«Perché il medioevo inizia proprio nel 476 dopo Cristo?» mi chiese un giorno un giovane commercialista. «Non potevano fare cifra tonda e farlo iniziare nel 500?»
Al di là della comprensibile passione che può nutrire per le cifre tonde chi per lavoro si occupa di numeri, la domanda la dice lunga su quanto la Storia sia amata e conosciuta nel nostro Paese.
In ogni caso, poiché temo che il professionista in questione non sia l’unico a porsi tale interrogativo, spendere qualche parola sulla ragione di questa data, e sulle implicazioni che potrebbe aver avuto anche per il nostro territorio, mi pare doveroso.

Il regno di Odoacre nella sua massima espansione.-Thomas Lessman

In quel lontano 476 d.C. non esistono i giornali, non esistono radio o televisione, non esiste internet e non esistono i social network. Niente smartphone, niente sms, niente whatsapp… Che vitaccia, diciamolo! Senza foto, senza post, senza tweet, come si fa a sapere se la vicina di casa rispetta la raccolta differenziata o a conoscere i dettagli dell’ultimo DPCM?
In effetti per gli abitanti della pianura padana il 476 è un anno come un altro, di sicuro non molto allegro. Non sanno di vivere un passaggio epocale, i nostri antenati. Forse non sanno nemmeno che Odoacre, il generale barbaro che ha destituito l’imperatore Romolo Augusto, ha già rispedito a Costantinopoli le insegne imperiali: sigillo, scettro, diadema e porpora. Non lo sanno e anche se lo sapessero, è probabile che a loro importerebbe ben poco: hanno altri problemi per la testa, tra i quali una grave crisi economica, cominciata ben prima dello spostamento della capitale dell’Impero Romano d’Occidente da Mediolanum a Ravenna, e aggravatasi sempre più dall’inizio del secolo.
Non è però solo colpa dei barbari, che da Alarico in poi scorrazzano in lungo e in largo in tutta la penisola, prendendosi quello che gli pare dove e quando gli pare, se le cose non vanno per il verso giusto.
I cosiddetti “barbari” infatti ce li abbiamo già in casa, e da un bel pezzo: sono costoro ad avere in mano le redini dell’ormai non più glorioso esercito romano, nel quale, entrati all’inizio come semplici ausiliari, hanno via via scalato tutti i gradi della scala gerarchica e adesso dettano legge.
Gli ultimi imperatori d’occidente altro non sono che semplici fantocci, con la lama puntata alla gola da parte di generali spietati e senza scrupoli, quasi tutti di origine germanica. La differenza tra Odoacre, magister militum appartenente, pare, alla potente tribù degli Eruli, e i suoi predecessori è solo quella di rinunciare a nominare pure lui un burattino, che esegua le sue volontà alla lettera, accontentandosi invece di richiedere la carica di patrizio all’allora imperatore d’oriente, Zenone.
Si tratta però di una differenza sostanziale ed è proprio per via di questo cambio di atteggiamento che gli storici in seguito decreteranno in modo ufficiale la fine dell’Impero Romano d’Occidente.
Odoacre, insomma, l’imperatore non lo vuole fare e nemmeno si ritiene, come i generali barbari che l’hanno preceduto, investito dell’autorità di nominarne uno.
Sulle effettive ragioni di tale scelta, lasciamo gli storici, quelli veri, a discutere, per occuparci piuttosto di un altro perché, che forse ci riguarda più da vicino, ovvero la possibile ragione del colpo di Stato di Odoacre.

Il “solidus” fatto coniare da Odoacre, con l’effige dell’imperatore Zenone

In molti sanno che il nome soldato deriva da solidus, ovvero la moneta con cui era pagato. Ma alla fine del quinto secolo l’Impero non riesce più a retribuire i mercenari germanici che aveva delegato a difenderlo: il prelievo fiscale, ridotto ai minimi termini, non è più in grado di mantenere le strutture che avevano reso grande Roma, prima di tutto le strade; men che meno può dar da mangiare a uomini armati, ai quali non può più prospettare il miraggio di un bottino, perché le conquiste son finite da un pezzo e adesso bisogna pensare soprattutto a difendersi.
Ecco allora tornare un’antica promessa, o pretesa, a seconda dei punti di vista, vecchia quanto il mondo: terra in cambio di guerra. I Germani reclamano dunque che venga loro concesso un terzo delle terre italiche. Sì, ma in quale modo? Vogliono insediarvisi come coloni, oppure riscuotere comodamente un terzo delle rendite? Altro tema sul quale lasciar discutere gli storici.

