Venezia,1959, olio su telaVenezia,1959, olio su tela

L'evoluzione dell'arte é certa. É un cammino incessante, un moto dell'umanità, anelito e respiro dell'animo. Potrà procedere talvolta in piano, senza raggiungere nuove, alte vette ma la continuità non si rompe. Certo occorre adeguare la lettura, affrancarsi da schemi e concetti d'altro tempo che diverrebbero preconcetti e preclusioni, considerare l'epoca e la velocità del divenire.
La libertà dell'artista, sempre più affermata nel Novecento, è divenuta totale autonomia espressiva, il solista in luogo del gruppo, il canto singolo invece dei canoni corali, l'interiorità in contrapposizione ai dettami di un manifesto di aggregazione.
Può diffondersi anche disorientamento di approccio ma l'antidoto consiste nella sensibilità di avvicinamento senza l'apporto di codici dettati dagli " ismi" che hanno ingabbiato la storia dell'arte lontana e recente.
La visione scolastica dell'arte, diffusa dalle aule al grande palcoscenico, ha indotto a confezionare categorie come scatole ove comprimere le singole espressioni d'arte bollandole con l'etichetta e chiudendo il libro. Invece il libro oggi é aperto perché libero.

Dunque l'evoluzione é al sicuro. Ma é altrettanto certa l'involuzione del mondo e, tanto più, del sistema arte. Mentre il mondo torna al feudalesimo dei potentati, alla redistribuzione della povertà, alla vessazione dei poteri, all'umiliazione dell'indigenza e allo sfarzo oltraggioso della ricchezza, anche le infrastrutture dell'arte, almeno quelle nostrane, si richiudono in se stesse, si rannicchiano mostrando le spine e negando in gran parte il meglio di sé, storia, passato e intelligenza.
Un sipario colposo se non doloso ha relegato dietro le quinte molti tra i valori riconosciuti e celebrati nel secondo Novecento. Un cono d'ombra e di silenzio li ha oscurati. Eppure, a quell'epoca, pubblico, critica e mercato osannavano quegli stessi artisti in modo convinto e compatto. Poi é cambiato il vento, senza che nessuno abbia chiarito un perché o fatto ammenda o almeno autocritica.
La negazione e, ancor più, il negazionismo non sono virtù.
Nessuno ha esiliato Montale e Quasimodo, o Luzi e Raboni, o, in altro versante, Tenco e De André, o Pavarotti e Tebaldi. Invece una buona fetta del sistema arte ha indicato la soffitta a Minguzzi e Cappello, Cassinari e Cantatore, Andrea Cascella e Agenore Fabbri. E analoga delicatezza per Remo Brindisi.

Il corso del Novecento é ricco di personalità forti e

Uomo,1960, olio su telaUomo, 1960, olio su tela

indipendenti, capaci di attraversare un'epoca densa di avvenimenti e di cambiamenti repentini, di drammi emersi e tensioni sottese, di illusioni e fallimenti. Figure di tale nerbo non si possono cancellare con la gomma dell'ignoranza.
Queste annotazioni non sono generiche ma emergono spontanee pensando a Remo Brindisi, artista tra i più acuti e incisivi nell'interpretazione del proprio tempo.
Una lettura costante delle radici e del divenire, delle cause e degli effetti, delle attese e degli esiti.
Una storia intensa, cinquant'anni e più in copertina e in prima linea, dialogo sempre efficace e spesso scomodo.
La dimensione internazionale gli arride ancor prima di compiere i quaranta. Austria, Svizzera, Germania gli attribuiscono statura europea e lo considerano un espressionista nordico.
I richiami sono forti ma Brindisi non lascia Milano, ormai sua città.

La lettura critica e la divulgazione dell'arte, sino agli anni '60, sono contaminate dal presupposto politico, assillante pregiudizio che segna fratture ideologiche e delinea un solco netto. Il riconoscimento oppure l'avversione si fondano non tanto o solo nel merito ma in base all'appartenenza a questa o quella area intellettuale. Brindisi risulta tra le poche eccezioni.
L'impianto di fede e tradizione anima una poetica musicale di trasfigurazione immediata nei toni di favola e memoria.
Subito si interessano a lui Giorgio Kaisserlian e Marco Valsecchi, ravvedendo nella sua interiorità una pietas naturale come sacralità dell'immagine e della parola. Sul fronte opposto, Raffaele De Grada e Mario De Micheli, esponenti della sinistra e fautori del realismo sociale, rendono omaggio alla sua prospettiva esistenziale, tesa alla gente e ai giorni, alla realtà e alla condizione della vita.

