
Uno spettacolo davvero emozionante che ha ricreato magicamente certe atmosfere rinascimentali, un'epoca in cui l'intento era quello di recuperare il senso dell'esecuzione monodica per dare rilievo al testo e creare un ascolto più emotivo e più espressivo, secondo l'idea classica del connubio intimo e indissolubile tra parola e musica.
La soprano Invernizzi con la sua splendida esibizione ci è riuscita in pieno e i brani interpretati – di Monteverdi, Caccini, Romano e altri, tra cui una donna, Barbara Strozzi – sono stati resi con grande efficacia. Qui, Monteverdi, padre del melodramma, diventa anche l'inventore della canzone, in grado di esaltare la voce umana e il significato della parola, il famoso "recitar cantando".

Numerosi strumenti in mostra sono esemplari dell'epoca, unici, provenienti da diverse collezioni italiane e internazionali, altri, soprattutto quelli a tastiera, sono riproduzioni di epoche successive con montatura barocca. Chi visiterà la mostra potrà scoprire "la voce e il timbro" di ogni strumento, grazie a particolari applicazioni multimediali.
L'allestimento delle sale segue la storia dell'Orfeo di Monteverdi. Dopo l'ingresso con le parole del prologo in evidenza, la prima sala, in cui prevale il colore verde, si sofferma sul primo e secondo atto dell'opera; la seconda sala, di colore nero, prelude alla discesa agli Inferi (III e IV atto) e infine l'ultima sala, quella in cui l'eroe diventa il simbolo dell'amore che oltrepassa la morte, si illumina dell'opera pittorica di Caravaggio con il suo "Suonatore di liuto".
Si tratta di un quadro proveniente da una collezione privata, ma sicuramente di Caravaggio. Meno famoso di quello esposto all'Hermitage, attualmente in restauro, e alla versione Wildenstein, già esposta al Metropolitan Museum, ma egualmente meraviglioso.

Ci sono parecchie attinenze tra questa opera esposta alla Mostra di Cremona e quella intitolata "Ragazzo morso da un ramarro": gli effetti della luce sul vetro e attraverso l'acqua. Mentre resta eccezionale l'attenzione dedicata dal Merisi ai particolari del liuto e del violino: le corde, i piroli, il ponticello, la cassa, la tastiera. Per Caravaggio, però, il "Suonatore di liuto" era la sua opera migliore: lui stesso la definì "il più bel pezzo che facesse mai".
Le celebrazioni del 450° anniversario della nascita di Claudio Monteverdi, il "divin Claudio", sono solo all'inizio e saranno numerosissime nel corso dell'anno. Per avere informazioni complete sia sul ciclo di concerti che sulle altre mostre – tra le quali, quella prevista presso la Pinacoteca dal 6 ottobre 2017 al 6 gennaio 2018 su "Genovesino tra le eleganze del barocco e il naturalismo di Caravaggio"- è possibile visitare il sito: www.monteverdi450.it