Moneta con l’effige di Odoacre

È poco probabile però che, dopo generazioni il cui unico mestiere è quello delle armi, i soldati germanici decidano di lasciare la spada, per imbracciare vanga e aratro. D’altra parte, è altrettanto difficile pensare a possedimenti terrieri che possano davvero garantire un reddito certo e sicuro: l’Italia è spopolata da invasioni e carestie e, senza guerre di conquista, l’afflusso di schiavi da mettere a zappare le zolle è ormai un lontano ricordo.
Fatto sta che Odoacre, affermando di voler dare ai suoi uomini quel sospirato premio, uccide il suo predecessore, Oreste, altro generale barbaro, al quale era forse legato da vincoli di parentela, risparmiandone il figlio adolescente Romolo Augusto, spregiativamente definito “Augustolo”.
Chissà se anche nelle nostre terre si presentano Eruli, Sciri, o Turcilingi, o altri membri delle tribù germaniche che compongono l’esercito imperiale a reclamare un terzo delle terre o un terzo del raccolto? Difficile dirlo: le notizie su questa spartizione sono scarse anche per il resto d’Italia. E riuscirà alla fine Odoacre a mantenere la promessa fatta ai suoi guerrieri?
Per saperlo, non vi resta che continuare a seguire i prossimi appuntamenti con la nostra “Bella Storia”.
Nel frattempo, se avete ancora un po’ di pazienza, vi lascio a un brano tratto dal mio primo romanzo, “Sibrium” (Aporema Edizioni), nel quale immagino un dialogo proprio tra il nostro buon Odoacre e un senatore romano, che discutono tra loro su quanto fosse intricata la situazione politica in quel fatidico 476 d.C.

“Publio Emilio attese che Odoacre si calmasse e tornasse a sedersi, quindi riprese a parlare in tono pacato, come se stesse ragionando per proprio conto.
«Dunque, ricapitolando, la situazione è questa: attualmente tu sei magister militum e hai il comando dell’esercito in Italia, cosa che in pratica avevi già anche prima; però non puoi dire di essere a tutti gli effetti anche padrone dell’Italia, perché ti manca il titolo di patrizio, giusto? Nel frattempo hai deposto un imperatore fanciullo, Romolo Augusto, che tuttavia per il suo collega d’Oriente era già a tutti gli effetti un usurpatore, visto che suo padre Oreste, a sentire i Bizantini, non aveva alcun diritto di metterlo sul trono. Poi tu hai spedito le insegne imperiali a Costantinopoli, dove le hanno diligentemente prese in custodia, guardandosi bene però dal recapitarle in Dalmazia, a Giulio Nepote, il quale, sempre secondo i Bizantini, sarebbe a tutti gli effetti il legittimo detentore dello scettro di Occidente…»
Il vecchio senatore non riuscì a nascondere un sorrisetto sarcastico e, grattandosi i radi capelli bianchi, riprese il discorso con la stessa studiata calma di prima.
«Quindi allo stato attuale abbiamo in Oriente un imperatore, Zenone, il quale, sventato il complotto contro di lui, siede in modo legittimo sul suo trono. E fin qui, nulla da eccepire… Poi però abbiamo un altro legittimo imperatore d’Occidente, Giulio Nepote, che se ne sta fuori dall’Italia; ma che è privo delle sue legittime insegne, visto che i Bizantini preferiscono tenersele a casa loro. Infine ci sei tu, Odoacre, che comandi l’esercito in Italia e che quindi in pratica detieni il potere; ma che in teoria non potresti comandare sui civili, perché non hai alcun titolo per farlo. Dimentico nulla?»
«» rispose seccato il re.
«Cosa?»
«La questione delle terre.»
«Ah, già: dimenticavo! Il famoso terzo che hai promesso di concedere ai tuoi veterani. A che punto sei con la spartizione?»”

Alessandro Cuccuru