L'autonomia concede libertà di spartito e l'assolutezza dell'arte consente all'osservatore di intendere lo stesso dipinto come visione bucolica oppure concezione del reale.
Su tutto domina sempre una sintesi affilata, un filtro dello sguardo che traduce ricordo, evocazione e sentimento. Si palesa nell'immagine lirica sino agli anni '50 e si sprigiona poi, con fendenti di rara tensione, nei dipinti di impegno civile e sociale.

La lettura della Storia e della contemporaneità alimenta grandi cicli pittorici dalla metà anni '50, una "Via Crucis" in versione di modernità, poi le tempere e poi gli oli della "Storia del fascismo", tema reiterante attraverso gli "Oppositori" e gli "Uomini muro", sino a "L'aquila colpita" fine anni '70, tributo ad Aldo Moro.
Una coscienza politica, vigile sino al tramonto, a difesa dei valori di civiltà e umanità.

Pastorale, anni '90, olio su telaPastorale, anni '90, olio su tela

In parallelo, il percorso scandisce pagine di serenità, poetiche immagini della memoria, sentimenti della tradizione e della quotidianità.
La consapevole partecipazione alla dialettica del contesto sociale si attenua nella libertà di spirito, nella necessità di un cielo terso, di visioni soffici e forse possibili solo negli affondi del ricordo e dell'immaginazione.
Due aspetti complementari e conviventi che rispecchiano il carattere di Brindisi, forte nel sentimento di profonda umanità, pronto all'autenticità della parola, del concetto, dell'atto concreto.
Dalle stanze dello studio, le porte sempre aperte, sono transitate generazioni di artisti e critici, giornalisti, appassionati e faccendieri. Per tutti, sempre, la delicatezza d'ascolto e la cortesia della risposta.
Il garbo del dialogo, la serenità in ogni giudizio, la sensibilità per ritrovare un risvolto positivo o un'attenuante in ogni tema. Perdonava persino i falsari "perché anche loro devono vivere".
Il piacere conviviale dell'incontro, del confronto di idee, del condividere il giorno di festa con la grande famiglia e gli amici.

Rammentava i giorni della difficoltà e della solitudine, ne conosceva i sapori, comprendeva chi poteva patirne ora e il suo motto era "non lasciamolo solo".
Un giorno, di passaggio, vide nella vetrina di una galleria un suo quadro di proprietà di un vecchio amico. Tornato in studio disse a un collaboratore "se lui vende quel quadro, evidentemente si trova in difficoltà economiche. Dobbiamo aiutarlo".
Una conferenza, la presentazione di un giovane artista, un incontro pubblico, sempre disposto ad un consiglio, alla presenza, alla testimonianza.
Generosità rara e grande, tanto da determinare un grave malinteso. Il nostro sistema, attratto dal gossip più che dalle fondamenta culturali, ha focalizzato molto la persona e meno il pittore, ha scannerizzato l'uomo, pregi e difetti, più che comprendere l'artista. Ha confessato l'inconscio provincialismo e non ha saputo riconoscere la dimensione del merito.
Oltralpe, l'hanno fatto i francesi. Con grande naturalezza, senza affabulazione autoreferenziale, in poche semplici parole hanno scolpito l'essenza. Pierre Restany, teorico del Nouveau Réalisme, sostenitore di linguaggi d'avanguardia, osserva che "arte, vita e impegno civile non sono mai disgiunti nell'opera di Brindisi… personalità cosciente ed equilibrata in questo mondo dell'arte spesso abusivo e abusato (…) La civiltà é anche sentimento: senso dell'ingiustizia, scandalo della morte, castigo dell'abuso, virtù della disciplina liberamente consentita."
E André Verdet, poeta, amico di Picasso, Chagall, Hartung, critico della Fondation Maeght, inquadra "un grande pittore… per la forza poetica realista, quasi selvaggia… una forza di combattimento ove si esprimono nella violenza, maestria di lirismo senza alcuna concessione all'aneddoto pittorico, le condizioni tragiche dell'uomo (…) cime corrosive e giustiziere che solo i grandi pittori rivoluzionari messicani, Orozco, Siqueiros e Rivera, hanno adottato nelle loro denunce agli eccessi ciechi di egoismo, di soldi e di guerra."
Breve lezione ma illuminante. Rientriamo dal ragionare francese, torniamo tra noi, il sapore di casa, le nostre cose. Ma conoscendone la misura e conservando, del nostro recente passato, i più autentici valori.

"Remo Brindisi – Annotazioni spontanee"
di Claudio Rizzi

Remo Brindisi
Maccagno, CIVICO MUSEO PARISI VALLE, via Leopoldo Giampaolo 1
Dal 13 luglio all'otto settembre 2013
Orario: da giovedì a domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00
Per maggiori info.: +39 0332561202 , +39 0332562507
info@museoparisivalle.it – www.museoparisivalle.it
Ingresso libero
Vernissage: 13 luglio, 18.00