Il museo Castiglioni raccoglie di oltre sessant’anni di missioni di ricerca etnologiche e antropologiche effettuate dai fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni nel continente africano. Ad arricchire questa mostra anche numerosi pezzi d’arte acquisiti grazie alla collezione donata recentemente dall’ingegner Francesco Lopalco.

 

Marco Castiglioni, direttore del museo ci spiega in dettaglio questa esposizione: “La mostra non vuole raccontare l’estetica e lo stile dell’arte africana, né quanto questa ha influito sui nostri artisti, da Picasso a Dalì a Modigliani ma spiegare il significato più profondo e la funzione degli oggetti: non sono opere estetiche fini a sé stesse, ma c’è anche un lato religioso, funzionale e simbolico che entra nella vita quotidiana delle popolazioni africane. Il valore aggiunto è costituito da un archivio cinematografico e fotografico di cui disponiamo unico al mondo da cui abbiamo attinto per questa mostra realizzando filmati tematici che raccontano le opere esposte. Essi mostrano la vita sociale e religiosa, i valori della civiltà africana che si ritrovano nell’arte.

Vogliamo far conoscere la profondità dell’arte dell’Africa nera attraverso tre aree tematiche. Statue, maschere e oggetti di culto sono illustrati in un percorso che si articola in: “riti per la vita”, “sovrumano” e “riflessioni e simboli”.  Alcuni oggetti sono molto significativi: abbiamo esposto tre “Nomoli” che sono tra i rari casi di arte africana in pietra. Queste sculture sono presenti anche al Louvre o al British Museum. Sono oggetti misteriosi, perché non sono a oggi ascrivibili a nessuna cultura africana tra quelle conosciute, hanno una datazione incerta, nelle campagne di scavo sono stati trovati in strati geologici antichissimi che porterebbero a considerarli degli oggetti preistorici e non se ne conosce la funzione anche se potrebbe essere legata alla fertilità parlando di popoli agricoltori, e forse venivano seppelliti nel terreno per favorire la crescita della vegetazione. 

E’ rappresentata anche l’arte Dogon, forse la più conosciuta nel mondo occidentale. Sono esposte opere fortemente simboliche come ad esempio una scultura che rappresenta un giovane nel pieno delle sue forze che porta sulla testa un gracile anziano: l’anziano rappresenta il sapere, è una biblioteca vivente e portandolo sulla testa trasferisce al giovane la conoscenza  mentre il giovane gli presta il fisico. D’altra parte gli anziani hanno sempre rivestito un grande valore nella cultura africana e sono stati quasi adorati come semidei. Altre figure significative sono il fabbro perché ha la capacità di plasmare la materia, di rendere liquido il metallo e quindi ha dei poteri magici e diventa uno stregone e la vasaia perché i recipienti che plasma con la creta e con l’argilla simboleggiano la fecondità e la procreazione. Il medesimo significato hanno due imponenti sculture lignee di oltre due metri che rappresentano l’uccello sacro “Kalao”. C’è anche una maschera Grebo, oggetto che ha ispirato Picasso nelle sue ricerche sul cubismo: si tratta di un piano da cui emergono in tridimensionalità le fattezze del viso umano con questa moltitudine di occhi che tutto vedono e tutto controllano. E poi abbiamo dei reliquiari Ba Kota che rappresentano il corpo umano fortemente stilizzato e venivano disposti sopra i resti del defunto di rappresenta il suo spirito, quella che noi chiamiamo anima. Infine sono esposti resti di animali trasformati in sculture che simboleggiano lo spirito guida, con al collo la tipica collanina “gris gris”. Quest’ultima è un amuleto il cui scopo è quello di proteggere chi li possiede dalla sfortuna o di attirare su di lui la buona sorte. La più comune è un astuccio di cuoio da indossare sul corpo all’interno dei quali sono stati posti, a seconda dello scopo per il quale il gris-gris è stato fabbricato, una serie di elementi: erbe, oli, pietre, pezzetti di ossa, peli, artigli e così via”.

Cristina Pesaro

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