Canton Ticino – Nei giorni 19 e 20 novembre si svolgerà nella vicina Svizzera – fisicamente a pochi chilometri dal confine – l'assemblea annuale dell'associazione "mediamus" , che da una diecina d'anni riunisce gli operatori che a vari livelli si occupano delle attività didattico-educative svolte dai musei.

In Svizzera si adopera il termine "mediazione di museo" per indicare tutti quei servizi rivolti al pubblico
che appunto "mediano" il patrimonio culturale conservato nel museo alle fasce di fruitori, di ogni età e di diversa provenienza socioculturale, secondo modalità variabili.

Anche in Italia, e segnatamente in Lombardia, che fra i requisiti per il riconoscimento museale ha inserito la presenza effettiva di personale qualificato addetto ai servizi educativi e didattici, è in crescita la domanda e l'offerta di questo tipo di prestazioni.

La Svizzera, con il Ticino che fa nel caso specifico un po' da cenerentola, è avanzata da anni nell'organizzazione a livello cantonale e federale dell'associazione professionale di categoria, chiamata a confrontarsi con l'evoluzione e le molteplici problematiche che essa comporta.

Gli stessi musei non sono certo realtà statiche, o meglio non possono e non vogliono più esserlo, cosicché stanno mettendo a punto strategie efficaci di rilancio presso il pubblico, tra cui hanno un ruolo sempre più importante le proposte al pubblico – non solo alle scuole – capaci di comunicare i valori dei beni culturali in modi alternativi a quelli tradizionali dell'esposizione dei materiali con apparati didascalici e delle classiche visite guidate.

L'incontro in terra ticinese, ospitato presso il Museo Vela di Ligornetto, ha come tema "La mediazione culturale: un ponte tra museo e territorio" e si articola, nella prima giornata, nell'intervento di alcuni operatori elvetici e italiani, in gruppi di lavoro secondo le tematiche emerse e nella tavola rotonda finale.

Le linee di approfondimento riguardano il dialogo (obbligato) del museo con la ricerca scientifica, con la comunità di riferimento, con il turismo e con la scuola. Tutti ambiti nei quali i musei della Provincia di Varese già sono chiamati in causa, forse in modo troppo empirico, senza adeguate risorse e strategie.

Sarebbe in effetti auspicabile che responsabili e operatori specifici del settore in discussione partecipassero – almeno da osservatori – all'assemblea di "mediamus", visto che da chi ha più esperienza e più abitudine alla riflessione c'è sempre da imparare.

Vero è che il quadro svizzero di riferimento – culturale, economico, sociale e giuridico – non è proprio paragonabile a quello italiano o lombardo, ma i problemi e gli interrogativi di fondo sono gli stessi e riguardano la "crisi" del museo tradizionale e la sua necessità di aprirsi a nuove forme di valorizzazione dei suoi contenuti, al di là della basilare conservazione del patrimonio.

I maggiori musei della provincia – Varese e Gallarate in primis – già forniscono al pubblico servizi educativi e didattici alternativi, più o meno attraenti, con operatori più o meno qualificati (la professionalità specifica in Italia non è chiara), i quali dovrebbero rivendicare un riconoscimento maggiore della loro natura e funzione.

La mediazione di museo esiste, ha potenzialità enormi, è un'esigenza non rinviabile, verso la quale l'attenzione degli amministratori, dei politici e delle comunità non può soprassedere. Ne va della qualità sociale e della presa culturale dei nostri musei, belli ma spesso muti.