Siamo stati per secoli un paese di santi, poeti e navigatori.

Ora siamo il paese delle rotonde dove quasi nessuno aziona le frecce direzionali, dei dossi sormontabili, senza rallentare, da fuoristrada vari da parcheggio fronte bar che mai percorreranno un metro di sterrato e dei supermercati che con l’identica valenza di una bomba al napalm hanno polverizzato migliaia di negozi di vicinato.

Fortunatamente vi sono poeti che nonostante la serie di disastri sociali messi in atto in differente percentuale da politici da noi stipendiati e quasi mai licenziabili su due piedi, hanno retto, nel tempo e nella memoria.

Giuliana Rocchi (Santarcangelo 1922 – Rimini 1996) – la sua città gli ha dedicato il Belvedere – percorrendo le vie del suo borgo coglieva le gioie e le fatiche dei semplici, le cadenze delle stagioni, il vociare nei giorni di mercato o all’interno delle osterie, la cadenza sonora dei differenti lavori, ma anche della sua intimità, speranze, sofferenze, lotte sui luoghi di lavoro sino a quelle “cose” d’amore mai facili da confessare neppure a sé stessi.

Scriveva i suoi versi in dialetto romagnolo poiché quella era la sua vera lingua come appare nella raccolta “Le parole nel cartoccio”, a cura di Rita Giannini (Maggioli Editore, pp. 190, Euro 25).

Autoironica come ne “La zitèla” (La zitella) dove si auto catalogava nella categoria delle donne mature non più appetibili per il matrimonio.

Apprezzata da santarcangiolesi come il musicista Giulio Faini ( prediletto da Toscanini) e da poeti come Nino Pedretti, Antonello Baldini (entrambi pubblicati da Einaudi) e da Tonino Guerra, ad ognuno di loro ha dedicato una poesia.

Le distanze sociali tra la gente comune e i ceti abbienti si misura in “I sgnéur” (I signori).

Con lapidaria cadenza Giuliana Rocchi precisa “Di ricchi io/ ho conosciuto solo quelli/ che mi han detto /Dai”, mentre agli altri tocca fare “I chéunt” ( I conti) dove il numero di uova vendute diveniva l’unità di misura del cibo da mettere in tavola.

Non mancano le lotte per i diritti dei lavoratori espresse ne “La Batàia dla corderéa” (La battaglia della corderia) contro i licenziamenti e anche in tale occasione la distanza tra le due parti è distinta dal benessere nel quale il padrone ha continuato a vivere a fronte delle difficoltà di chi aveva perso il posto di lavoro.

In forma intima le diseguaglianze si misurano ne “La diferénza” (La differenza) tra il ceto sociale della poetessa e quello del suo grande amore, tale da impedire la loro unione.

E le lacrime versate sono commisurabili allo scorrere continuo dell’acqua di una fontana.

PROMEMORIA: i libri si acquistano in libreria.

Giuliana Rocchi – “Le parole nel cartoccio” – Maggioli Editore, pp.190. Euro 25

Mauro Bianchini