Varese, III cappella del Sacro Monte, Fuga in EgittoVarese, III cappella del Sacro Monte, Fuga
in Egitto

Proprio qualche giorno fa gli è stato dedicato il lungo viale che dai Giardini Estensi porta verso i Musei Civici di Villa Mirabello. Ma Renato Guttuso (Bagheria, 1911 – Roma, 1987), siciliano di nascita e varesino d'adozione, gli abitanti lo ricordano soprattutto per il famoso dipinto dedicato al canonico episodio della "Fuga in Egitto", commissionatogli nel 1983 dall'arciprete Pasquale Macchi e situato accanto alla terza Cappella del Sacro Monte sopra Varese. Un piccolo gioiello barocco dal 2003 patrimonio dell'Unesco. In questo panorama mozzafiato, tra le montagne dell'arco prealpino, trova posto il suo intenso murale, una vibrante tavolozza mediterranea imbevuta di rossi, ocra, azzurri e verdi smeraldi.

Dalle piccole pennellate e dai tocchi di colore prendono forma le figure solide e compatte di una memorabile Sacra Famiglia, carica di confronti e citazioni stilistiche (Michelangelo, Antonello da Messina, Tintoretto, Raffaello, Caravaggio, El Greco e molti altri ancora), ma sempre legata a quella tradizione realista che ha fatto di questo grande artista un vero capostipite. La Madonna – con il Bambino ancora in fasce tra le braccia – e Giuseppe si lasciano guidare dal lento incidere dell'asinello, mentre il volo di una colomba bianca, simbolo di purezza e dello Spirito Santo, veglia sul loro cammino. Come affermò

III cappella del Sacro Monte di VareseIII cappella del Sacro Monte di Varese

nello stesso anno lo storico dell'arte Cesare Brandi, la Fuga in Egitto di Guttuso – sebbene caratterizzata da una certa astrazione temporale – «non è una fuga dalla realtà, ma il simbolo stesso di salvare la vita e di sfuggire alla morte». Nonostante l'accanita battaglia scatenatasi intorno a questo dipinto, che andò a coprire un lavoro del Nuvolone, l'opera rimane una parentesi luminosa nell'excursus artistico del maestro di Bagheria.

Un rapporto, quello con Varese, che non rimane isolato a questa felice collaborazione. Nel 1984, infatti, la città gli dedica presso i Musei Civici un'importante personale, volta a celebrare il trentennale legame (dal 1953/1954 al 1983) che lo lega al territorio varesino e in particolare a Velate, dove aveva deciso di insediare il suo atelier e il suo eremo privato. Fu proprio questo piccolo borgo, con i suoi boschi e le nidiate di case, ad aprirgli il cuore, a regalargli visioni e tramonti struggenti. La sua tavolozza si accende, vibra e riprende tutti i colori di «una giornata terrena» (rossi, vermiglioni, gialli, ocra, verdi, ecc). Dal tripudio cromatico di Volo di colombe a Velate (1956/57), al funereo acquerello della Testa di San Giovanni Battista, da Francesco Cairo (1983), passando per il cezanniano Drappo bianco e barattolo (1982), Guttuso è riuscito ad esprimere la violenza, o "la dolce vecchiaia", della natura e delle cose.