Che tristezza il cinema senza Bud Spencer. Certo, era da un bel po' che non recitava più. Ma la sua restava una presenza rassicurante. Un gigante buono, genuino, che amava i fagioli, non aveva paura di niente, dispensava cazzotti e sganassoni potenti ma innocui. Non c'è una goccia di sangue nei film con Bud Spencer e Terence Hill. Non c'è cattiveria, né violenza. Non c'è nulla di osceno o di volgare.

Racchiuse in un fazzoletto di 15 anni, le loro pellicole si somigliavano tutte, e proprio per questo piacevano così tanto. Dai primi Trinità, clamorosi successi inventati dal regista Enzo Barboni, che seppe elaborare il leoniano spaghetti western in chiave comica, passando per Altrimenti Ci Arrabbiamo, Più Forte ragazzi, Io sto con gli Ippopotami, Porgi l'Altra Guancia, Nati con la Camicia e tutti gli altri. Su e giù per il Mondo. Senza contare il pugno di opere firmate Steno, che Bud, nome d'arte di Carlo Pedersoli, interpretò da solo, a Napoli, sua città natale, con il brand di Piedone.

Quella era un'Italia diversa. E anche il Cinema era diverso. Perché gli autori che resero celebri Bud Spencer e Terence Hill erano figli di una commedia artigianale, curata, attenta ai dettagli. Sullo schermo sembrava tutto improvvisato, e invece c'era studio, attenzione, mestiere, dedizione. Non erano capolavori. Erano diversivi. Semplici e collaudati meccanismi innestati sul più sacro dei valori: l'amicizia.

Quando poi Bud e Terence decisero di riprovarci, con Botte di Natale, erano già gli anni Novanta. Un'altra era geologica. I loro sganassoni erano passati di moda, non interessavano più. E allora entrambi fecero altro. L'uno a godersi la vecchiaia, l'altro a spopolare con Don Matteo. Consci e fieri di aver attraversato e incarnato un'epoca della cultura popolare italiana senza precedenti e senza successori. Un'epoca che in loro aveva trovato due amici. E un grande tesoro.