L'opera di Joe Tilson presentata a Milano giovedì seraL'opera di Joe Tilson presentata
a Milano giovedì sera

Una sorta di scatola magica, un contenitore geometrico di asciutta semplicità e denso significato semantico, tanto da ricordare da vicino i "target" di Jasper Johns, forse il più criptico nel mezzo della Pop art.
Presentato ieri sera, nella sede milanese dell'Associazione Cento Amici del Libro, il multiplo realizzato da Joe Tilson per custodire "Il vero tema", le poesie inedite di Andrea Zanzotto.
Tilson ha concepito quattro tavole all'acquatinta, tirate da Roberto Gatti, la copertina in serigrafia e il superbo contenitore in legno dipinto che appare come un richiamo esplicito alla città di Venezia, alle merlature delle facciate architettoniche sui canali, ai mosaici in pasta vitrea, alle tante Ca': d'Oro, Pesaro…

"Un rapporto di amicizia e di stima nato diversi anni fa e concretizzatosi in numerose collaborazioni", ci spiega l'elegantissima consorte di Zanzotto, Marisa. Data infatti 1979, il libro d'artista Circhi e cene, Circuses and Suppers, stampato da Gabriel Rummonds e Alessandro Zanella.
E' possibile intuire un parallelo tra il coloratissimo multiplo di Tilson (giacchè esiste anche la versione dorata, puramente bizantina ma anche afasica e mistica quanto Yves Klein) e l'impasto linguistico che fa della poetica di Zanzotto una densa e costruita ziqqurat di espressioni infantili, di coltissime traslitterazioni greche, inserti poliglotti e profonde riflessioni filosofiche-esistenziali. Tanto il linguaggio di Joe Tilson quanto il fraseggio di Zanzotto si alimentano di innovazione e deformazione, ma soprattutto riflettono sulla costruzione del discorso, sul vociferare babelico o sull'estremo silenzio.

Richiamabile al filone Pop è soprattutto la struttura dell'opera di Joe Tilson, abbagliante nei suoi colori, semplicissima nel materiale scelto, colta e criptica quanto basta. Di Joe Tilson, Sandro Parmiggiani scrive: "…lui aveva davvero fatto, nella giovinezza, il falegname – e il retaggio di quella capacità di pensare che hanno le mani dell'artigiano, del loro sapere dominare il più nobile e il più vivo dei materiali, il legno, avrebbe per sempre segnato il suo linguaggio d'artista – e proprio nel 1969 aveva scelto di vivere nella solitudine della campagna umbra, immerso nella natura, in un luogo lontano da clamori e distrazioni, senza elettricità e senza telefono – ama ricordare Joe che, mentre alcuni suoi colleghi s'avvicinavano sempre più alla politica, lui si ritirava in campagna, cercando di coltivare e allevare tutto ciò che gli poteva servire. Eppure, a quel tempo, Tilson già era un artista affermato, tanto da essere considerato uno dei protagonisti della Pop art e da essere stato invitato alla Biennale di Venezia nel 1964, l'anno in cui la Pop sembrò, con il Gran Premio per la Pittura a Robert Rauschenberg, sancire il suo trionfo e la sua supremazia…".