Crespi Castoldi, Consacrazione episcopale di San Benedetto CrespCrespi Castoldi, Consacrazione episcopale
di San Benedetto Crespi, 1611

La vita. Non emerge dalle fonti quale formazione artistica abbia avuto Antonio Maria Crespi Castoldi nato a Busto Arsizio nel penultimo decennio del Cinquecento, di cui sono finora poche o limitate le notizie. A guardare la sua prima opera conosciuta, la Consacrazione episcopale di S. Benedetto Crespi, firmata e datata 1611, egli sembra aver fatto tesoro della lezione dei pittori milanesi dell'età di Federico Borromeo, soprattutto di quelli attivi per i quadroni di S. Carlo. Il 16011 è anche l'anno del matrimonio a Como con Francesca Caterina Sottili che sancisce anche il suo trasferimento nella città lariana, in quegli anni vivace e motivata culturalmente, dove si è svolta la sua principale attività artistica testimoniata da una serie di opere ch si sono aggiunte a quelle già note.

Tramite l'epistolario di Gerolamo Borsieri al cardinale Borromeo, emerge l'attività di copista del Cespi Castoldi, come ricorda anche il Giovio: non solo ritratti uomini illustri, tratto dalle pitture del Museo Giovio, ma forse anche copie di Gaudenzio Ferrari e del Luini. Il catalogo comprende pure opere nel Novarese dove, oltre ai pregevoli affreschi della VII cappella del Sacro Monte d'Orta, realizzati nel 1628 e influenzati dal Morazzone, sono emerse la decorazione della Cappella dell'Annunciata nella parrocchia di Borgomanero e un'Annunciazione già appartenente alla Collezione Morbio. Il Crespi Castoldi morì nel 1630 di peste a Busto Arsizio.

L'esordio.
Il dipinto si trova nella cappella di San Giovanni a Busto, chiesa per la quale venne eseguito nel 1611. Con quest'opera, il Crespi Castoldi voleva ribadire l'appartenenza al suo casato di San Benedetto, arcivescovo di Milano dal 685 al 732. Infatti il dipinto raffigura la consacrazione del Santo, già cinto

Particolare del dipintoParticolare del dipinto

dall'aureola, ad opera di un altro santo vescovo che gli sta ponendo la traditio instrumentorum, mentre una nutrita serie di prelati, scelti dai quadroni della Vita di S. Carlo Borromeo, con una certa predilezione per quelli del Cerano, assiste alla solenne cerimonia. La scena si svolge all'interno della cattedrale sul cui altare maggiore troneggia una pala con la Madonna, il Bambino e San Giovannino.
In questa composizione, l'artista, ancora relativamente giovane, crea uno spazio affollato di figure ribaltate nel primo piano della scena che rivela una matrice chiaramente morazzoniana, derivata dalla decorazione della cappella della Flagellazione del Sacro Monte di Varese (1608-09); per certe soluzioni luministiche è da tener presente il quasi contemporaneo Gonfalone di Sant'Abbondio nella Cattedrale di Como. Da lì è desunto soprattutto il corrusco clangore dei paramenti gialli e rossi e del bianco argenteo delle mitrie che sottolinea efficacemente l'intensità dell'azione, così come il calcolato agitarsi dei vociferanti vescovi che "escono" dalla vicenda calcando i piede su un piano dove è seduto un cane che tiene in bocca lo stemma gentilizio dei Crespi. Da sottolineare, infine, anche il gruppo di persone sul fondo, trattato di getto, con una tecnica pittorica quasi compendiaria.

Fra le altre opere perdute, o fino a oggi non identificate
, si ricordano un quadro raffigurante il Cardinale Tiberio Crespi, lasciato in eredità alla fabbriceria di S. Giovanni di Busto dal sacerdote Carlo Crespi e citato nel suo testamento; una Madonna col Bambino e i ss. Giuseppe, Giovanni Battista e Caterina, elencata nel testamento e una Pittura della porta trionfale, fatta in onore della venuta del vescovo Archinto nel Duomo di Como nel 1622.