Entrando in galleria, lo sguardo subisce una duplice catalizzazione in continua alternanza tra il muro dell'argentina Ines Fontenla e un insieme carbonizzato composto da una figura umana priva di testa seduta su una pigna di libri, di Francesco Diluca.

Il muro allestito dall'artista argentina, con al culmine la scritta "Solitudine", in caratteri di vetro, posto a ridosso della parete della Galleria, a comporre muro contro muro e contornato da mattoni sparsi a terra, impone profonde riflessioni sulla volontà di chiusura, sulla frammentarietà e sulla instabilità che tale condizione può creare sia in un essere umano, che nella struttura politica e sociale di una nazione.

La solitudine come fragilità monocromatica, priva di precisi dettagli al punto di negare una fisionomia definita, percorre l'opera di Francesco Diluca realizzata con polvere di ferro nera dove, come scrive la curatrice nel testo in catalogo, il 90% del materiale proviene dalla repubblica ceca.

I bidoni, corrosi dalla ruggine, di Paola Risoli rivelano al loro interno luoghi domestici privi di presenza umana, a dire come a fronte di una apparenza ruvida e intaccata dalle intemperie del mondo, può celarsi la poesia di una minima unità di solitudine.
A determinare una indiscutibile percorrenza temporale unita a differenti livelli di silenzioso rumore, concorrono i due autoritratti fotografici, in bianco e nero, di Roman Opalka.
Sguardi e tratti somatici paiono non lasciare dubbi sul lavoro di erosione interiore compiuta dallo scorrere della vita.
Non così esplicite le foto della statunitense Francesca Woodman, suicidatasi poco più che ventenne, il suo continuo apparire e negarsi ha le caratteristiche di un disperato esibizionismo, a volte ingenuo e forzato, forse per questo senza ritorno.

Le opere di Antonio Marchetti Lamera sembrano la raffigurazione di sonorità ancestrali, i cui moti provenienti dal profondo tendono a fondersi con esitazioni visive: la solitudine, a volte può rivelarsi inquieta e indecifrabile.
Al contrario per Domenico Grenci la solitudine è percorrenza spaziale e possibilità di sintonia tra l'essere umano e la vastità del paesaggio che lo circonda, ne sono testimonianza i suoi trittici animati da nuvole in movimento che lambiscono boschi, montagne, campi arati e gruppi di alberi.

Nell'opera di Pierpaolo Curti, una linea appena frastagliata divide una sorta di cielo-mare, dalla terra ferma; qui il rumore della solitudine è equilibrio, possibilità meditativa, e i corrimano posti al limite dei due spazi assumono il valore di elementi di passaggio offrendo una doppia possibilità di percorrenza.

Felix Curto agisce sul bianco sporco del tetto di una automobile come fosse un reperto archeologico incidendo segni, frasi, lettere sparse e scrostature, quale testimonianza del passaggio di anonime solitudini.

9 Artisti per "Una solitudine troppo rumorosa"
Milano – Nuova Galleria Morone, Via Nerino 3
Fino al 15 novembre
Orario: martedì-sabato 11-19