Un'operaUn'opera

Un percorso circolare – Dall'archetipo, alla scrittura e di nuovo all'archetipo: Antonio Pizzolante ci apre il suo atelier lavenese e noi andiamo alla scoperta della linea che contraddistingue la sua evoluzione artistica: sempre all'interno dell'arte scultorea, sempre fedele all'esplorazione della storia e alla dimensione fisica e spaziale dei materiali. Un'esplorazione che, come in uno specchio, va indagando la personalità stessa dell'artista nella necessità di esprimersi e di farsi riconoscere.
Un riconoscimento che è poi un discorso continuo sulla sfera dell'identità e della propria posizione nel mondo: è fondamentale infatti, per Pizzolante, fin dalle opere degli anni novanta in cui fece sfoggio della sua mediterraneità, raccontare il suo esserci. Anche attraverso l'elegante ed imponente presenza dei materiali primitivi e primitivamente resi in forme semplici e archetipe, pesanti nella costituzione materica e nella presenza "sulla scena": ancore o fari posti all'interno della una storia di una civiltà mediterranea, padrona delle origini del pensiero occidentale e in grado di porre ancora il proprio sigillo su ogni personale e schiettamente umanistica visione del mondo.

Lo studioLo studio

Verso il duemila – Scrive Riccardo Prina, nell'introduzione critica di un catalogo che tenta di tracciare le linee dell'opera dello scultore alla fine degli anni novanta:
"Pizzolante vira, dunque, abbandonando la pietra il precedente fondamento del suo operare, scegliendo di utilizzare da un canto il legno dall'altra la carta: come dire materiali latori di tracce e di identità trascorribili ma anche tra i più incerti, labili; del passato rimane traccia nella preziosa tenacia di conservare inalterata la non verbosità dell'inciso, il dono sobrio della sintesi archetipica, del mantenimento di una griglia espressiva che ancora si attiene a non commerciabili edulcoloramenti smaniosi di apparire più che di essere".
Carta e legno che imprimono alla superficie scultorea un passo avanti all'interno dell'esplorazione concettuale e storica del leccese: costruiscono innanzitutto una base su cui si potrebbe scrivere, ma che l'artista preferisce lasciare, per il momento, soltanto consumata dalla propria opera e dall'energia dei suoi movimenti.
Un richiamo, questo, al tempo che passa e accumula, un recupero umano del levigare degli elementi sulla materia che consumano e tracciano, e lo fanno ancor più agilmente sui materiali più teneri o all'imprimere adatti.

La scrittura – Ad un certo punto nella carriera dell'artista però la scrittura compare sulle superfici, racconta, narra: è ancora il bisogno di identità a farla da padrone, la necessità di concretizzarsi ancora di più attraverso la parola scritta, di lasciare un segno che non sia solo erosione ma che sia soprattutto affermazione.
Più spazio dunque alla volontà di comunicare, di rendere più trasparente e accessibile il messaggio che le sole forme, pure e mute, non potevano restituire.
Forse un momento che segna la necessità di una boccata d'aria o di parole per ritornare al mondo "così come lo vediamo tutti".

Un'altra operaUn'altra opera

Scolpire in grande – Ma è l'ultima fase che oggi interessa di più: il ritorno alle superfici mute, in cui la scrittura è sempre meno presente, oppure c'era ed è stata corrosa: ritorna il segno dei tempi e del tempo, segno che soltanto le linee e la sintesi – i simboli davvero archetipi – rimangono e significano.
Al di sopra del continuo chiacchiericcio dei media e dell'era della comunicazione Pizzolante tenta di tornare alla sintesi e alla linearità della forma, del razionale e dello "scritto da sempre" anche e soprattutto senza parole, all'interno dell'orizzonte del paesaggio e della storia umana, antica e moderna che ne trasforma continuamente l'aspetto. Le opere vogliono crescere enormemente nelle dimensioni, mirano ad imporsi come nuovi monumenti primitivi e, forse, civili. Come ci dice lo stesso Pizzolante: "Le sculture crescono di dimensione perché io opero in una dimensione vicina all'archetipo, vicina alla forma minimale e la forma minimale se conquista una sua posizione nello spazio coinvolge di più lo spettatore. E un coinvolgimento all'interno dell'opera d'arte è essenziale."