Roma – E’ stato un precursore, un artista originale nel linguaggio espressivo e compositivo, purtroppo poco compreso dai contemporanei e ricordato da un esiguo numero di cultori dell’arte. Ad Alberto Martini (1876 – 1954), l’alchimista del bianco e nero  la Galleria Carlo Virgilio, dedica la mostra “La penna è il bisturi dell’arte“. Un’occasione per vedere riunito un corpus significativo di disegni a penna di china risalenti agli esordi fino alla prima maturità dell’artista trevigiano,  protagonista del Simbolismo europeo. La sua tecnica, unica, raggiunse in Europa una rapida fama grazie al critico Vittorio Pica grande sostenitore di Martini (presente in mostra nel celebre ritratto a penna realizzato dall’artista nel 1912).
Il nucleo più importante dell’esposizione è rappresentato dalle illustrazioni per i Tales di Edgar Allan Poe: 11 disegni, eseguiti tra il 1906 e il 1908, tra i più celebri dell’artista, riprodotti ovunque nella bibliografia martiniana e ora ritrovati negli originali. I disegni del ciclo di Poe, rappresentano il suo più significativo contributo  all’illustrazione letteraria europea, di matrice simbolista, dove “un’immaginazione visionaria si lega con il gusto per il simbolo arcano, il macabro e l’ironia grottesca. Non a caso, grazie alla regia delle luci, dei diversi piani e dei dettagli, illustrazioni come queste sono state considerate tra le fonti visive del cinema moderno, nella mostra del 2000 Hitchcock et l’art: coïncidences fatales, Parigi, Centre Pompidou“.

Martini interpreta Poe con segno crudo nell’essenza realistica, fedele al testo nella vena più macabra e onirica del poeta. Il percorso poi si muove attraverso una serie di illustrazioni, che tracciano l’evoluzione dello stile martiniano, dalle introduzioni della grafica europea contemporanea e dai riferimenti dureriani, come i fogli dedicati al Morgante Maggiore di Luigi Pulci (1895), la Secchia Rapita di Alessandro Tassoni e i disegni per La corte dei miracoli (esposti alla Biennale di Venezia del 1897) e per il Poema del lavoro (esposti a Torino nel 1898 e poi a ancora a Venezia, Londra, Monaco di Baviera e Berlino).Testimoniano la fase successiva dell’opera di Martini, le straordinarie litografie del ciclo Misteri, del 1914, autoritratti e il ritratto della marchesa Casati.

In galleria dialogano, con le opere dell’illustratore, un bronzo dello scultore simbolista Adolfo Wildt e un ritratto di D’Annunzio di Paul Troubetzkoy, l’unica versione in bronzo oggi nota, che accompagna la raffigurazione originale eseguita dal maestro trevigiano per l’ex libris dell’opera omnia del poeta.
Un’artista da ri-scoprire Alberto Martini,  soprattutto dal vasto pubblico, al quale riconoscere un grande talento. Non si ripeta lo stesso errore di un secolo fa quando, per l’ostilità dei critici italiani che ignorarono il suo lavoro, si trasferì a Parigi dove trovò invece numerosi estimatori. In Italia, occorre sottolinearlo, l’attenzione di artisti e inellettuali dell’epoca, si concentrava ancora attorno al movimento futurista e le innovazioni del disegnatore non venivano colte.

Ritratto del critico Pica

La  materia prediletta dal nostro artista è stato l’inchiostro col quale, attraverso il pennino, riusciva a far muovere, in una danza unica e impareggiabile tra linee, ombre e vuoti che, come per magia, in una finissima tessitura di tratti, immagini e figure meravigliose da quelle …. sensuali fino a quelle più crudeli.

Chi fosse in zona, dunque, non perda l’occasione di una visita alla mostra, curata da Alessandro Botta, studioso specialista dell’artista, alla quale è affiancata un’altra esposizione congiunta, allestita alla Galleria W. Apolloni, di via Margutta, intitolata:  Martini. Maschere e Ombre, a cura di Monica Cardarelli. Entrambe le mostre si concludono il 30 giugno. Orari: da lunedì a venerdì 11.30 – 15.00/16.00 – 19.00; sabato per appuntamento. E’ gradita la prenotazione.

Maestro del bianco e nero
Alberto Giacomo Spiridione nasce il 24 novembre 1876 a Oderzo (Treviso). La madre Maria dei conti Spineda de Cattaneis, antica famiglia nobile trevigiana; il padre Giorgio, pittore naturalista e professore di disegno. Alberto, secondogenito, sotto la guida paterna, inizia a dipingere e a disegnare continuando così la tradizione familiare. Anche i parenti materni del padre erano noti decoratori e mosaicisti veneziani. Durante gli anni della formazione Martini realizza innumerevoli disegni, rivelando da subito una particolare predilezione per la grafica. Fu un autodidatta. La sua vocazione come pittore fu spesso mortificata imponendosi come maestro dell’arte del bianco e nero. I temi preferiti sono quelli della campagna trevigiana e dei contadini al lavoro la Natura. Non mancano fiori e conchiglie, che studia in modo dettagliato, ai quali dedica una serie di acquerelli. Alla Pinacoteca Martini a Oderzo oltre alle opere è conservato il prezioso e inedito archivio personale dell’artista: documenti e lettere personali (testimonianze di stima ed amicizia) pubblicazioni prestigiose cui l’artista collaborò quale illustratore, i colori a pastello e olii provenienti dallo studio parigino, oltre l’ultima opera rimasta incompiuta.

Dai suoi scritti…una lezione
Numerose le riflessioni di Alberto Martini raccolte ne “Vita d’artista” (1939-1940) rivelano la personalità di questo straordinario Maestro che tanto amò e soffrì per l’arte.
“Per imparare il disegno a penna, strumento difficile e acuto come il violino, è necessario lavorare di giorno e di notte per molti anni; passare notti intere al lavoro arrischiando la vita, per poter rendere sensibili immaginazione e fantasia di uno stile originale, per fermare la vibrazione luminosa e l’espressione plastica più intensa… Ogni essere e ogni cosa mostrano le stimmate della lotta per la vita. Il vero disegnatore è un trageda”.

E. Farioli