Un'opera di PacchiariniUn'opera di Pacchiarini

Il primo ricordo ufficiale – Sarà di fatto la prima mostra postuma, a 26 anni dalla sua morte. Antonio Pacchiarini, nato nel Biellese nel 1938, moriva a Porto Ceresio nel 1982, a 44 anni di età. Un dolore al petto improvviso segnò la fine di un pittore tormentato, autodidatta, seguito per un tratto da un altro giovane promettente di quegli anni, Aldo Ambrosini, più giovane di lui di 4 anni. Pittore di figura e di paesaggio, con diverse presenze collettive e alcune personali nel suo curriculum, segnalato, insieme ad un manipolo d'altri, in quel volume che ancora adesso evidentemente è di riferimento: Trentacinque artisti varesini, curato da Gianfranco Maffina ed uscito nel 1971, a dire di una considerazione critica già allora alta nei confronti del giovane artista.

Le porte chiuse – A settembre, in Sala Veratti, Antonio Pacchiarini verrà ricordato grazie all'interessamento di Luigi Piatti, in prima persona, di Luciana Schiroli che curerà il progetto, dello stesso Ambrosini che ne traccerà un ricordo e grazie all'impegno del fratello dell'artista che conserva ancora ampia documentazione critica, bibliografica e buona parte della sua opera pittorica. "Sono anni che mi rivolgo ad enti ed istituzioni per una mostra commemorativa – ci confida –

Un'altra opera dell'artistaUn'altra opera dell'artista

ma non ho mai trovato nessuno spazio disponibile. Finalmente ora  ci sono riuscito e per questo devo ringraziare la tenacia di Luciana Schiroli".

Avventura laterale – Dei trentacinque artisti che Maffina riunì in un volume che voleva testimoniare l'esistente, per poi rivelarsi una precisa scommessa sul futuro dell'arte varesina, Pacchiarini è uno dei pochi, tra quanti deceduti nel frattempo e tra quanti attualmente in attività, la cui fama non gli sia sopravvissuta e forse una delle 'profezie' di quel critico attento e lungimirante non del tutto ben riposta. Nonostante la qualità intrinseca del pittore, portatore introverso di una ricerca che deve molto all'espressionismo più acceso, al clima figurativo più esasperato, Bacon in testa; capace di lavorare anche sul senso metamorfico delle forme, utilizzando la pratica del collage, fino ad una sorta di ripiegamento nell'ultima stagione, verso un paesaggismo più cautelato, immobile, silenzioso. Forse presago. Un giusto omaggio-ricordo, oggi, quindi, di quell'avventura laterale, periferica dell'arte della nostra provincia, come spesso accade, presto dimenticata.