e tale è la forza rivoluzionaria della formula nata con questa esperienza di "teatro popolare" da rendere affascinante anche un omaggio ben congegnato, riadattato e ricostruito sull’attualità del 2011. Gli ingredienti ci sono tutti: l’attore che abbatte la quarta parete del palco – quella tra lui e il pubblico – introducendo i diversi "misteri" con improvvisazioni e storie prese dall’oggi, sbeffeggiando cronache e personaggi per farne satira, per riportarli al livello del quotidiano e mostrare l’altra faccia del potere e dell’informazione, per permettere a chi gusta la performance di essere parte di essa, di sapere, di giudicare – e di controllare. Una satira di classe, mai innocente e sempre necessaria.

 

I misteri – Uno su tutti è la "nascita del giullare" che prendiamo admistero buffo1.jpg esempio per capire come Paolo Rossi rivisita la grande lezione di Dario Fo: la vicenda narrata è la stessa, identica la lingua – il Grammelot, lingua inventata, misto di dialetti rumori e gesti. Anche a Varese arriva in scena il contadino che, trovata una terra di nessuno, prende a coltivarla e farla vivere fino a quando non gli sarà strappata dal potente di turno e con essa anche la gioia della famiglia e l’amore di sua moglie. Quel contadino che, per il gran dolore della perdita subita, perde anche il senno finché non incontra il miracolo, con Gesù in persona che gli impone la mirabolante capacità di raccontare e far ridere e l’abilità del fare teatro. Diversamente però dall’originale del premio Nobel, Rossi dota la figura di Gesù di un tocco pop, lo trasforma in una sorta di "Jesus Christ Super Star". E sono pop anche il trasformismo dei gesti e della voce, l’energia, l’intelligenza nel raccontare il quotidiano in uno spettacolo che trasporta sul palco l’assurdità della realtà accostandola alla forte capacità di emozionare che hanno le storie inventate da Fo. L’allievo si affianca dunque al maestro e ne ricava linfa per rivedere il presente, nel segno di quel teatro popolare che si dimostra contemporaneo a tutti, a noi come agli uomini del medioevo, sempre alle prese con le ingiustizie e le furbizie del vivere quotidiano.

L’allievo alle prese con il capolavoro del maestro porta sul palco la satira e l’emozione, senza temere confronti e creando uno spettacolo totalmente nuovo con lo stesso impatto del grande classico