Robert Gligorov e la sua sculturaRobert Gligorov e la sua scultura

Un universo da scoprire – Un urlo che sale da una Galleria, nel cuore di Milano. Un urlo di dolore e di rabbia, di affronto. La voce di Robert Gligorov, l'artista macedone che risiede e lavora nel capoluogo lombardo, fa risuonare negli spazi della Pack il suo ultimo progetto: Mammut, songs from the blue garden. Una serie di canzoni scritte da Gligorov, messe in musica grazie all'aiuto di famosi compositori italiani e internazionali quali Saturnino, Massimo Colombo, Vittorio Cosma e Steve Piccolo. Non si tratta di un cambio di direzione, l'artista macedone non vuole fare il cantante, ma solo aggirare il sistema dell'arte con ulteriori sperimentazioni: 'spoken words' liriche recitate più che cantate; visione, ascolto, lettura.
Ad accogliere il pubblico nello spazio milanese un'improbabile donna dai lunghi capelli biondi col capo chino e lo sguardo rivolto ad un vaso di fiori, che mostra, al di sotto dell'impermeabile, le sue sottili gambe da capra; una scultura che ricorda l'opera esposta nella Biennale di Carrara di quest'anno. Passandole accanto si prova un senso di straniamento e di curiosità. Accanto a lei, disposti in maniera casuale tutti i testi delle canzoni, stampati a computer, con aggiunte di disegni, ritagli di giornale, nonsense che acquistano un senso vago captando qua e là i versi delle canzoni. 

La storia si ripete e noi stiamo a guardare –
"Sono situazioni surreali racchiuse in questo giardino, in questo parco giochi" spiega l'artista. Il senso di straniamento cresce quando si raggiunge un'altra sala della galleria: sul pavimento è ricostruito 'campana' il gioco a caselle in cui i bambini saltano su una gamba sola; qualcosa di anomalo salta subito all'occhio. Al posto di una delle caselle, c'è un buco, come una minaccia. Gligorov rende visibile il pericolo e guarda all'attualità. Situazioni che si ripetono, come la tragedia di Alfredino Ciampi negli anni '80 ritornata attuale in seguito alla drammatica vicenda dei due fratelli di Gravina di Puglia, morti in un pozzo. L'installazione di Gligorov è una sorta di monito per "bambini che giocano in situazioni pericolose, non protette dagli adulti" come sottolinea l'artista, "spesso l'arte si ispira a fatti tragici".

Tante storie, 2008Tante storie, 2008

Trasformazioni – Ma non c'è solo questo. Ci sono le fotografie, dove trova spazio anche la politica e i messaggi neanche troppo subliminali; ci sono i video e il corpo. Il corpo dell'artista usato e trasformato, in una metamorfosi continua. Un legame con la sua fisicità che deriva dalle tradizioni della sua terra d'origine, la terra slava sotto il peso della dittatura: "Nei regimi l'avviamento allo sport e al culto atletico è molto spiccato. Fin da piccolo si veniva indirizzati ad una qualche disciplina, per l'onore del paese. Io stesso ero un campione di tuffi" spiega Gligorov, "il partito comunista era orgoglioso di avere campioni". Da qui è partito Gligorov lavorando su questo territorio specifico che è il suo corpo, oggetto da esibire al pubblico, manipolandolo poi artisticamente. "Nella mia arte il primo fatto certo è stato la fisicità, ma si tratta di un lavoro del passato", tiene a precisare. Eppure il suo corpo continua ad esserci, punito, schiaffeggiato, imbrattato, in evidenza comunque,  anche oggi: protagonista, un pò inquietante, dei suoi videoclip.

Come in un vortice –
Nella mostra milanese la sezione dei videoclip che accompagnano il suo lavoro discografico è quella con un carico di coinvolgimento più alto. Gligorov davanti alla telecamera con sguardo fisso allo spettatore, si autopercuote: una serie di colpi il cui suono acutizza il dolore, rendendolo palpabile. L'artista porta il pubblico con sè anche nel folle viaggio a tutta velocità, dove dall'interno della macchina riecheggia incalzante una sorta di litania, violenta e cruda, che si oppone al mondo e che non vede speranza. Così come non c'è più speranza di vita negli occhi di una vecchietta, pacificamente serena sul suo letto d'ospedale, dal quale non si alzerà. La realtà si mescola all'artificio, al silenzio di un volto inerme si alterna il grido di un uomo incalzato e incalzante che non vorrebbe più vedere ciò che vede.

ROBERT GLIGOROV
Mammut – Songs From The Blue Garden

Milano, Galleria Pack (Foro Buonaparte 60)
6 febbraio – 28 marzo 2009
Orari: dal martedì al sabato, dalle 13.00 alle 19.00
tel. 02.86996395
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