Milano – Una mostra che cuce insieme costume, identità e arte apre il 22 maggio alla galleria Manifiesto Blanco di Milano. In un mondo in cui l’identità appare sempre più frammentata, le opere di Giuseppina Maurizi ci invitano a riconnetterci con noi stessi attraverso la manualità e l’espressione artistica. La sua ricerca, frutto di oltre vent’anni di lavoro, sarà al centro dell’esposizione milanese dal titolo “La terra non mi basta, ma ora abito qui”.
L’artista si è dedicata alla creazione di costumi e scenografie che non solo abbelliscono il palcoscenico, ma raccontano storie profonde e significative. La sua carriera, che l’ha vista collaborare con diversi artisti e importanti istituzioni, è un viaggio affascinante nel mondo della creatività e della trasformazione.
Le opere di Giuseppina non sono semplici costumi; sono vere e proprie maschere che riflettono il suo desiderio di esplorare l’identità e la connessione tra corpo, mente e spirito. Attraverso il suo lavoro, l’artista ha scoperto che l’atto di cucire è un potente strumento di trasformazione personale. Ogni punto, ogni cucitura, diventa un modo per ricomporre sé stessi, un atto silenzioso che porta a una profonda consapevolezza interiore.
Una delle fonti di ispirazione più ricorrenti per Giuseppina è il semamori, un antico tipo di ricamo giapponese praticato principalmente durante il periodo Edo. Questo ricamo, con funzione apotropaica, è un esempio di come l’arte del cucito possa assumere significati profondi e spirituali. Le madri giapponesi, ricamando queste cuciture sul retro dei kimono dei loro bambini, non solo li proteggevano, ma creavano un legame culturale e simbolico con le nuove generazioni. Giuseppina si è lasciata affascinare da questa tradizione, riconoscendo in essa la forza magica del cucito, un atto che diventa un talismano e un mezzo di connessione con il Sacro.
Negli ultimi anni, la sua ricerca si è concentrata sull’idea dell’abito come luogo di esperienza e trasformazione. L’abito senza cuciture diventa un simbolo della completezza dell’essere umano, un riflesso di un viaggio interiore che non può prescindere dalla dimensione fisica. L’indagine creativa di Giuseppina parte dalla constatazione di come ogni abito avvolga e accompagni l’individuo, rappresentando non solo la costruzione dell’identità, ma anche il tentativo di riconquistare una sorta di “paradiso perduto”.
Ogni creazione di Giuseppina è un invito a riflettere sulla relazione tra l’essere umano e l’abito che indossa, in un dialogo continuo tra nudità e rivestimento, tra l’interno e l’esterno. L’abito diventa così una custodia di esperienze, un luogo di passaggio che permette di esplorare la dualità dell’esistenza. Ispirata dalla tradizione zen, Giuseppina si avvicina ai simboli contenuti nell’abito dei monaci buddisti – la kesa – dove i concetti di cura e di non attaccamento ai beni terreni sono alla base del processo creativo, che si concretizza nella trasformazione di semplici stracci o scampoli tessili in un’opera d’arte carica di significato. Perché, in questo caso, è la forma o il rivestimento a forgiare la sostanza in essi racchiusa.
La mostra sarà inaugurata il 21 maggio nella sede della galleria di via Benedetto Marcello alle 18.30 e potrà poi essere visitata sino al 21 giugno. Orari al pubblico: da mercoledì a sabato 16 – 19.
Cenni biografici
Giuseppina Maurizi nasce a Viterbo nel 1973, frequenta il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti. Dal 1995 si occupa di costumi e scenografie per teatro, video e pubblicità, collaborando con artisti, produzioni ed eventi nazionali e internazionali.